Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 40377 del 11/06/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 40377 Anno 2015
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: CERVADORO MIRELLA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CONTI GIORGIO N. IL 02/07/1940
avverso la sentenza n. 672/2012 CORTE APPELLO di BARI, del
05/02/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 11/06/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MIRELLA CERVADORO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’A
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 11/06/2015

Udita la requisitoria del sostituto procuratore generale, nella persona del
dr.ssa Maria Giuseppina Fodaroni, la quale ha concluso chiedendo
l’annullamento senza rinvio della sentenza, per essere i reati estinti per

prescrizione. Rigetto nel resto.
Udito il difensore avv.Luca Perone difensore di fiducia delle parti civili
Capaldo Claudio, Capaldo Fabrizio, e Pezzi Susanna Paola che ha concluso
chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile

Svolgimento del processo

Con sentenza del 7.6.2011, il Tribunale di Trani dichiarò Conti Giorgio
responsabile dei reati di cui ai capi A) artt.477, 482, 640, 61 n.2 e 81 c.p.; C)
artt.485, 61 n.2 e 11 c.p.; D) artt. 477, 482, 640, 61 n.2 e 81 c.p. F) artt.485, 61 n.2
e 11 c.p. commessi in data successiva al 6.12.2003 (ad eccezione di alcuni
episodi di truffa e falso in quanto estinti per remissione di querela) e unificati
i reati sotto il vincolo della continuazione lo condannò alla pena di anni
due mesi otto di reclusione ed € 1500000 di multa.
Avverso tale pronunzia propose gravame l’imputato, e la Corte
d’Appello di Bari, con sentenza del 5.2.2014, dichiarava non doversi
procedere in ordine ai reati di cui agli artt.485 e 640 c.p. come contestati al
capo commessi nei confronti di alcune pari offese per difetto di querela e
riduceva la pena ad anni uno mesi sei di reclusione ed € 900,00 di multa.
Ricorre per cassazione il difensore dell’imputato deducendo: 1)
violazione dell’art. 16 c.p.p. e mancanza, illogicità e contraddittorietà della
motivazione ai sensi dell’art.606, co.1, lett.b) ed e) c.p.p. in riferimento alla
erronea applicazione dei criteri determinati della competenza per territorio
determinata dalla connessione, e al concetto di reato più grave. La

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comparazione dei reati sotto il profili della gravità, a norma dell’art.16 c.p.p.
va effettuata con riguardo esclusivo alle sanzioni edittali e non alla maggiore
o minore entità del danno. E poiché i reati di cui ai capi B) ed E) si
equivalgono sotto il profilo della gravità, la corretta applicazione dell’art.16
c.p.p. avrebbe dovuto indurre il Tribunale di Trani prima e la Corte
d’Appello di Bari poi ad accogliere l’eccezione di incompetenza con
trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica di Velletri, competente

in ragione della contestazione sub E dell’imputazione (reato più grave e più
risalente nel tempo rispetto al reato di pari gravità sub B); 2) violazione degli
artt.191, 192, 195 e 493 co.3 c.p.p. e mancanza, illogicità e contraddittorietà
della motivazione ai sensi dell’art.606, co.1, lett.b) ed e) c.p.p. per erronea
utilizzazione e valorizzazione ai fini probatori dell’annotazione di p.g.
prodotta all’udienza del 18.1.2011 e difetto di motivazione con riguardo alla
doglianza difensiva relativa ai capi D) e F) in riferimento ai quali il p.m.
aveva rinunciato alla prova testimoniale; la Corte ha poi dato lettura della
annotazione di p.g., nonostante che l’accordo delle parti fosse limitato
esclusivamente all’utilizzabilità degli elenchi “escluso quanto scritto
all’interno dell’informativa”; 3) violazione degli artt.191, 192, 195 e 493 co.3
c.p.p. e mancanza, illogicità e contraddittorietà della motivazione ai sensi
dell’art.606, co.1, lett.b) ed e) c.p.p. per erronea utilizzazione e valorizzazione
ai fini probatori dell’annotazione di p.g. prodotta all’udienza del 18.1.2011 e
difetto di motivazione con riguardo alla doglianza difensiva relativa al capo
C) in ordine alla sussistenza della prova positiva che il reato non sussistesse;
4) violazione dell’art.640 c.p. 305 cod.ass. e mancanza, contraddittorietà o
manifesta illogicità della motivazione ai sensi dell’art.606 lett. b) ed e) c.p.p.
per erronea qualificazione giuridica del fatto; dall’istruttoria dibattimentale è
emersa la prova che il Conti ex agente assicurativo in pensione avesse
intrapreso abusivamente l’attività assicurativa gestendola in proprio, e
pertanto la condotta andrebbe al più ad integrare la fattispecie prevista e
punita dall’art.305 cod.ass. (esercizio abusivo dell’attività assicurativa) e non
quella di truffa; 5)violazione degli artt.62 bis e 133 c.p. e mancanza,
contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione ai sensi dell’art.60
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lett. b) ed e) c.p.p. in ordine alla determinazione della pena e sulla mancata
concessione delle attenuanti generiche in quanto l’asserita gravità e il
rilevante numero di soggetti truffati è frutto di un mero calcolo del giudice di
primo grado che ha incluso anche le posizioni per cui difetta la querela e
quelle che il P.M. ha esplicitamente rinunciato a provare; 6) violazione degli
artt.157 e ss. c.p. 129-605 c.p.p. e mancanza, contraddittorietà o manifesta
illogicità della motivazione ai sensi dell’art.606 lett. b) ed e) c.p.p. in ordine ai

