Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4048 del 16/12/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 4048 Anno 2015
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA

Dott. LUIGI GIOVANNI LOMBARDO
Dott. GIOVANNA VERGA
Dott. ANDREA PELLEGRINO
MARIA CARRELLI PALOMBI DI
Dott. ROBERTO
MONTRONE

– Consigliere – Consigliere – Consigliere – Rel.
Consigliere

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PALMACCI GIACOMO N. IL 02/01/1965
avverso la sentenza n. 7079/2009 CORTE APPELLO di ROMA, del
21/02/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROBERTO MARIA
CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE;

REGISTRO GENERALE
N. 9676/2014

Data Udienza: 16/12/2014

4

R.G. 9676/2014

Considerato che:
Palmacci Giacomo ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di
Roma del 21/2/2013, confermativa della sentenza del Tribunale di Roma del
15/4/2008 e, ritenuta la continuazione con il reato di cui alla sentenza del
Tribunale di Tivoli irrevocabile il 1/10/2009, determinava la pena in complessivi
mesi otto di reclusione ed C 500,00 di multa, chiedendone l’annullamento ai

qualificazione del fatto come delitto di furto nonché la mancata applicazione
dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 4. cod. pen.
Nel ricorso genericamente prospettata una valutazione delle prove diversa
e più favorevole al ricorrente rispetto a quella accolta nella sentenza di primo
grado e confermata dalla sentenza di appello. In sostanza si ripropongono
questioni di mero fatto che implicano una valutazione di merito preclusa in sede
di legittimità, a fronte di una motivazione esaustiva, immune da vizi logici;
viceversa dalla lettura della sentenza della Corte territoriale non emergono, nella
valutazione delle prove, evidenti illogicità, risultando, invece, l’esistenza di un
logico apparato argorrentativo sulla base del quale si è pervenuti alla conferma
della sentenza di primo grado con riferimento alla responsabilità dell’imputato in
ordine al fatto ascrittogli; in tal senso si è fatto riferimento all’assenza di
elementi di fatto idonei a supportare la tesi difensiva.
Le motivazioni svolte dal giudice d’appello non risultano, poi, viziate da
illogicità manifesta e forniscono in ordine alla determinazione della pena con il
riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 648 cpv. cod. pen., non risultando
possibile, in mancanza di ulteriori elementi anche la concessione dell’attenuante
di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen.
Tutto ciò preclude qualsiasi ulteriore esame da parte della Corte di
legittimità (Sez. U n. 12 del 31/5/2000, Jakani, Rv. 216260; Sez.. U. n. 47289
del 24.9.2003, Petrella, Rv. 226074).
Si impone, quindi, dichiararsi l’inammissibilità dell’impugnazione; ne
consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa
delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti dal
ricorso, si determina equitativamente in C 1000,00.

P.Q.M.

sensi dell’art. 606, comma 1 lett. b) ed e) cod. proc. pen.; deduce la mancata

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1000,00 in favore della Cassa delle
ammende.

Roma, 16 dicembre 2014

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