Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 40313 del 26/05/2015
Penale Sent. Sez. 1 Num. 40313 Anno 2015
Presidente: DI TOMASSI MARIASTEFANIA
Relatore: CASA FILIPPO
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
BALDI RAFFAELE N. IL 01/10/1967
avverso la sentenza n. 264/2008 CORTE APPELLO di SALERNO, del
27/02/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 26/05/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. FILIPPO CASA
Udito il Procuratore Geerale in persona del Dott. V-tt -tb i 4046th1496h-Z)
che ha concluso per -t12 (2,jUt ceze
Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv. 441149)-<-44
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az< tu_ if( Data Udienza: 26/05/2015 RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 27.2.2014, la Corte di Appello di Salerno, in riforma della
decisione emessa dal G.U.P. del Tribunale della sede in data 20.11.2007, dichiarava non
doversi procedere nei confronti di BALDI Raffaele in ordine ai reati di corruzione di cui ai capi
6) e 7) e di rivelazione di segreti d'ufficio di cui al capo 20), poiché estinti per prescrizione, e quattro mesi di reclusione, pena condizionalmente sospesa.
Al BALDI si contestava, in qualità di titolare di ditta di videogiochi operante in
Pontecagnano e zone limitrofe, di aver intessuto un rapporto societario di fatto con
ESPOSITO Giuseppe e FRAPPAOLO Angelo e con gli stretti affiliati di costoro (RICCIO
Remigio, LA PIETRA Carmine e PAGANO Giuseppe), in un primo momento provvedendo ad
apporre il proprio cartellino identificativo sugli apparecchi di proprietà del sodalizio e, in
seguito, mettendo a disposizione, in maniera permanente, la propria attività e pervenendo
ad accordi anche in relazione alla ripartizione degli utili nella misura del 50% degli incassi,
nonché per garantirsi da attacchi derivanti da altri gruppi criminali e procurarsi nuovi siti
presso i quali installare i videogiochi, così incrementando sia l'imprenditore che
l'associazione camorristica le rispettive ricchezze.
Collateralmente alle intese con detta associazione, il BALDI manteneva rapporti
corruttivi con i finanzieri PROIETTI e CILIBERTI per assicurarsi e cautelarsi da attività
istituzionali potenzialmente lesive dei propri affari, come perquisizioni e sequestri.
Ricordava la Corte di Appello che il primo Giudice aveva utilizzato, ai fini del decidere,
alcune sentenze emesse dall'Autorità Giudiziaria salernitana, tra le quali, in particolare, la
pronuncia del G.U.P. di Salerno in data 3.7.2003, che aveva condannato FRAPPAOLO Angelo
e RICCIO Remigio per estorsione aggravata dall'art. 7 L. n. 203/91 commessa proprio ai
danni di BALDI Raffaele, costretto ad apporre sui videogiochi appartenenti agli imputati la
targhetta identificativa della sua ditta, non potendo, diversamente, i predetti acquisire le
necessarie autorizzazioni amministrative per ottemperare alle nuove prescrizioni fissate dalla
L. n. 388/2000. 1.1. Nella sentenza impugnata nel più recente procedimento, il G.U.P., valorizzando il
materiale processuale sviluppatosi a seguito della menzionata decisione del 3.7.2003 grazie
all'intrapreso percorso di collaborazione con la giustizia da parte del FRAPPAOLO, del RICCIO
e degli altri accoliti, superava la precedente impostazione che vedeva il BALDI come vittima
di estorsione ad opera del clan, ritenendo comprovata la nuova impostazione accusatoria,
maturata a seguito di specifiche indagini sul fenomeno dei videopoker illegali che collocava
l'imprenditore del settore in società di fatto con gli esponenti del clan. 1 riduceva la pena per la residua imputazione di cui all'art. 416 bis c.p. sub 1) a un anno e Il G.U.P. salernitano affrontava le "perplessità" palesate in sede di riesame (si
riferisce all'ordinanza 29.1-1.2.2007 del Tribunale di Napoli che aveva annullato ex art. 309
c.p.p., con riferimento al capo 1, il provvedimento coercitivo emesso dal G.I.P. il
28.12.2006) sull'apparente contrasto, osservando: in punto di diritto, che non si era in
presenza delle ipotesi di cui agli artt. 649 e 669 c.p.p., poiché non si trattava di giudicare
una persona per un medesimo episodio, posto che nella sentenza del 3.7.2003 erano 3.7.2003 non costituiva un ostacolo logico alla novella rivisitazione dei rapporti tra il BALDI e
il duo ESPOSITO-FRAPPAOLO, in quanto, da un lato, il materiale probatorio si era arricchito,
nelle more, delle dichiarazioni rese da ESPOSITO Carmine, fratello dell'ucciso ESPOSITO
Giuseppe, sentito il 16.7.2005, dall'altro, la maggiore conoscenza del fenomeno dei
videopoker illegali aveva consentito di disvelare la effettiva natura dei rapporti tra esponenti
della camorra e imprenditori del settore.
