Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 40447 del 09/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 40447 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: VITELLI CASELLA LUCA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CAPITANI FRANCESCA N. IL 24/03/1979
avverso la sentenza n. 3523/2012 GIP TRIBUNALE di RAVENNA, del
28/01/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA VITELLI
CASELLA;

Data Udienza: 09/10/2013

n.134 ricorrente CAPITANI Francesca

Motivi della decisione

L’imputata ricorre

personalmente per cassazione contro la sentenza di

applicazione concordata della pena in epigrafe indicata, quale responsabile del

detenzione illecita e di cessione di sostanza stupefacente tipo marijuana,
commesso in Ravenna il 29 luglio 2012.
Denunzia

vizi

di difetto della motivazione

in relazione alla mancata

applicazione dell’art.129 cod.proc.pen.
Il ricorso è inammissibile, ex art. 606, comma 3, cod.proc.pen., perché proposto
per motivi manifestamente infondati.
Come questa Corte ha ripetutamente affermato (cfr.

ex plurimis

S.U. 27

settembre 1995, Serafino), l’obbligo della motivazione della sentenza di
applicazione concordata della pena va conformato alla particolare natura della
medesima e deve ritenersi adempiuto qualora il giudice dia atto, ancorché
succintamente, di aver proceduto alla delibazione degli elementi positivi richiesti
(la sussistenza dell’accordo delle parti, la corretta qualificazione giuridica del
fatto, l’applicazione di eventuali circostanze ed il giudizio di bilanciamento, la
congruità della pena, la concedibilità della sospensione condizionale della pena
ove la efficacia della richiesta sia ad essa subordinata) e di quelli negativi (che
non debba essere pronunciata sentenza di proscioglimento a norma dell’art. 129
cod proc. pen .) .
Non è consentito, dunque, all’imputato, dopo l’intervenuto e ratificato accordo,
proporre questioni in ordine alla mancata applicazione dell’art. 129 cod.proc.pen,
senza precisare per quali specifiche ragioni detta disposizione avrebbe dovuto
essere applicata nel momento del giudizio. Nella concreta fattispecie il Primo
Giudice ha peraltro dato atto della ricorrenza dei presupposti escludenti una
pronunzia di proscioglimento, atteso l’avvenuto arresto in flagranza
dell’imputata ed atteso il contenuto dei verbali di sequestro e di perquisizione
nonché stante la sostanziale ammissione dei fatti.
Segue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 1.500,00 in
favore della cassa delle ammende, a titolo di sanzione pecuniaria, trattandosi di
causa di inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, della

delitto continuato di cui agli artt.110 cod. pen., 73 d.P.R. n. 309/1990, di

ricorrente stessa (cfr. Corte Costituzionale sent. n. 186 del 7 – 13 giugno
2000).

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento e della somma di euro 1.500,00 in favore della cassa

Così deciso in Roma,lì 9 ottobre 2013.

delle ammende.

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