Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4047 del 11/12/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 4047 Anno 2014
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: DELL’UTRI MARCO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
Verderosa Roberto n. il 25.5.1975
avverso la sentenza n. 4588/2008 pronunciata dalla Corte d’appello
di Milano del 30.10.2012;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita nell’udienza pubblica del 11.12.2013 la relazione fatta dal Cons.
dott. Marco Dell’Utri;
udito il Procuratore Generale, in persona del dott. A. Mura, che ha
concluso per la dichiarazione d’inammissibilità del ricorso.

Data Udienza: 11/12/2013

Ritenuto in fatto
i. – Con sentenza resa in data 30.10.2012, la corte d’appello di
Milano ha integralmente confermato la sentenza in data 27.6.2007
con la quale il tribunale di Monza ha condannato Roberto Verderosa
alla pena di un anno di reclusione ed euro 2.000,00 di multa in relazione al reato continuato di spaccio di sostanze stupefacenti commessi in Monza il 25.6.2005.
Avverso la sentenza d’appello, a mezzo del proprio difensore,
ha proposto ricorso per cassazione dell’imputato sulla base di due
motivi di impugnazione.
Con il primo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per vizio di motivazione e violazione di legge in relazione agli
artt. 192, co. 3, e 210 c.p.p., per avere i giudici del merito non adeguatamente superato le incertezze e le contraddizioni contenute nella
deposizione del teste Arbizzoni, utilizzata quale principale fondamento dell’accertata responsabilità penale dell’imputato.
Con il secondo motivo, il ricorrente si duole della violazione di
legge in cui sarebbe incorsa la sentenza impugnata nel disattendere la
fondatezza del motivo di appello avanzato avverso il rigetto dell’istanza di giudizio abbreviato condizionato, originariamente formulata dall’imputato.
In particolare, il Verderosa censura le decisioni su tale ultimo
punto adottate dai giudici di merito in relazione alla ritenuta irrilevanza, ai fini della decisione, dell’escussione dei testi specificamente
indicati dall’imputato, tenuto conto che proprio le dichiarazioni rese
dai medesimi soggetti in sede di sommarie informazioni erano state
utilizzate a fondamento dell’accertamento della responsabilità penale
dell’imputato.
2. –

Considerato in diritto
3. — Il ricorso è infondato.
Dev’essere, in primo luogo, disattesa la doglianza illustrata dal
ricorrente con riguardo alla valutazione dell’attendibilità del teste
Arbizzoni.
Al riguardo, è appena il caso di rilevare come l’odierno ricorrente si sia limitato alla mera prospettazione di semplici criteri
d’interpretazione e di valutazione della deposizione del teste in modo

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difforme rispetto alle scelte interpretative e valutative adottate dai
giudici di merito.
Sul punto, varrà chiamare il consolidato insegnamento di questa corte di cassazione, ai sensi del quale deve ritenersi non sindacabile, in sede di legittimità, la valutazione del giudice di merito, cui
spetta il giudizio sulla rilevanza e attendibilità delle fonti di prova,
circa contrasti testimoniali o circa la scelta tra divergenti versioni e
interpretazioni dei fatti, salvo il controllo su eventuali vizi di congruità e logicità della motivazione (Cass., Sez. 2, n. 20806/2011, Rv.
250362; Cass., Sez. 4, n. 8090/1981, Rv. 150282).
Nel caso di specie, i generici rilievi evidenziati dal ricorrente
circa le asserite incongruità della deposizione resa dal teste Arbizzoni
(come quelle riferite al mancato riconoscimento della voce
dell’imputato per via telefonica, o alle circostanze della qualità o natura della conoscenza tra il teste e l’imputato, o ancora alle incertezze
sui luoghi d’incontro tra i due) appaiono limitarsi a semplici considerazioni in fatto riferite ad aspetti marginali e secondari della deposizione resa dal teste, del tutto privi di effettiva incidenza sulla congruità logica e argomentativa della motivazione sul punto dettata dalla
corte territoriale, là dove ha rimarcato i caratteri di precisione e univocità delle dichiarazioni rese da tutti i testi escussi (acquirenti della
sostanza stupefacente ceduta dall’imputato), inequivocabilmente riscontrate dai corrispondenti riconoscimenti effettuati.
Parimenti privo di pregio deve ritenersi il secondo motivo di
doglianza avanzata dell’imputato.
Al riguardo, rileva il collegio come, in forza dei principi sul
punto stabiliti da questa corte di legittimità, pur dovendo ritenersi
ammissibile la richiesta di giudizio abbreviato condizionata all’acquisizione della testimonianza di persone che già hanno reso sommarie
informazioni nel corso delle indagini preliminari, occorre che l’espletamento della prova sia effettivamente utile a verificare i profili di
contraddizione e gli elementi carenti della prima deposizione e che la
richiesta medesima precisi la rilevanza di tali criticità ai fini della valutazione dei temi di prova riguardanti l’affermazione o l’esclusione
della responsabilità, la qualificazione del titolo di reato e la sussistenza delle circostanze (Cass., Sez. 1, n. 31881/2011, Rv. 250898).
In breve, al fine di rendere ammissibile la richiesta di giudizio
abbreviato ‘condizionato’, l’integrazione probatoria non deve neces-

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sariamente riferirsi a fonti ‘nuove’, essendo sufficiente che il richiedente evidenzi la natura e le finalità dei temi suscettibili
d’integrazione da sottoporre alla valutazione del giudice; in tal senso,
ad esempio, là dove un teste abbia reso dichiarazioni carenti o contrastanti deve ritenersi legittima, in linea di principio, la richiesta di
‘abbreviato condizionato’ specificamente articolata con riguardo alla
necessità di colmare o di verificare i rilevati aspetti di carenza o di
contrasto della deposizione contestata. Occorre, tuttavia, che la richiesta si qualifichi adeguatamente, in termini di contenuto, attraverso la specifica precisazione del rilievo che le carenze o le contraddizioni denunciate possono assumere ai fini della decisione in relazione
all’affermazione di responsabilità dell’imputato, al titolo del reato o
alle circostanze, che costituiscono tutti temi di prova da considerare
‘decisivi’.
Ciò posto, nel caso in esame, a quanto risulta dagli atti, la richiesta d’integrazione probatoria formulata dalla difesa all’atto della
richiesta di giudizio abbreviato condizionato, era del tutto generica,
né risulta che la sua specificità fosse stata oggetto di chiarimenti nel
contraddittorio dibattimentale.
Lo stesso odierno ricorso appare, con riguardo all’aspetto dei
profili o dei temi di cui si sarebbe chiesta in concreto l’integrazione,
del tutto aspecifico, sì che la genericità dell’odierna doglianza, inidonea a superare la corrispondente genericità della richiesta, deve ritenersi tale da renderla irrimediabilmente priva di pregio.
4. – L’accertamento dell’infondatezza dei motivi di doglianza
avanzati dal ricorrente impone il rigetto del ricorso e la condanna
dello stesso al pagamento delle spese processuali.
Per questi motivi
La Corte Suprema di Cassazione, rigetta il ricorso e condanna
il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 11.12.2013.

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