Inoltre, il primo processo si basava essenzialmente sulle dichiarazioni rese
dall'imprenditore (s.i.t. del 2.3.2002), mentre il secondo, come detto, si giovava di
approfondimenti istruttori fondati sulle successive scelte collaborative di molti appartenenti
al sodalizio investigato, che avevano messo in luce il diverso ruolo di compartecipe e socio in
affari del BALDI.
Secondo lo sviluppo argonnentativo del primo Giudice, partendo dal dato di comune
esperienza della fortissima ingerenza dei clan malavitosi per il settore della gestione delle
macchinette videopoker, la situazione per un imprenditore del settore interessato a
mantenere le proprie quote di mercato era tale che l'unica strategia vincente (o, comunque,
non soccombente) era quella di venire a patti con la consorteria camorristica, altrimenti
sarebbe sparito dal tessuto economico perdendo la propria attività.
In una tale ottica, sulla base del nuovo materiale istruttorio fondato sulle "voci di
dentro" dell'associazione, doveva condividersi la tesi accusatoria che ribaltava i termini del
rapporto tra il BALDI e il gruppo camorristico, ritenendo sussistente una società di fatto.
Fondamentali ai fini della decisione dovevano considerarsi, secondo il G.U.P., le
dichiarazioni rese dal collaboratore TRIMARCO Demetrio (a capo della fazione antagonista a
quella di ESPOSITO-FRAPPAOLO), secondo il quale BALDI "lavorava" per il clan avverso, e
quelle di FRAPPAOLO Angelo, il quale confermava che i suoi videogiochi erano marchiati
BALDI e che costui, quando venne minacciato da TRIMARCO e da SALVATORE, si rivolse a
ESPOSITO Giuseppe perché lo aiutasse e che lo stesso ESPOSITO gli propose di "mettersi in
società".
Proprio il FRAPPAOLO aveva riferito che il BALDI sapeva in anticipo le modalità delle
visite e dei controlli della Guardia di Finanza, comunicandolo all'ESPOSITO e avvertendolo 2 imputati FRAPPAOLO e RICCIO, non il BALDI; in punto di fatto, che detta sentenza del che bisognava cambiare i lettori dei videopoker non a norma; in cambio, il BALDI otteneva
protezione dall'ESPOSITO, come nel caso in cui, su richiesta dell'imprenditore, vi fu un loro
intervento per far togliere quattro macchinette installate da altri in un bar di Santa Tecla.
Anche LA PIETRA Carmine, altro esponente del clan ESPOSITO-FRAPPAOLO,
confermava l'esistenza di una società di fatto con il BALDI, il quale riportava il rendiconto
degli incassi dei bar presso cui aveva scaricato le macchinette. l'esistenza di una vera e propria alleanza tra il BALDI e i camorristi, che, per un verso
garantiva al primo di mantenere le quote di mercato e di battere la concorrenza anche
sfuggendo alle intimidazioni e imposizioni degli altri clan, e per l'altro, consentiva al sodalizio
capeggiato dall'ESPOSITO di gestire una tale attività economica, rilevantissima sia per i
guadagni, sia per le infinite possibilità di riciclaggio che offriva, nel cui ambito si giovava
delle sicure conoscenze del BALDI nella Guardia di Finanza, così eludendo controlli e atti
ablatori dell'Autorità giudiziaria.
