Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 40411 del 16/09/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 40411 Anno 2014
Presidente: DE ROBERTO GIOVANNI
Relatore: VILLONI ORLANDO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:

CAMPO Davide, n. Caltanissetta 11.9.1984
avverso l’ordinanza del Tribunale di Caltanissetta, Sezione del riesame e degli appelli n.
49/14 dell’11/03/2014

esaminati gli atti e letti il ricorso ed il provvedimento decisorio impugnato;
udita in camera di consiglio la relazione del consigliere dott. Orlando Villoni;
udito il pubblico ministero in persona del sostituto PG, dott. Vito D’Ambrosio, che ha concluso per L’inammissibilità

RITENUTO IN FATTO

Data Udienza: 16/09/2014

1. Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Caltanissetta, Sezione del riesame e degli appelli
accoglieva l’appello proposto dal Procuratore della Repubblica in sede ai sensi dell’art. 310 cod.
proc. pen. avverso l’ordinanza emessa dal GIP del medesimo Tribunale in data 28/01/2014,
che aveva rigettato la richiesta di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere
nei confronti di Campo Davide in ordine al reato di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990 (capo
l) ed a vari episodi di detenzione e cessione di sostanze stupefacenti (capi 54, 55, 56, 57, 58
e 91 per art. 73 st. d.P.R. e 648 cod. pen.) ritenendo per alcune imputazioni carenti i gravi indizi di colpevolezza e per altre insussistenti attuali esigenze cautelari.
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o

Nell’accogliere l’appello, il Tribunale riteneva per contro di condividere la lettura delle risultanze indiziarie propugnata dal PM, in special modo per quanto riguarda l’interpretazione del consistente compendio delle autorizzate intercettazioni telefoniche; con riferimento, inoltre, alla
epoca di consumazione dei reati (non oltre il mese di febbraio del 2009 come da contestazione provvisoria) ed alla ritenuta inattualità delle esigenze di cautela, osservava che la considerazione del tempo trascorso dalla loro commissione ai sensi dell’art. 292 comma 2 lett. c)
cod. proc. pen. dovesse recedere rispetto alla circostanza che fosse contemplato anche il
delitto di cui all’art. 74 legge stupefacenti, in ordine al quale vige la presunzione, ancorché

zione di specifici elementi positivi tali da escludere comunque la ricorrenza di quelle esigenze,
nella specie tuttavia non ravvisabili anche a motivo della pericolosità mostrata dall’indagato nel
ricoprire un ruolo di protagonista nell’ambito del sodalizio criminoso e dal fatto di avere mostrato nel tempo un spiccata propensione a delinquere proprio nel settore degli stupefacenti.

Di conseguenza, il Tribunale applicava al Campo la misura della custodia in carcere in ordine
alle imputazioni contestate, ad eccezione di quella ascrittagli al capo 91, concernente un reato
di diversa indole (art. 648 cod. pen.) rispetto agli altri.

2. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso l’indagato, il quale – riproponendo l’eccezione già

formulata dinanzi al Tribunale nisseno che l’aveva disattesa – solleva preliminarmente la questione di legittimità costituzionale dell’art. 291 cod. proc. pen. per contrasto con l’art. 24 Cost.,
nella parte in cui escludendo la notifica dell’ordinanza del GIP che abbia rigettato la richiesta di
applicazione della misura cautelare esclusivamente per insussistenza delle esigenze di cautela,
impedisce all’indagato di contestare la per contro affermata sussistenza di gravi indizi di colpevolezza, la quale viene così a cristallizzarsi in un ‘anomalo’ giudicato cautelare.

Nel merito cautelare, deduce la violazione dell’art. 591 cod. proc. pen. in relazione alla mancata declaratoria di inammissibilità dell’appello, formulato dal PM in maniera discorsiva e onnicomprensiva rispetto alle posizioni di tutti gli indagati ed in maniera specifica solo in relazione
ad un’imputazione (capo 14) concernente uno di essi (Sanfilippo), inammissibilità contraddittoriamente dichiarata, invece, dal Tribunale solo riguardo alle posizioni di alcuni.