fatti per i quali è maturata la prescrizione dalla data della sentenza di primo
grado alla sentenza d’appello; 7) nullità della sentenza ex art.125/2 c.p.p. ai
sensi dell’art.606 lett. e) c.p.p. in ordine alla mancanza della motivazione in
ordine ai benefici di legge
Chiede pertanto l’annullamento della sentenza.

Motivi della decisione

1. Successivamente alla pronuncia della sentenza di secondo grado è
venuto a maturare il termine massimo prescrizionale previsto dalla legge per
i reati contestati di falso e truffa, in relazione ad un quadro impugnatorio che
non appare inammissibile, in quanto i proposti motivi (di seguito esaminati)
sebbene – avuto riguardo alle statuizioni civili – non meritevoli di
accoglimento, tuttavia, legittimamente radicano il giudizio di cassazione; e,
quindi, s’impone la declaratoria estintiva agli effetti penali.
2.11 primo motivo di ricorso è infondato.
Deve condividersi la critica del ricorrente ai passaggi motivazionali
della sentenza impugnata che, ai fini della individuazione del reato più grave
destinato ad esercitare la vis attractiva agli effetti della determinazione del
foro competente, utilizzano un concetto di “gravità in concreto” parametrato
sull’effettivo disvalore del fatto in ragione del danno cagionato. Al contrario,
infatti, avuto riguardo all’univoco tenore del dato testuale offerto dalla
norma di riferimento, e considerato che la individuazione del giudice
competente non può che raccordarsi al nornen iuris dedotto in imputazione
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non al fatto storico ivi descritto, deve ritenersi del tutto pacifico che la gravità
del reato è da ravvisarsi in astratto, con esclusivo riferimento alla pena
edittalmente stabilita per la fattispecie contestata, secondo i criteri
determinati dall’art. 16 c.p.p., comma 3. Va pertanto ribadito il principio
secondo il quale ai fini della individuazione della competenza per territorio
in caso di procedimenti connessi, la comparazione dei reati sotto il profilo
della gravità, secondo il disposto dell’art. 16 c.p.p., comma 3, va effettuata

con riguardo esclusivo alle sanzioni edittali, restando priva di rilevanza, nel
caso che queste si equivalgano, la maggiore o minore entità del danno in
concreto provocato dalle singole condotte criminose (Cass., Sez.II, Sent. n.
39756/2011 Rv. 251190; Sez.II, Sent. n. 48784/2003 Rv. 228335).
La decisione dei giudici del merito di respingere 1′ eccezione di
incompetenza territoriale deve peraltro ritenersi nella specie corretta. La
eccezione, infatti, si era fondata sul rilievo che il più grave reato di truffa
aggravata ai danni dell’Erario come contestato al capo E) della rubrica era
stato consumato nel Comune di Genzano di Roma ed in quelli ad esso
limitrofi ove Zucchelli Roberta, Rantucci Lorenzo e Rantucci Alessandra
risiedevano all’epoca e avevano usufruito del beneficio fiscale non dovuto.
Sul punto, però, al di là di enunciati in fatto non verificabili se non nei limiti
in cui gli stessi sono stati sussunti nel corpo delle sentenze impugnate, è
dirimente rilevare che il luogo, in cui i contraenti delle false assicurazioni
sulla vita hanno percepito i benefici fiscali non dovuti, è in sè privo di
significativo rilievo atto ad individuare una competenza diversa da quella
ravvisata, dal momento che il reato di truffa si consuma nel luogo e al
momento in cui l’imputato ha tratto l’ingiusto profitto, che è pur sempre e
solo il pagamento effettuato in suo favore dai soggetti truffati (e di cui ai capi
B ed E), luogo che si identifica in entrambi i casi in Trani, in quanto i premi
venivano versati sul suo conto corrente bancario in tale località.
3. Anche il secondo e il terzo motivo sono infondati. La Corte,
rispondendo, a doglianze analoghe a quelle dedotte con i motivi in
questione ha rilevato che il pubblico ministero, al momento in cui ebbe a
rinunciare all’esame dei testi, produsse l’annotazione integrativa di polizia
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giudiziaria indicata in sentenza, senza alcuna opposizione del difensore
dell’imputato, e che pertanto la stessa costituisce elemento di prova
utilizzabile in giudizio. Né vale sostenere in questa sede che il consenso non
riguardava l’intera produzione, ma parte di essa in quanto nulla è stato
specificato a riguardo, e l’inciso riportato in ricorso tra virgolette, e
“interpretato” senza tener conto del contesto in cui è stato pronunciato,