1.2. La Corte di Appello di Salerno, in piena sintonia con la prima decisione, negava
la sussistenza di alcuna contraddizione logica tra la valutazione che era chiamata ad operare
e quella rilevabile dalla precedente sentenza del G.U.P. di Salerno 3.7.2003.
Sul punto, si riportava integralmente alle considerazioni svolte a pag. 4 e ss. della
sentenza di primo grado.
In base agli elementi acquisiti e valorizzati dal primo Giudice, la Corte territoriale
riteneva di disattendere l'assunto difensivo, secondo il quale il BALDI era una figura di
imprenditore vittima e non colluso, non solo nella prima fase risalente all'estorsione
consumata ai suoi danni dall'ESPOSITO e dal FRAPPAOLO, ma anche nel prosieguo della
relazione con il clan, poiché egli, per poter continuare a lavorare, era stato costretto a
scendere a patti con lo stesso, sia prestando la propria targhettina identificativa alle
macchinette dei camorristi, sia offrendo servigi di varia natura, come quello di ritirare gli
incassi per conto del clan e il 50% degli incassi relativi alle proprie macchinette, solo così
potendo sperare di rimanere a galla nel settore.
A riprova di ciò, la difesa richiamava la C.T. contabile a firma del dott. letto, a tenore
della quale il volume di affari del BALDI, tra il 1998 e il 2001, era rimasto costante.
Nel contrastare la tesi difensiva, la Corte salernitana osservava, in primo luogo, che
non poteva affatto considerarsi anomalo, nei territori infiltrati dalla criminalità organizzata,
che un imprenditore fosse stato dapprima vittima di un clan e poi ne fosse diventato
complice, allo scopo di mantenersi a galla ovvero battere la concorrenza, facendo e
ricevendo favori. 3 In definitiva, secondo il primo Giudice, il materiale probatorio consentiva di affermare Questo era il caso del BALDI, il quale, vittima di una originaria estorsione, si era
determinato, in seguito, ad avvalersi dell'apparato strumentale intimidatorio per allargare il
novero dei clienti, sia per risolvere problemi insorti con i concorrenti spalleggiati da avverse
consorterie criminali. Ricordava, al riguardo, la Corte di merito che fu proprio il BALDI a
riferire che, presso il bar Longo, il TRIMARCO, il PIERRI e il PAGLIARULO avevano allocato
macchinette della MONDIAL-GIOCHI spegnendo le proprie, notizia che determinò l'insorgere Il contesto di forte contrapposizione sul territorio tra il gruppo ESPOSITO-FRAPPAOLO
e il gruppo capeggiato dal TRIMARCO per il controllo del settore dei videopoker appariva
cruciale per meglio comprendere la vicenda investigata.
Non era importante, in tale contesto, che il BALDI non avesse tratto incrementi di
clientela dall'affiancarsi al clan, poiché in un settore dov'era spietata la concorrenza
camorristica l'utile per l'imprenditore poteva già essere quello di mantenere almeno le quote
di mercato; la riprova era che chi non si allineava con l'uno o l'altro competitore, usciva dal
mercato o era posto in gravi difficoltà.
Sul tema, i Giudici dell'appello valorizzavano le deposizioni rese da NASTRI Sergio,
esercente il bar "LONGO" di Pontecagnano all'interno del quale erano installate le
macchinette del BALDI, CIRILLO Giuseppe, titolare della omonima ditta di videogiochi,
diretto concorrente dell'imputato e DE SIO Alessandro, titolare del bar "RORO" di
Pontecag nano.
Il NASTRI aveva confermato l'episodio dell'arrivo inaspettato di due videopoker, poi
portati via all'indomani dell'uccisione di ESPOSITO Giuseppe.
