Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 40537 del 06/05/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 40537 Anno 2015
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
STEFANI VANES N. IL 11/09/1972
avverso l’ordinanza n. 3/2015 TRIB. LIBERTA’ di BOLOGNA, del
20/01/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRO MARIA
ANDRONIO;
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le,Adsentite le conclusioni del PG Dott. f ,o(-3q
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Uditi difensor Avv.;

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Data Udienza: 06/05/2015

RITENUTO IN FATTO
1. — Con ordinanza del 20 gennaio 2015, il Tribunale di Bologna ha confermato
il decreto di sequestro preventivo emesso dal Gip dello stesso Tribunale il 19 dicembre
2014, fino alla concorrenza di euro 875.017,28, in relazione al reato di cui all’art. 4
del d.lgs. n. 74 del 2000, avente ad oggetto sei immobili e un autoveicolo nella
disponibilità dell’indagato.
— Avverso l’ordinanza l’indagato ha proposto personalmente ricorso per

cassazione, deducendo “violazione di legge”, sul rilievo che il valore dei beni avvinti
dal sequestro sarebbe di gran lunga superiore all’ammontare dell’asserita evasione
delle imposte, di circa euro 875.000,00. A sostegno di tale assunto, erano state
prodotte due perizie di stima sugli immobili, dalle quali risultava che gli stessi avevano
un valore di circa euro 2.600.000; perizie non prese in considerazione dal Tribunale, il
quale si sarebbe richiamato semplicemente alle stime effettuate dalla Guardia di
Finanza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. — Il ricorso è inammissibile.
L’art. 325, comma 1, cod. proc. pen. consente, infatti, il ricorso per cassazione
contro i provvedimenti emessi in materia cautelare reale per i soli motivi di violazione
di legge, da intendersi comprensivi della carenza assoluta di motivazione, ma non
anche della contraddittorietà o manifesta illogicità della stessa. A tali ultimi vizi
intende, invece, riferirsi il ricorrente, laddove afferma la scorrettezza della
determinazione del valore degli immobili sequestrati, pur formulando una doglianza
formalmente relativa a “violazione di legge”.
Deve del resto rilevarsi che, ai fini cautelari, è sufficiente che il giudice prenda
in considerazione il complesso degli elementi a sua disposizione e indichi quelli che
ritiene di porre a fondamento della decisione. Così ha fatto il Tribunale del riesame, il
quale ha ritenuto di preferire, alle valutazioni contenute nelle perizie di parte, quella
della Guardia di Finanza, che ha determinato il valore degli immobili sulla base del
metodo OMI, normalmente utilizzato dalla Agenzia delle entrate, salvo il riferimento
alle rendite catastali qualora queste, come ad esempio per le attività produttive,
fossero più vantaggiose per l’indagato. Lo stesso Tribunale ha espressamente dato
atto del fatto che le perizie di parte sono insufficienti, perché non si sono
specificamente confrontate con le considerazioni svolte dai pubblici ufficiali e che, in
ogni caso, l’indagato potrà chiedere incidente probatorio per accertare giudizialmente
in contraddittorio il valore degli immobili sequestrati. Si tratta, in altri termini, di una

2.

valutazione che potrà essere oggetto di definitivo approfondimento in sede di merito.
Ed anzi la ragione giustificativa della previsione dell’articolo 325, comma 1, cod. proc.
pen. nel senso di limitare alla sola violazione di legge il ricorso per cassazione risiede
proprio nell’esigenza – rilevante ai fini dell’economia processuale – di evitare che il
giudizio di merito sulla responsabilità penale possa essere anche parzialmente
anticipato in sede cautelare (ex multis, sez. 3, 17 gennaio 2013, n. 24824).
4. – Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile.

e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte
abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma
dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del
versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente
fissata in C 1.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 6 maggio 2015.

Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale

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