produzione in questione, e non vale pertanto a togliere valore allo stesso,
tanto più che – anche successivamente – nulla è stato opposto alla
acquisizione e lettura dell’informativa prodotta, che quindi ben poteva essere
utilizzata ai fini della decisione. Con ampia e logica motivazione, la Corte ha
quindi illustrato le ragioni per le quali va ritenuta la responsabilità del Conti
per i reati di truffa e falso sub D) F) e C).
4. Lo stesso dicasi per il quarto motivo circa la qualificazione giuridica
dei fatti, avendo la Corte ampiamente motivato a riguardo e rilevato che
l’intento fraudolento del Conti risultava non solo dalle prove dichiarative
assunte a dibattimento tramite l’esame delle parti offese, ma anche attraverso
tutti gli accertamenti di polizia giudiziaria (che hanno consentito di accertare
– tra l’altro – che tutte le polizze del ramo auto erano in realtà copie di
un’unica polizza, in quanto recavano l’identico numero) e l’acquisizione
della prova documentale ( relativa ai contratti falsificati e relative attestazioni
di falsità rilasciate dai responsabili delle compagnie assicuratrici ). Anche tale
motivo va pertanto rigettato.
5. Il quinto, e settimo motivo che concernono la mancata concessione
delle attenuante generiche e la sospensione della pena sono infondati e
peraltro superati dalla declaratoria di estinzione dei reati per prescrizione,
con relativa eliminazione degli effetti penali della sentenza.
6. Il sesto motivo circa la mancata declaratoria di estinzione dei reati
alla data di emissione della sentenza di secondo grado è inammissibile per la
sua assoluta genericità.
7. Quello che invece rileva ai fini che qui interessano è che i reati per i
quali il giudice di primo grado aveva riconosciuto la penale responsabilità e

sarebbe del tutto contraddittorio con lo stesso consenso prestato alla

la Corte territoriale l’aveva confermata, commessi in data successiva al
6.12.2003 fino al 21.3.2006, non erano prescritti alla data della pronuncia della
sentenza del Tribunale di Trani del 7.6.2011, non essendo all’epoca decorso il
termine massimo di prescrizione di anni sette e mesi sei aumentato di mesi
uno e giorni venticinque per sospensioni in primo grado, sicché i termini di
prescrizione venivano a spirare dal giorno 1.9.2011 al 15.11.2013 ( a tali
termini – per quanto non ancora prescritto alla data del giudizio d’appello –

vanno poi aggiunti mesi sei e giorni ventotto per sospensioni nel giudizio
d’appello, avendo il difensore aderito all’astensione dalle udienze
proclamata dalle camere penali, sicché l’ultimo termine di prescrizione a far
data dal 15.11.2013 è spirato il 12.6.2014, successivamente alla pronuncia
della sentenza della Corte territoriale.)
8. L’esame dei motivi di cui sopra, sia pure condotto allo scopo di
statuire sugli interessi civili, che, come noto, non può prescindere dal quadro
valutativo penale, fa escludere l’emergere di un quadro dal quale possa trarsi
ragionevole convincimento dell’evidente innocenza dell’imputato. In tema di
declaratoria di cause di non punibilità nel merito in concorso con cause
estintive del reato, il concetto di “evidenza” dell’innocenza dell’imputato o
dell’indagato presuppone la manifestazione di una verità processuale chiara,
palese ed oggettiva, tale da consistere in un “quid pluris” rispetto agli
elementi probatori richiesti in caso di assoluzione con formula ampia (Cass.
19/7/2011, n. 36064), e pertanto il giudice può pronunciare sentenza di
assoluzione ex art. 129 c.p.p. solo quando le circostanze idonee ad escludere
l’esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell’imputato e la
sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente
incontestabile (Cass. 14/11/2012, n. 48642).
La sentenza impugnata va pertanto annullata agli effetti penali per
essere i reati estinti per prescrizione, e vanno confermate le statuizioni civili.
Il ricorrente va condannato alla rifusione in favore delle parti civili
Capaldo Claudio, Capaldo Fabrizio e Pezzi Susanna Paola delle spese
sostenute in questo grado di giudizio liquidate in euro 4200,00 oltre IVA,
CPA e rimborso forfettario come per legge.

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P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere i reati estinti per
prescrizione. Conferma le statuizioni civili. Condanna il ricorrente alla
rifusione in favore delle parti civili Capaldo Claudio, Capaldo Fabrizio e
Pezzi Susanna Paola delle spese sostenute in questo grado di giudizio

Così del’ rato, 1’11 giugno 2015.
Il Co igFere estensore
M ella ervado

toet

liquidate in euro 4200,00 oltre IVA, CPA e rimborso forfettario.

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