Il CIRILLO aveva riferito di essere stato costretto, negli ultimi tempi, da numerosi
esercenti i bar dove erano installati i suoi videogiochi a toglierli, perché, per poter stare
"tranquilli", essi esercenti avrebbero dovuto favorire gli "amici"; constatò, poi, il CIRILLO che
il posto dei suoi videogiochi era stato preso da quelli del BALDI, aggiungendo che, in
conseguenza di tanto, aveva subito una forte crisi economica.
Infine, il DE SIO aveva dichiarato che il BALDI provvedeva a ritirare gli incassi relativi
alle macchinette del FRAPPAOLO, contraddistinte dalle targhette dell'imputato, a
dimostrazione di un reale rapporto di fiducia che poteva ricondursi solo ad una alleanza e
non ad un rapporto di soggezione.
Sulla base di tali elementi probatori, di pieno riscontro alle univoche affermazione dei
collaboranti, la Corte di Appello condivideva il giudizio di collusione dato dal primo Giudice,
confermandone la statuizione di condanna.
2. Ha proposto ricorso per cassazione BALDI Raffaele, per il tramite del difensore di
fiducia. 4 dell'ESPOSITO con il PIERRO e la sua successiva uccisione il giorno dopo. 2.1. Con il primo motivo si deduce la nullità della sentenza ex art. 606 lett. b) ed e)
c.p.p., per travisamento del fatto e delle prove - motivazione apparente.
La sentenza impugnata era viziata da travisamento della prova, avendo la Corte
fondato il proprio convincimento su un risultato probatorio (la supposta sopravvenienza delle
dichiarazioni dei collaboratori rispetto al precedente giudicato) del tutto errato, e su un dato
"sociologico", già di per sé fortemente aleatorio, ma che nella specie, era risultato Invero, le dichiarazioni rese dai collaboratori FRAPPAOLO, LA PIETRA, RICCIO e
TRIMARCO, contrariamente a quanto affermato dalla Corte di Appello, erano tutte
preesistenti alla pronuncia del 3 luglio 2003.
Le successive dichiarazioni rese da costoro tra il 2004 e il 2007 erano state vagliate
dalla Corte di Assise di Appello di Salerno, che, nel confermare la validità della ricostruzione
offerta dalla sentenza del 3 luglio 2003, evidenziò come dette propalazioni costituissero
mera conferma di quanto già detto in precedenza e quindi fossero del tutto inadeguate a
giustificare una decisione di segno diverso.
Ah:~ valutazione critica, inoltre, era stata proposta in sentenza sulle dichiarazioni
rese da ESPOSITO Carmine, fratello del deceduto Giuseppe, già giudicate inattendibili,
perché indirette e relative a fatti appresi dall'esterno, dalla Corte di Assise di Appello
salernitana, dal Tribunale del riesame di Salerno e dalla Corte di Cassazione. 2.2. Con il secondo motivo, si denunciano nullità della sentenza ex art. 606 lett. e)
c.p.p. per travisamento del fatto e delle prove - violazione di legge in relazione all'art. 192
c.p.p. - mancanza, contraddittorietà e illogicità della motivazione.
La Corte di merito, nel ricorrere alla tecnica della motivazione per relationem, aveva
omesso di rispondere alle critiche mosse in sede di appello ed espressamente concernenti:
1) la mancata individuazione degli elementi dai quali desumere la modifica della
posizione del BALDI, rispetto alla posizione di estorto quale acclarata nelle sentenze del
G.U.P. di Salerno del 3.7.2003 e della CAA di SA del novembre 2005;
2) la mancata precisione del momento temporale in cui tale mutazione sarebbe
avvenuta, necessaria in ragione della sovrapponibilità delle contestazioni nel medesimo arco
temporale;
3) l'enucleazione di condotte ulteriori, rispetto a quelle poste a fondamento del ruolo
di estorto del BALDI;
4) le ragioni per le quali il clan malavitoso avrebbe avuto interesse a modificare
l'originario rapporto estorsivo che già soddisfaceva ampiamente le sue necessità;
5) l'indicazione rigorosa e puntuale di specifici elementi, desumibili dalle dichiarazioni
dei collaboratori di giustizia, trascurati o erroneamente vagliati nelle precedenti pronunce e, 5 contraddetto da ulteriori elementi di prova. invece, tali da scardinare il giudizio già espresso - sia nei processi di estorsione ai danni
dell'imprenditore, sia dal Tribunale del Riesame che dalla Suprema Corte nel presente
giudizio - circa l'assoluta inattendibilità dell'ipotesi per la quale il BALDI potesse essere socio
di fatto del clan;
6) il giudizio di centralità probatoria espresso in ordine alle dichiarazioni di ESPOSITO
Carmine, rispetto al quale si chiedeva di spiegare come tale valorizzazione potesse fratello e non conosciute personalmente;
7) il giudizio di presunta convergenza tra le dichiarazioni degli altri collaboratori, di
cui si assumeva la circolarità in ragione di ciò che il clan stesso voleva far apparire
all'esterno, ovvero che il BALDI non fosse vittima di estorsione, ma un soggetto al servizio
del FRAPPAOLO;
8) il tentativo da parte del FRAPPAOLO di indurre il BALDI a riferire agli inquirenti
circa l'esistenza di una società di fatto, al fine di dissimulare la reale situazione di
sottoposizione dello stesso.