Viene, altresì, dedotta l’insussistenza di gravi indizi di colpevolezza in ordine all’ipotesi di reato
associativa, la cui sussistenza è stata per contro inferita soprattutto dall’episodio dell’importazione dal Belgio di circa 3 kg. di cocaina, provvisoriamente contestato al capo 3 ed al ricorrente
neppure ascritto.

Viene, infine, dedotta la violazione del combinato disposto degli artt. 272, 285, 292 comma 2
lett. c) cod. proc. pen. a motivo del consistente lasso temporale trascorso tra i fatti provviso2

relativa, di applicabilità della misura custodiale in carcere, superabile unicamente con l’acquisi-

riamente contestati e la prevista applicazione della misura, ma in assenza di concrete ed attuali esigenze cautelari, elemento invece positivamente – e per quanto sopra contraddittoriamente – apprezzato dal Tribunale in favore di dieci coindagati.

3. In data 11/09/2014 è, tuttavia, pervenuta dichiarazione di rinunzia sottoscritta dal Campo,
motivata dall’intervenuta revoca della misura cautelare disposta dal Tribunale del Riesame ad
opera del GIP del Tribunale di Caltanissetta.

4. L’intervenuta dichiarazione di rinunzia imporrebbe di dichiarare in via preliminare, ai sensi
dell’art. 591 lett. d) cod. proc. pen., l’inammissibilità del ricorso con le conseguenti statuizioni.

La rinunzia è stata, però, motivata dall’intervenuto provvedimento di revoca da parte del GIP
di Caltanissetta ‘della misura cautelare applicata agli indagati’ del procedimento ‘con provvedimento del Tribunale del Riesame in data 11/03/2014’ (v. copia allegata alla dichiarazione).

Trattasi, tuttavia e all’evidenza, di un provvedimento allo stato inesistente, sotto il duplice
profilo di avere ad oggetto la revoca di altro provvedimento non esecutivo, quale quello
emesso dal Tribunale in sede di appello e di essere stato adottato da un giudice funzionaimente incompetente, in base al principio generale che l’organo giudicante che abbia emesso
un provvedimento sottoposto ad impugnazione è privo di competenza ad intervenire su di esso
sotto qualsiasi profilo.

Di tale principio trovasi espressa enunciazione nella seconda parte dell’art. 130 comma 1 cod.
proc. pen. in tema di correzione di errori materiali, a mente del quale se il provvedimento che
necessita di correzioni è impugnato e l’impugnazione non è dichiarata inammissibile, la correzione è disposta dal giudice competente a conoscere dell’impugnazione stessa.

Il fatto che, anche per la correzione di meri errori materiali, si stabilisca l’incompetenza funzionale a provvedere del giudice autore del provvedimento impugnato, ne evidenza la natura di
logico ed indefettibile corollario di ogni procedura d’impugnazione.

5. Giova, tuttavia, al ricorrente l’accoglimento del ricorso presentato da altro indagato non rinunziante (Matera Luigi) per inammissibilità dell’appello del PM, secondo il principio dell’estensione dell’impugnazione di cui all’art. 587 cod. proc. pen.

Nella specie, infatti, uno dei motivi d’impugnazione proposti dal coindagato – originariamente
coltivato, del resto, dallo stesso ricorrente – riguarda la violazione della legge processuale (art.

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CONSIDERATO IN DIRITTO

587 comma 2) ed in particolare l’inammissibilità dell’appello proposto dal PM in forza del combinato disposto degli artt. 581 lett. c) e 591 lett. c) cod. proc. pen., finendo per giovare
dunque anche in favore del Campo.

