Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4056 del 12/12/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 4056 Anno 2014
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: DELL’UTRI MARCO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
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cizmic Latif Ahas…. n.

li 25.2.1974

avverso la sentenza n. 2574/2012 pronunciata dalla Corte d’appello
di Milano il 18.10.2012;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita nell’udienza pubblica del 12.12.2013 la relazione fatta dal Cons.
dott. Marco Dell’Utri;
udito il Procuratore Generale, in persona del dott. F. Salzano, che ha
concluso per il rigetto del ricorso;
udito, per l’imputato, l’avv.to M. Mocchi, del foro di Milano, che ha
concluso per l’accoglimento del ricorso.

Data Udienza: 12/12/2013

Ritenuto in fatto
i. — Con sentenza resa in data 18.10.2012, la corte d’appello di
Milano ha integralmente confermato la sentenza in data 23.11.2011 con
la quale il tribunale di Milano, tra le restanti statuizioni, ha condannato
Cizmic Latif (alias Alic Denis) alla pena di ventisette anni e quattro mesi
di reclusione in relazione a una numerosa serie di reati concernenti il
traffico di sostanze stupefacenti, nonché al reato di associazione per delinquere finalizzata al compimento di detto traffico, con ruolo di capo e
organizzatore; reati commessi in Milano, nel suo hinterland e in altri
luoghi, nei periodi di tempo specificamente indicati nei capi
d’imputazione ascritti al Cizmic.
Avverso la sentenza d’appello, a mezzo del proprio difensore, ha
proposto ricorso per cassazione l’odierno imputato sulla base di quattro
motivi d’impugnazione.
Con il primo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per vizio di motivazione e violazione di legge in relazione all’art.
74 d.p.r. n. 309/90, avendo la corte territoriale asseritamente omesso di
argomentare in modo adeguato in ordine ai rilievi formulati in sede
d’appello circa la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato associativo contestato all’imputato.
In particolare, il ricorrente si duole della mancata discriminazione, da parte dei giudici del merito, dell’elemento soggettivo del reato associativo, rispetto a quello riferibile alla commissione di singoli episodi
di traffico di stupefacenti tra loro legati dal vincolo della continuazione,
con la conseguente omessa individuazione degli elementi concreti necessari ai fini dell’accertamento dell’effettiva sussistenza dell’ipotesi delittuosa associativa nella specie contestata, in contrasto con i contrapposti elementi di prova partitamente indicati dalla difesa a confutazione
delle contraddittorie argomentazioni sul punto dettate nelle sentenze di
merito.
Sotto altro profilo, il ricorrente si duole dell’erroneo riferimento,
contenuto delle sentenze di merito, ai legami familiari esistenti tra i diversi coimputati, erroneamente ritenuti quale elemento probatorio di
conferma della sussistenza del vincolo associativo criminale, in contrasto con le risultanze processuali dalle quali nessuna conferma era emersa circa la sovrapponibilità, alla trama dei rapporti familiari esistenti tra
taluni coimputati, dell’ulteriore accordo associativo vòlto alla commis2.1. –

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Con il secondo motivo, il ricorrente si duole della violazione
di legge e del vizio di motivazione in cui sarebbe incorsa la sentenza
d’appello nella parte in cui ha ritenuto di attribuire all’imputato un ruolo gerarchicamente sovraordinato all’interno del sodalizio criminoso
ascrittogli, in contrasto con le evidenze probatorie emerse nel corso del
processo, al più espressive dell’eventuale assunzione, da parte del Cizmic, della qualità di semplice partecipe del gruppo criminale in esame.
2.2. –

2.3. – Con gli ultimi due motivi, il ricorrente censura la sentenza
impugnata per violazione di legge e vizio di motivazione in relazione
all’erroneo riconoscimento della sussistenza della circostanza aggravante dell’ingente quantità delle sostanze stupefacenti trattate di cui all’art.
80 d.p.r. n. 309/90, nonché in relazione al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche in favore dell’imputato.