Rispetto a tali snodi essenziali, già trascurati dal primo Giudice, la Corte di Appello
era rimasta del tutto silente.
Mancava, pertanto, nella sentenza impugnata la individuazione della prova del fatto
che le varie condotte assunte dal BALDI potessero ritenersi, oltre ogni dubbio, libere e
volontarie e non già indotte dalla imposizione del clan e dalla necessità di evitare un danno
ingiusto.
2.3. Con il terzo motivo, si chiede la nullità della sentenza ex art. 606 lett. b) ed e)
c.p.p. per illogicità e contraddittorietà della motivazione in riferimento alla individuazione
della supposta utilità conseguita dall'essere socio - travisamento delle prove contabili e
omessa motivazione in ordine alle stesse.
L'originaria contestazione, costruita sulle dichiarazioni di ESPOSITO Carmine, secondo
il quale il fratello Giuseppe avrebbe procurato al BALDI altri posti in cui collocare i
videogiochi, implicava il dato per cui la collusione avesse favorito l'imprenditore,
procurandogli un incremento di attività.
Tale impostazione, alla verifica probatoria, si era rivelata infondata, in quanto
sconfessata dal contenuto di un'agenda sequestrata al FRAPPAOLO, riepilogativa dei
conteggi relativi ai versamenti effettuati dall'imprenditore in favore del clan, e di una
consulenza contabile svolta su incarico della difesa, che aveva ricostruito i flussi dell'attività
del BALDI dagli anni '90 al 2002.
I dati contabili e documentali avevano, infatti, dimostrato che l'attività del BALDI, nel
periodo d'interesse, non aveva registrato alcun incremento, semmai aveva subito perdite 6 logicamente conciliarsi con le ammissioni, da parte di costui, di riferire situazioni apprese dal economiche, dovute, in primis, al versamento della metà dei propri guadagni in favore del
clan; poi, al pagamento delle sanzioni relative alle macchinette illegali di FRAPPAOLO, alle
quali erano state apposte le targhette identificative della ditta BALDI, e, infine, alle spese
legali necessarie per affrontare i procedimenti scaturiti dai controlli sulle macchinette illegali
del clan.
I Giudici di appello, nel disattendere le tesi difensive, non avevano chiarito affatto in 1998 agli anni successivi alla sentenza del 2003, era rimasto sempre costante), i risultati
delle indagini difensive (dalle quali era emersa l'evidente antieconomicità dell'ingerenza del
clan nella avviatissima attività di videonoleggiatore) e il contenuto "notarile" dell'agenda del
FRAPPAOLO (da cui traspariva nitidamente il rapporto estorsivo) non fossero tutti in
contraddizione con la tautologica premessa di un presunto interesse dell'imprenditore a
mantenere quote di mercato con l'appoggio del clan, considerato che siffatti risultati
probatori dimostravano, per contro, che il BALDI ben riusciva a mantenerle autonomamente.
