Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4043 del 10/12/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 4043 Anno 2014
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: SERRAO EUGENIA

Data Udienza: 10/12/2013

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ZAMINATO RINA (MADRE DEL DEFUNTO BORTOLI MOSE’) N.
IL 03/09/1955
BORTOLI GIOVANNI (PADRE DEL DEFUNTO BORTOLI MOSE’)
N. IL 26/09/1944
CIANI ISABELLA (MOGLIE DEL DEFUNTO BORTOLI MOSE’) N.
IL 06/10/1974
nei confronti di:
TOMASINI ANGELO N. IL 11/12/1957
avverso la sentenza n. 2658/2008 CORTE APPELLO di MILANO, del
11/07/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 10/12/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. EUGENIA SERRAO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. 4 Llo ?aLIC4
che ha concluso per
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RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Busto Arsizio in data 26/10/2007 assolveva Tomasini
Angelo dall’imputazione del reato di cui all’art.589, comma 1 e 2 cod.pen. perché
con colpa consistita in negligenza, imprudenza, imperizia e violazione delle
norme che regolano la disciplina della circolazione stradale (e, in particolare delle
disposizioni di cui all’art.145, commi 6 e 10 d.lgs. 30 aprile 1992, n.285), mentre
si trovava alla guida dell’autocarro Volvo uscendo dal cortile sito nei pressi del
civico n.36 della via IV Novembre del Comune di Solbiate Olona, immettendosi

direttrice di marcia verso Busto Arsizio, omettendo di dare la precedenza ai
veicoli circolanti su strada e creando una situazione di pericolo per la
circolazione, collidendo con il motoveicolo Kawasaki condotto da Mosé Bortoli,
cagionava la morte del predetto Mosé Bortoli in Solbiate Olona il 13/05/2003.
L’imputato veniva assolto con la formula ‘perché il fatto non costituisce reato’.
2. Sull’appello proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale
di Busto Arsizio e dalla parte civile, la Corte di Appello di Milano confermava la
sentenza impugnata sul presupposto che, come posto in evidenza dal giudice di
primo grado sulla scorta delle conclusioni cui era pervenuto il consulente
d’ufficio, non si potesse configurare a carico dell’imputato l’inosservanza
dell’art.145, comma 6, cod. strada perchè egli si era trovato nell’oggettiva
impossibilità di avvistare il motociclista e di osservarne tempestivamente i
movimenti, eseguendo la manovra di immissione sulla strada nella carreggiata
opposta (manovra non vietata) con l’osservanza di tutte le norme del codice
della strada e di comune prudenza. Esaminando la censura mossa con l’atto di
appello, la Corte territoriale escludeva che la manovra alternativa corretta
suggerita dal difensore di parte civile, per cui l’autocarro avrebbe dovuto
immettersi sulla strada svoltando a destra, non sarebbe valsa ad evitare la
collisione, poiché anche in quest’ipotesi il motociclista, a causa della velocità da
lui tenuta, non avrebbe potuto evitare il sinistro.
3. Ricorrono per cassazione le parti civili Zaminato Rina, Bortoli Giovanni e
Ciani Isabella deducendo violazione di legge, mancanza e manifesta illogicità
della motivazione anche sotto il profilo della formale violazione dell’art.41 cod.
pen., dell’art.2054 cod.civ. e dell’art.192 cod.proc.pen., manifesta illogicità e
contraddittorietà della motivazione in relazione alla normativa applicabile.
3.1. La Corte territoriale, si assume, non avrebbe preso in considerazione, al
fine di valutare l’osservanza o meno delle norme di comune prudenza, che via IV
Novembre è costituita da una carreggiata unica a doppio senso di circolazione
(carreggiata di m.7), che l’autocarro ha una lunghezza di metri 10,46 e che per
completare la manovra di svolta a sinistra in uscita dal cancello il veicolo, oltre
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con manovra di svolta a sinistra sul tratto di strada della via suindicata con

ad occupare l’intera carreggiata, era obbligato ad occupare nel corso della
manovra una parte della banchina e la manovra stessa venne svolta con velocità
assai moderata, disattendendo l’insegnamento della Corte di legittimità sul
dovere di attenzione, secondo il quale il conducente deve continuamente
ispezionare la strada che sta per impegnare in modo da non costituire intralcio o
pericolo per gli altri utenti della strada. La Corte non avrebbe dato corso
all’esame delle condotte nella loro valenza causale, né all’eventuale interruzione
del nesso causale. La tesi secondo la quale il conducente dell’autocarro si è