Considerato in diritto
3. – Il ricorso proposto da Cizmic Latif è infondato.
Con riguardo alle doglianze illustrate dall’imputato in relazione al
reato associativo allo stesso ascritto, rileva il collegio come la corte territoriale abbia correttamente evidenziato – con motivazione elaborata in
termini di piena coerenza logica e linearità argomentativa – il ricorso di
sicuri e concreti elementi di conferma, tanto della sussistenza degli elementi oggettivi del reato associativo contestatogli, quanto della chiara
consapevolezza dell’imputato di partecipare, con il ruolo gerarchicamente sovraordinato di capo e organizzatore delle attività associative, al
sodalizio criminoso in esame.
E invero, la corte d’appello ha evidenziato come il Cizmic fosse
colui che, avvalendosi dei rapporti intercorrenti con il fratello Kemal,
residente in Spagna (del quale era il diretto referente), organizzava il
traffico di cocaina del gruppo, determinando i quantitativi di stupefacente da acquistare sulla base delle informazioni provenienti da detto

sione dei diversi episodi di narcotraffico contestati: accordo peraltro
smentito dalla decisiva circostanza costituita dalle rilevate anticipazioni
delle somme di denaro da parte dei singoli acquirenti dello stupefacente, in contrasto con l’usuale partecipazione pro-quota all’acquisto dello
stupefacente da parte di tutti gli aderenti a una supposta organizzazione
criminale.

fratello, con particolare riguardo al quantitativo e al prezzo dello stupefacente nella sua disponibilità; raccogliendo le somme necessarie, fissando i prezzi, trattando direttamente con gli acquirenti in Italia; coordinando le attività di importazione dalla Spagna e reclutando i corrieri
(vedi pagg. 37 ss. della sentenza d’appello).
A sostegno di tali circostanze, la corte territoriale ha richiamato il
contenuto delle numerosissime conversazioni intercettate, partitamente
richiamate in motivazione, dalle quali, sulla scia della ricostruzione già
operata dal giudice di primo grado, è emersa in termini di inequivocabile coerenza, tanto il carattere continuativo e strutturato dell’attività
d’importazione dello stupefacente dall’estero, quanto la consapevolezza
e la volontà dell’imputato di partecipare attivamente alla realizzazione
del programma delinquenziale collettivamente organizzato, prospettato
in modo stabile e permanente avvalendosi del rapporto tra l’imputato e
il fratello Kemal, capace di garantire l’approvvigionamento di grossi
quantitativi di stupefacente dalla Spagna e con il quale sovente l’imputato trattava il prezzo di acquisto concordando la misura del corrispettivo
per le forniture richieste.
Di seguito, la corte ha evidenziato come l’odierno imputato intrattenesse costanti rapporti con gli altri acquirenti interessati a immettere la sostanza importata nel mercato interno, raccogliendo dagli stessi
le somme di denaro necessarie al pagamento delle forniture, con la consapevolezza di operare, non già nel quadro di sporadici o episodici contatti occasionali, bensì nell’ambito di un contesto associative organizzato e garantito dai costanti e ripetuti apporti forniti da ciascun sodale per
la realizzazione del comune fine consistente nella realizzazione di profitti rivenienti dal commercio della droga.
A ulteriore sostegno di tale ricostruzione, la corte territoriale ha
riprodotto i passaggi più significativi delle conversazioni acquisite nel
corso del procedimento, indicative di come l’imputato costituisse un
punto di riferimento centrale in Italia per il collocamento delle partite di
stupefacenti importate dall’estero e come lo stesso rappresentasse, per
tutti gli altri partecipi, la figura di riferimento destinata a garantire gli
approvvigionamenti dei grossi quantitativi di cocaina provenienti dalla
Spagna.
Ciò posto, la corte d’appello ha altresì sottolineato come, a fronte
dell’imponente quadro probatorio richiamato, la circostanza che non
tutti i soggetti escussi nel corso del procedimento avessero concorde-