La motivazione della Corte di merito doveva considerarsi apparente, in quanto, da un
lato, non offriva alcuna specifica argomentazione per disinnescare le obiezioni opposte dalla
difesa e, dall'altro, fondava il proprio ragionamento su due premesse - ovvero la
circostanza per cui chi non si alleava con uno dei clan spariva dal mercato e l'altra secondo
cui il BALDI avesse mantenuto il proprio mercato grazie all'alleanza con il clan - meramente
ipotetiche e contraddette dai risultati probatori illustrati.
2.4. Con il quarto ed ultimo motivo, si chiede la nullità della sentenza ex art. 606,
lett. b) ed e), per travisamento delle prove, illogicità e contraddittorietà della motivazione.
L'assunto secondo il quale la supposta società di fatto avrebbe dovuto mettere il
BALDI al riparo dalle ingerenze esterne si poneva in termini di illogicità e contraddittorietà
anche con altre argomentazioni spese nella sentenza impugnata, ovvero con il dato,
pacificamente acquisito al procedimento de quo e fatto oggetto di specifica censura con i
motivi di appello, per il quale, dalla metà del 2001 all'aprile del 2002, il BALDI era stato
costretto a pagare a TRIMARCO Demetrio e ai PAGLIARULO una somma mensile, al solo fine
di poter continuare a mantenere l'installazione dei propri videogiochi in alcuni esercizi
commerciali della zona di Giffoni Valle Piana, soggetta al controllo di quella fazione 42/,c morrista.
irr
el^ a—
a spiegazione veniva offerta dalla Corte per giustificare come fosse possibile che
un diverso gruppo criminale sottoponesse ad estorsione un presunto associato di altra
consorteria contrapposta, il cui fine associativo consisteva proprio nel garantirsi una serena
gestione imprenditoriale, al riparo da ingerenze di quel genere. 7 che termini i dati contabili della ditta BALDI (dai quali si evinceva che il volume di affari, dal Ulteriore contraddizione che inficiava il provvedimento impugnato atteneva alla
circostanza per la quale il BALDI, proprio nel periodo relativo ai fatti in contestazione, tra il
2001 e il 2002, aveva cercato, dapprima, un contatto con le Forze dell'Ordine per denunciare
il clima di intimidazione e soprusi di cui era vittima per mano dei boss della zona e, poi, con
le proprie dichiarazioni agli inquirenti, rese in seguito alla uccisione di ESPOSITO Giuseppe,
aveva contribuito egli stesso all'arresto di FRAPPAOLO e dei suoi sodali. regole di giudizio, l'irrimediabile frizione logica determinatasi tra l'ipotesi avallata della
collusione del BALDI e il dato probatoriannente acclarato per il quale fu proprio l'imprenditore
a denunciare agli inquirenti l'estorsione patita, così disvelando le posizioni nella guerra di
camorra che si era scatenata e consentendo l'arresto e la condanna, con le sue dichiarazioni,
dei presunti protettori che avrebbero dovuto garantirgli la tenuta dell'attività. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso è fondato nel suo secondo motivo.
2. Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, si ha mancanza di motivazione, ai sensi dell'art. 606, lett. e), c.p.p., non soltanto quando vi sia un difetto
grafico della stessa, ma anche quando le argomentazioni addotte dal Giudice a
dimostrazione della fondatezza del suo convincimento siano prive di completezza in relazione
a specifiche doglianze formulate dall'interessato con i motivi di appello e dotate del requisito
della decisività; né può ritenersi precluso al Giudice di legittimità, ai sensi della disposizione
suddetta, l'esame dei motivi di appello al fine di accertare la congruità e la completezza
dell'apparato argomentativo adottato dal Giudice di secondo grado con riferimento alle
doglianze mosse alla decisione impugnata, rientrando nei compiti attribuiti dalla legge alla
Corte di Cassazione la disamina della specificità o meno delle censure formulate con l'atto di
appello quale necessario presupposto dell'ammissibilità del ricorso proposto davanti alla
stessa Corte (Sez. 2, n. 10758 del 29/1/2015, Giugliano, Rv. 263129; Sez. 5, n. 2916 del
13/12/2013, dep. 22/1/2014, Dall'Agnola, Rv. 257967; Sez. 6, n. 35918 del 17/6/2009,
Greco, Rv. 244763; Sez. 2, n. 4830 del 21/12/1994, dep. 2/5/1995, Loisi, Rv. 201268).