tempestivamente i movimenti appare illogica e contraria alla legge, posto che,
nel caso in cui il conducente non abbia la libera visuale della strada nei due sensi
di marcia per una lunghezza tale che gli consenta di accertare in tempo utile
l’eventuale sopravvenienza di veicoli sulla strada favorita, deve astenersi dalla
manovra e scegliere un luogo più adatto per eseguirla. Nulla sarebbe evidenziato
in sentenza in ordine alla natura eccezionale e imprevedibile del comportamento
della vittima, che avrebbe escluso il nesso di causalità. La Corte avrebbe
tralasciato di considerare la colpa dell’imputato per non avere lo stesso osservato
le norme che regolano la circolazione stradale e non aver prestato la massima
attenzione alla circolazione stradale in prossimità di una curva, oltreché non aver
rispettato le norme elementari di prudenza, tralasciando di considerare il
rapporto redatto dalla polizia stradale. La motivazione sarebbe illogica in quanto
è sufficiente visionare le fotografie dei luoghi per giungere alla conclusione che il
conducente dell’autocarro ha posto in essere una manovra con comportamento
del tutto antigiuridico, mentre avrebbe potuto eseguire una manovra più
consona ai luoghi. La Corte avrebbe tralasciato di considerare quanto dichiarato
dall’imputato nel corso del suo esame all’udienza del 12/03/2007, ossia “… dopo
di che guardo alla mia sinistra, e io ho una visuale fino alla curva, però c’è un
negozio dall’altra parte, uno è adibito a casalinghi o cose del genere, l’altro è
chiuso ed ha delle vetrine diciamo oscurate. Io tramite queste vetrine guardo per
circa 5,6,7 metri non so dirle quanto di più. Comunque riesco a stabilire se nel
frattempo arriva qualcuno. Non veniva nessuno..”, quale ulteriore prova della
pericolosa manovra che stava effettuando, oltre che la dichiarazione da cui
risulta che l’imputato si è accorto del motociclista solo al momento dell’impatto e
la circostanza, risultante dalla perizia, che il camion dopo l’urto con la
motocicletta retrocedeva di circa un metro, omettendo di considerare che la
lentezza del veicolo e la sua lunghezza avrebbero dovuto indurre l’imputato a
compiere la manovra con particolare cautela e che, rendendosi conto che
l’autocarro avrebbe potuto non essere scorto a sufficiente distanza, si sarebbe
dovuto astenere da tale manovra scegliendo un percorso alternativo.
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trovato nell’oggettiva impossibilità di avvistare il motociclista e di osservarne

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. In presenza di una doppia conforme affermazione di responsabilità è, in
primo luogo consentita la motivazione della sentenza d’appello per relationem,
sempre che le censure formulate contro la sentenza di primo grado non
contengano elementi o argomenti diversi da quelli già esaminati e disattesi, in
quanto il giudice di appello nell’effettuazione del controllo sulla fondatezza degli
elementi su cui si regge la sentenza impugnata non è tenuto a riesaminare
questioni sommariamente riferite dall’appellante nei motivi di gravame, sulle

prive di vizi logici, non specificamente tcriticamente censurate. In tal caso, infatti,
le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, fondendosi, si
integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico inscindibile al quale
occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della
motivazione, tanto più ove, come nel caso di specie, i giudici dell’appello abbiano
esaminato le censure con criteri omogenei a quelli usati dal giudice di primo
grado e con riferimenti alle determinazioni ivi prese ed ai passaggi logicogiuridici della decisione, sicché le motivazioni delle sentenze dei due gradi di
merito costituiscano una sola entità (Sez. 2, n. 1309 del 22/11/1993, dep.
4/02/1994, Albergamo ed altri, Rv. 197250; Sez. 3, n. 13926 del 10/12/2011,
dep. 12/04/2012, Valerio, Rv. 252615).
2. Vale, in primo luogo, evidenziare che la sentenza di primo grado,
confermata dalla Corte territoriale, ha assolto Tomasini Angelo del reato
ascrittogli perché il fatto non costituisce reato, incentrando il giudizio di non
colpevolezza sull’elemento soggettivo del reato. Risultano, dunque, inconferenti,
le censure mosse dal ricorrente alla pronuncia di merito in punto di nesso di
causalità, trattandosi di argomento che il giudice di merito ha ritenuto
logicamente assorbito dalla questione concernente l’insussistenza dell’elemento
soggettivo.
3. Esaminando, dunque, il provvedimento impugnato con riferimento alla
censura concernente l’illogicità della motivazione laddove afferma che l’imputato
si è trovato nell’oggettiva impossibilità di avvistare il motociclista e di osservarne
tempestivamente i movimenti, la sentenza integra la pronuncia di primo grado
rispondendo puntualmente (pag.4) alle censure dell’appellante e pervenendo alle
medesime conclusioni del giudice di primo grado. La sentenza non è illogica né
contraria alla legge laddove evidenzia l’importanza della prevedibilità dell’evento
in relazione al profilo soggettivo della colpa, quello strettamente inerente al
rimprovero personale. La giurisprudenza di questa Corte ha, in numerose
occasioni, sottolineato il ruolo fondante della prevedibilità ed evitabilità
dell’evento. Va richiamata, in primo luogo, la fondamentale pronuncia
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quali si sia già soffermato il primo giudice, con argomentazioni ritenute esatte e