6. L’esame dell’appello proposto dal PM avverso l’ordinanza del GIP nisseno del 28/01/2014 –

atto che consta di trentacinque pagine – consente invero di verificare che la parte argomentativa si compone di poco più di sei pagine (da pag. 29 a pag. 35), caratterizzata per lo più da
una critica generalizzata dell’ordinanza impugnata in punto interpretazione delle risultanze

Posto, infatti, che gran parte delle imputazioni riferite alle cessioni di sostanze stupefacenti al
minuto si fonda sul tenore delle telefonate intercettate – che nell’assunto dell’appellante documenterebbero altrettanti episodi di traffico al dettaglio di sostanze droganti – il PM si è limitato a censurarne la ‘chiave di lettura’ (pag. 30) adottata dal GIP, dolendosi della mancata
correlazione stabilita tra le risultanze indiziarie di detta natura con gli arresti in flagranza di
reato di alcuni indagati (indicati alle pag.32 ed inizio pag. 33), indubitabilmente intervenuti in
corso d’indagine.

Anche quando la critica è stata formulata in maniera più specifica – come ad es. in relazione
all’imputazione provvisoria di cui al reato di cui al capo 14 ascritto all’indagato Sanfilippo Carlo
Salvatore – ciò è avvenuto solo ‘in via esemplificativa’ (pag. 31 appello), al fine cioè di indicare
un caso di non plausibilità dell’interpretazione ‘benevola’ della conversazione telefonica intercettata accolta dal GIP, secondo l’appellante replicata in numerose altre situazioni.

Ciò premesso, appare evidente l’inosservanza da parte del PM appellante del combinato
disposto degli artt. 581 lett. c) e 591 lett. c) cod. proc. pen. che impone, ai fini della formulazione di ogni impugnazione, l’enunciazione dei motivi con l’indicazione specifica delle ragioni di
diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta.

Del resto, la ponderosa ordinanza del GIP (composta di oltre cinquecento pagine, trascrizioni di
telefonate incluse) evidenza che il giudicante non si era punto sottratto all’onere di esaminare
partitamente le richieste della parte pubblica in relazione alla numerosissime ipotesi d’accusa,
ond’è che non si vede il motivo perché il PM istante non dovesse sobbarcarsi l’analogo onere di
contestare in maniera specifica e puntuale le articolate valutazioni del GIP da lui non condivise.

Non avendo il Tribunale del riesame nisseno – a fronte di specifica doglianza difensiva ed in
una situazione in cui lo stesso organo giudicante, sia pure in diversa composizione e riguardo
ad altri indagati nell’ambito del procedimento, aveva per contro rilevato il vizio da cui era
affetto l’atto d’impugnazione – dichiarato l’inammissibilità dell’appello del PM ai sensi dell’art.
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delle intercettazioni telefoniche ed ambientali.

591 comma 2 cod. proc. pen., a tale incombente si deve provvedere in questa sede di legittimità ai sensi del comma 4 dello stesso articolo.

Costituisce, del resto, principio da tempo affermato dalla giurisprudenza di questa Corte che i
motivi di appello contro le ordinanze in materia di misure cautelari personali non possono
limitarsi al semplice richiamo per relationem degli argomenti addotti a fondamento della originaria richiesta di applicazione, ma devono soddisfare, a pena di inammissibilità, il requisito
della specificità, consistente nella precisa indicazione dei punti censurati e delle questioni di
fatto e di diritto da sottoporre al giudice del gravame (Cass. Sez. 1, sent. n. 32993 del

inammissibile il ricorso del pubblico ministero in quanto privo di riferimenti alla decisione di
inammissibilità del giudice di appello, pronunciata perché i motivi di impugnazione ivi dedotti
erano solo riproduttivi della richiesta di applicazione di misure cautelari e Sez. 6, sent. n.
47546 del 01/10/2013, Delle Fazio, Rv. 258664).

7. Dall’accoglimento del ricorso del ricorrente e coindagato Matera Luigi consegue l’annullamento dell’ordinanza impugnata senza rinvio.

P. Q. M.

annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata per inammissibilità dell’appello del PM.
Roma, 16/09/014
Il consigJir qstnsore
dott

22/03/2013, PM in proc. Adorno, Rv. 256996 in fattispecie in cui la Corte ha dichiarato

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