3. Ciò premesso, deve rilevarsi - come già evidenziato nella superiore esposizione in
fatto - che la sentenza impugnata, in sintonia con quella di primo grado, ha riconosciuto al
ricorrente il ruolo di imprenditore-colluso con un sodalizio di stampo camorristico,
confermando la sua responsabilità per il reato di cui all'art. 416 bis c.p., dopo che precedenti
pronunce di merito, adottate in giudizi diversi, ma con riguardo al medesimo contesto
temporale relativo al presente procedimento, avevano, al contrario, delineato il ruolo del 8 La sentenza della Corte d'Appello, pertanto, scontava, facendo mal governo delle BALDI come quello di imprenditore-estorto, quindi vittima di reati di estorsione posti in
essere da coloro i quali sarebbero poi stati indicati come compartecipi della medesima
associazione.
Giova ricordare che questa Corte, in tema di partecipazione ad associazione di
stampo mafioso, ha indicato come "imprenditore colluso" colui che è entrato in rapporto
sinallagrnatico con l'associazione, tale da produrre vantaggi per entrambi i contraenti, sodalizio criminoso nell'ottenere risorse, servizi o utilità; ha, inoltre, definito "imprenditore
vittima" quello che, soggiogato dall'intimidazione, non tenta di venire a patti con il sodalizio,
ma cede all'imposizione e subisce il relativo danno ingiusto, limitandosi a perseguire
un'intesa volta a limitare tale danno (Sez. 5, n. 39042 dell'1/10/2008, Samà, Rv. 242318;
conforme: N. 46552 del 2005, Rv. 232963).
4. Orbene, tra le censure dedotte in appello, riproposte sub specie di vizio di motivazione in questa sede, il ricorrente aveva indicato: 1) la mancata individuazione, da
parte della Corte territoriale, degli elementi dai quali desumere la modifica della posizione
del BALDI, rispetto alla posizione di estorto quale acclarata nelle sentenze del G.U.P. di
Salerno del 3.7.2003 e della Corte di Assise di Appello di Salerno del novembre 2005; 2) la
mancata precisione del momento temporale in cui tale mutazione sarebbe avvenuta,
necessaria in ragione della sovrapponibilità delle contestazioni nel medesimo arco
temporale; 3) l'enucleazione di condotte ulteriori, rispetto a quelle poste a fondamento del
ruolo di estorto del BALDI.
Soprattutto in considerazione della rappresentata coincidenza temporale delle due
antitetiche contestazioni quale emergente dagli atti processuali (da un lato, quelle di
estorsione con il BALDI vittima; dall'altro, quella di associazione per delinquere di stampo
camorristico, con il BALDI quale partecipe), la Corte salernitana avrebbe dovuto confrontarsi
con le dedotte censure difensive per spiegare in quale preciso frangente vi sarebbe stato il
mutamento del ruolo attribuito al ricorrente (prima estorto, poi colluso) e attraverso quali
specifiche condotte, ulteriori e diverse rispetto a quelle già addotte a sostegno dell'originario
ruolo di estorto.
5. Il silenzio serbato, da parte della Corte di merito, in ordine ai citati rilievi critici, in
astratto idonei ad incidere sull'affermazione di responsabilità del ricorrente, integra una
carenza di motivazione che deve essere emendata attraverso un nuovo giudizio.
5.1. La sentenza impugnata deve, pertanto, essere annullata con rinvio alla Corte di
Appello di Napoli, ai sensi dell'art. 623, lett. c), c.p.p. (Corte di Appello più vicina), che dovrà
attenersi ai criteri enunciati. 9 consistenti per l'imprenditore nell'imporsi nel territorio in posizione dominante e per il P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio alla Corte di Appello di
Napoli. Il Consigliere estensore Il Presid Così deciso in Roma, il 26 maggio 2015