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mente riferito del ruolo verticistico rivestito dall’imputato nell’ambito
della compagine associativa assumesse un rilievo del tutto marginale,
essendo emerso in termini inequivocabili il ruolo di collettore dei mezzi
economici e finanziari per il pagamento delle forniture di stupefacenti,
da parte dell’imputato, in esecuzione di uno specifico metodo sperimentato e costantemente reso operativo dalla sodalizio al fine di finanziare
l’importazione di cocaina dalla Spagna, sì da connotare il ruolo dell’imputato, all’interno del gruppo, in termini di assoluta essenzialità e indispensabilità, anche in relazione alle decisive aspettative suscitate tra i
sodali circa la puntuale esecuzione, da parte del Cizmic, delle specifiche
attività allo stesso affidate. Un apporto emerso in tutta la sua decisiva
rilevanza ai fini della permanenza del vincolo e della realizzazione degli
scopi dell’associazione, tenuta costantemente in vita e alimentata attraverso le collaudate modalità di approvvigionamento dalla Spagna della
cocaina attraverso il canale che il fratello dell’imputato era in grado di
assicurare con continuità, nonché attraverso la collaborazione prestata
per le stesse finalità dall’altro fratello dell’imputato, Radvo, dimorante
in Francia (cfr. pagg. 37 ss. sent. appello).
Sulla base di tali premesse, rileva il collegio come del tutto correttamente la corte territoriale abbia riscontrato il ricorso degli elementi
costitutivi della fattispecie associativa oggetto dell’odierno esame, nella
specie inequivocabilmente rinvenuti attraverso le circostanze costituite:
dalla continuità dei rapporti tra i sodali dell’associazione; dalla diuturna
costanza delle conversazioni telefoniche intercettate aventi ad oggetto
l’organizzazione del traffico illecito; dalla capacità del gruppo di reperire
in modo permanente notevole quantità di stupefacente; dalla relativa
diffusione attraverso propri canali privilegiati; dal numero delle persone
coinvolte in uno stabile collegamento tra loro; dall’esistenza di un comune finanziamento per l’acquisto delle partite di stupefacente e per la
relativa distribuzione con la fissazione di diversi e specifici ruoli tra i
soggetti coinvolti oltre che attraverso l’utilizzazione di posti comuni e
condivisi di occultamento dello stupefacente acquistato.
Tali circostanze sono quindi valse a escludere la sussistenza, nella
specie, di un’ipotesi di mera continuazione di reati, tenuto conto dell’avvenuta certa acquisizione della prova della sussistenza di uno specifico
accordo criminoso, confermato dalle particolari modalità esecutive dei
singoli reati-fine, della loro costante ripetizione, dai rapporti tra gli autori, nonché dalla ripartizione dei ruoli tra i vari soggetti in vista del

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raggiungimento del comune obiettivo costituito dall’attuazione di un
vasto programma criminoso destinato alla commissione di una serie indeterminata di delitti, con permanenza del vincolo tra i partecipanti anche indipendentemente e al di fuori dell’effettiva commissione dei singoli reati programmati.
Quanto all’incidenza dei legami familiari compenetrati nell’ambito della fattispecie associativa in esame, la corte territoriale ha correttamente richiamato l’orientamento della più recente giurisprudenza di
legittimità, incline a ritenere ben possibile il riconoscimento della costituzione di un sodalizio criminoso, una volta verificata (come correttamente avvenuto nel caso di specie) la sussistenza dei requisiti costitutivi
della continuità e sistematicità dello spaccio e della predisposizione di
una stabile struttura operativa, atteso che proprio la natura parentale o
coniugale dei rapporti tra i sodali, sommandosi al vincolo associativo,
valgono ad accentuarne la potenziale pericolosità sociale (cfr. Cass., Sez.
1, n. 35992/2011, Rv. 25073).
La motivazione così complessivamente compendiata dalla corte
d’appello deve ritenersi completa ed esauriente, immune da vizi d’indole
logica o giuridica, come tale pienamente idonea a sottrarsi alle censure
sul punto sollevate dall’odierno ricorrente, per lo più limitata a una mera e inammissibile rilettura in fatto delle fonti di prova complessivamente acquisite, al solo fine di argomentare una differente ricostruzione
più favorevole alle prospettive della difesa, benché del tutto inidonea a
incidere sulla solidità argomentativa e logica dell’impianto motivazionale dettato dai giudici del merito.
Devono essere, da ultimo, disattese le censure relative al riconoscimento della circostanza aggravante di cui all’art. 8o d.p.r. n. 309/90
e alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche a favore dell’imputato, avendo la corte territoriale espressamente dato atto
dell’esuberanza dei dati ponderali (pari a oltre 5 kg. di cocaina con elevatissima percentuale di principio attivo) riscontrati in relazione alla
commissione dei diversi episodi di traffico esaminati, in coerenza con i
limiti fissati dalle recenti statuizioni delle sezioni unite di questa corte di
cassazione (cfr. pag. 40 della sentenza d’appello, là dove richiama Cass.,
Sez. Un., n. 36258/2012, Rv. 253150); ed avendo la stessa corte territoriale sottolineato, ai fini della diniego delle circostanze attenuanti generiche, la rilevante gravità delle molteplici condotte delittuose poste in
essere dall’imputato, realizzate per un lungo arco temporale ed espres-

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sive di una personalità criminale fortemente strutturata, in tal modo radicando in termini concreti la motivazione sul punto dettata in piena
coerenza ai parametri imposti dall’art. 133 c.p..

Per questi motivi
la Corte Suprema di Cassazione, rigetta il ricorso e condanna il
ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 12.12.2013.

4. — Al riscontro dell’infondatezza di tutti i motivi di doglianza
avanzati dall’imputato segue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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