Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4037 del 16/12/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 4037 Anno 2015
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: PELLEGRINO ANDREA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CUCE’ ANTONINO N. IL 03/05/1992
avverso la sentenza n. 1006/2014 TRIBUNALE di MESSINA, del
16/04/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA
PELLEGRINO;

Data Udienza: 16/12/2014

osserva

2. Propone, tramite difensore, ricorso per cassazione l’imputato, lamentando,
quale formale motivo unico, l’erronea applicazione della legge penale,
l’illogicità e contraddittorietà della motivazione atteso l’erroneo aumento di
pena operato in sentenza. In particolare il ricorrente censura come il reato di
cui al capo A) avrebbe dovuto essere riqualificato nel diverso delitto di cui
all’art. 624 bis cod. pen. in presenza di un gesto violento non già diretto alla
persona della vittima affinchè cedesse i beni di valore in suo possesso, bensì
sulla cosa al fine di entrarne in possesso.
3. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza.
Invero, con lo stesso non si muove alcuna concreta e specifica contestazione
alla fondatezza fattuale dell’apparato argomentativo utilizzato dal giudice di
merito nella sentenza oggetto di gravame, bensì ci si limita a censurare
l’omesso controllo sulla qualificazione giuridica di uno dei reati in
contestazione.
Rileva il Collegio come non possa esservi dubbio sul fatto che, in tema di
applicazione della pena su richiesta delle parti, compito fondamentale del
giudice sia il controllo sulla corretta qualificazione giuridica del fatto, ciò al fine
di evitare che il patteggiamento sulla pena si risolva in un accordo sui reati e
sulle stesse imputazioni, in violazione dell’art. 444 cod. proc. pen. e dell’art.
112 Cost., con obbligo per il giudice di dare adeguatamente conto in
motivazione dell’effettuazione di tale controllo (cfr., Sez. 6, sent. n. 1282 del
22/10/2002, dep. 14/01/2003, PG in proc. Scodini, Rv. 223847; più
recentemente, Sez. 6, sent. n. 6156 del 14/01/2013, dep. 07/02/2013, PG in
proc. Pavlik, Rv. 254897).
Nella fattispecie, peraltro, il giudice ha dato atto della corretta qualificazione
giuridica dei fatti. Ma non solo. Dalla stessa lettura dell’imputazione, descrittiva
della dinamica del fatto, emergono tutti gli elementi della tentata rapina
aggravata in concorso (“… compiva atti idonei diretti in modo non equivoco ad
impossessarsi di due collane che Mentola Catena portava al collo,
segnatamente mediante violenza alla predetta persona offesa, che passeggiava
sul lungomare, a bordo di un motociclo condotto dal Cucè e quindi nello
strattonarla, ad opera del D’Aita, fino a farla rovinare al suolo, cagionandole le
lesioni descritte al capo successivo, senza riuscire a portare a compimento
l’azione a causa della resistenza opposta dalla vittima …”).
4. Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della

7/1.

1. Con sentenza del Tribunale di Messina, prima sezione penale, su richiesta
dell’imputato e con il consenso del pubblico ministero, veniva applicata a Cucè
Antonino la pena di anni tre di reclusione ed euro 1.600,00 di multa per i reati
di tentata rapina aggravata (capo A), lesioni personali (capo B) e resistenza a
pubblico ufficiale (capo C).

Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di euro
1500,00 (nnillecinquecento/00) a titolo di sanzione pecuniaria.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di millecinquecento euro alla
Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma il 16 dicembre 2014
Il Consigliere estensore

Il Presidente

P.Q.M.

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