(Sez. 4, n. 4793 del 06/12/1990, Bonetti, Rv. 191798), che ha posto in luce che
la prevedibilità altro non è che la possibilità dell’uomo coscienzioso ed avveduto
di cogliere che un certo evento è legato alla violazione di un determinato dovere
oggettivo di diligenza e che un certo evento è evitabile adottando determinate
regole di diligenza. Anche nell’ambito della circolazione stradale è stata
ripetutamente affermata la necessità di tenere conto degli elementi spaziotemporali e di valutare se l’agente abbia avuto qualche possibilità di evitare il
sinistro: la prevedibilità ed evitabilità vanno, quindi, valutate in concreto. Tali

questa Corte (Sez. 4, n. 37606 del 06/07/2007, Rinaldi, Rv. 237050):
nell’ambito del profilo soggettivo della colpa, l’esigenza della prevedibilità ed
evitabilità in concreto dell’evento si pone in primo luogo senza incertezze nella
colpa generica, poiché in tale ambito la prevedibilità dell’evento ha un rilievo
decisivo nella stessa individuazione della norma cautelare violata, e con
riferimento a tale profilo la sentenza di primo grado, richiamata dalla Corte
territoriale, ha fornito adeguata motivazione in merito alla non rimproverabilità
all’imputato del fatto di non aver previsto che – nonostante in quel momento non
vi fossero veicoli avvistabili – improvvisamente avrebbe potuto sopraggiungere,
dalla curva a forte velocità un altro veicolo, a meno di non voler affermare che
l’imputato non avrebbe potuto in alcun modo immettersi nella strada. Anche
nell’ambito della colpa specifica la prevedibilità consente, non solo di definire in
astratto la conformazione del rischio cautelato dalla norma, ma anche di
rapportare il fatto concreto alle diverse classi di agenti modello a tutte le
specifiche contingenze del caso concreto. Tale spazio valutativo è pressoché
nullo nell’ambito delle norme rigide, la cui inosservanza dà luogo quasi
automaticamente alla colpa. Nel caso di specie i giudici di merito hanno espresso
un logico giudizio di inoperatività della norma cautelare codificata, che impone
l’obbligo di concedere la precedenza posto che, secondo quanto accertato nella
sentenza, nel momento in cui l’imputato ha iniziato la manovra non erano
avvistabili veicoli ai quali cedere la precedenza.
4. Con riguardo, poi, all’esigibilità del comportamento alternativo, la Corte
territoriale, prendendo in considerazione i motivi di appello concernenti la colpa
generica per non aver l’imputato scelto di eseguire una manovra più consona allo
stato dei luoghi, ha evidenziato come, nelle accertate condizioni, tale manovra
non avrebbe impedito il concretizzarsi del rischio, concludendo con logica
deduzione per l’inesigibilità di tale manovra alternativa. Né risulta dedotta altra
cautela che sarebbe stata esigibile dal Tomasini; il ricorso non si confronta, sul
punto, con la motivazione espressa dalla Corte se non ribadendo l’evitabilità
dell’evento qualora l’imputato avesse effettuato la diversa manovra di svolta a
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enunciazioni generali necessitano di un’ulteriore chiarimento, già proposto da

destra ma, se è vero che le dimensioni del veicolo, la conformazione della strada,
i limiti di avvistabilità dei veicoli che sopraggiungono, costituiscono tutti elementi
che il giudice di merito è tenuto ad esaminare per valutare se vi sia e quale sia il
comportamento prudente esigibile dal conducente nella situazione concreta, non
può essere censurata la motivazione che, pur prendendo in esame il
comportamento alternativo in ipotesi ritenuto corretto, affermi, date le
circostanze del fatto concreto, che tale comportamento non era esigibile perché
l’agente non avrebbe comunque potuto evitare l’evento occorso.

istruttorie è manifestamente infondata. Il riferimento alle risultanze del rapporto
redatto dalla polizia stradale è connotato da aspecificità, posto che non individua
l’elemento fattuale o il dato probatorio emergente dal rapporto che risulterebbe
incompatibile con la ricostruzione svolta nella sentenza, mentre la censura
concernente l’omessa valutazione delle risultanze dell’esame dell’imputato è
inidonea a disarticolare ed, anzi, corrobora il giudizio di congruità e logicità
dell’impianto motivazionale censurato, confermando l’assenza, all’epoca del
sinistro, di uno stato dei luoghi idoneo a consentire all’imputato di avvistare il
tratto stradale coperto dalla curva. Deve, poi, ritenersi rispettato l’obbligo di
motivazione, che può essere assolto anche con pronuncia implicita, con
riferimento alle altre circostanze evidenziate nel ricorso, concernenti il momento
cui l’imputato avrebbe avvistato il motociclista e la manovra di retrocessione di 1
metro eseguita dal conducente dell’autocarro dopo l’urto, trattandosi di
circostanze secondarie in ragione del rilievo esclusivo correttamente attribuito al
comportamento dei conducenti prima dell’urto.
6. Le considerazioni che precedono conducono alla pronuncia di rigetto del
ricorso. Segue, al rigetto del ricorso, a norma dell’art.616 cod.proc.pen., la
condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma il 10/12/2013
Il Presidente

5. L’ulteriore censura concernente l’omessa valutazione di alcune risultanze

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