Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4019 del 10/01/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 4019 Anno 2014
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: CAIAZZO LUIGI PIETRO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE
DI NAPOLI
nei confronti di:
VANACORE GENNARO N. IL 08/09/1972
avverso l’ordinanza n. 5476/2013 TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI, del
18/07/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUIGI PIETRO
CAIAZZO;
Mg/sentite le conclusioni del PG Dott. Q – tz’L-, e
11-C91-2-4

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 10/01/2014

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CP-

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RILEVATO IN FATTO
Con ordinanza in data 18.7.2013 il Tribunale del riesame di Napoli annullava
l’ordinanza emessa in data 31.5.2013 dal GIP del Tribunale di Napoli con la
quale era stata applicata a VANACORE GENNARO la custodia cautelare in
carcere in ordine al delitto di cui all’art. 416-bis c.p., per aver partecipato al
clan dei Casalesi con stabili funzioni nel gioco d’azzardo e nel reinvestimento dei
proventi illeciti, avvantaggiandosi del controllo che il clan esercitava nel settore.
Secondo il Tribunale, gli elementi raccolti non consentivano di configurare a

stato solo accertato che il Vanacore gestiva un bar, con annessa sala giochi, in
Villa di Briano.
Detto accertamento era avvenuto a seguito di una perquisizione dei Carabinieri
di Aversa in data 20.5.2006, nel corso della quale erano stati sorpresi alcuni
avventori che giocavano d’azzardo, tra i quali Schiavone Armando che, nel
costrutto accusatorio, era direttamente delegato da Schiavone Nicola (capo del
clan dei Casalesi) alla gestione delle bische clandestine nel territorio campano.
L’accusa si basava su alcune conversazioni telefoniche tra l’ottobre 2005 ed il
maggio 2006 il cui contenuto non appariva del tutto chiaro. L’unica
conversazione di rilievo (del 19.2.2006, prog.152) faceva riferimento alla
suddivisione degli introiti in tre parti, una delle quali sembrava destinata alla
cassa del clan (“a casale”).
Doveva peraltro rilevarsi, secondo il Tribunale, che nessun collaboratore aveva
parlato del Vanacore, neppure quelli più informati che lavoravano nello stesso
ambito territoriale e nello stesso settore.

Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione la Procura della
Repubblica di Napoli, chiedendone l’annullamento per difetto di motivazione, in
quanto il Tribunale non aveva preso in esame le conversazioni tra il Vanacore e
Schiavone Armando, nei cui confronti era stata emessa ordinanza cautelare in
quanto affiliato al clan dei Casalesi con il ruolo di cassiere nello specifico settore
del gioco d’azzardo (l’ordinanza cautelare nei confronti del predetto era stata
confermata quanto alla gravità indiziaria dallo stesso Tribunale del riesame).
Da tali telefonate, che venivano riportate nel ricorso, secondo la Procura della
Repubblica emergeva chiaramente la posizione di dipendenza del Vanacore dal
predetto Schiavone, e il Tribunale aveva omesso qualsiasi considerazione sul
contenuto di dette telefonate che costituivano il più grave elemento indiziario
raccolto a carico dell’indagato.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato.
1

carico del predetto il reato di concorso esterno al clan dei Casalesi, essendo

È pacifico che Vanacore Gennaro gestiva un bar, con annessa una sala giochi, in
Villa di Briano.
L’accusa nei suoi confronti è di aver gestito la suddetta sala giochi in stretto
collegamento con l’organizzazione di stampo mafioso denominata clan del
Casalesi, la quale – secondo l’accusa – riciclava proventi illeciti della sua attività
e si procurava cospicui guadagni organizzando case da gioco dove veniva
praticato il gioco d’azzardo.
Nella prospettiva accusatoria, l’organizzatore delle bische clandestine nel

Nell’ordinanza impugnata si mettono in luce due circostanze a carico del
Vanacore: in occasione della perquisizione della sala giochi da lui gestita, nella
stessa era stato sorpreso anche Schiavone Armando; da una conversazione
intercettata in data 19.2.2006 si poteva evincere che una parte dei proventi
della sala giochi del Vanacore veniva destinata al clan dei casalesi.
In questo quadro, appare evidente che assume notevole importanza, al fine di
accertare la sussistenza o meno della gravità indiziaria, l’analisi del contenuto
delle conversazioni telefoniche intercettate tra l’indagato e Schiavone Armando.
Del contenuto delle predette conversazioni, citate nell’ordinanza cautelare come
elementi a carico del Vanacore, nulla si dice nell’ordinanza impugnata, che
quindi ha completamente trascurato di valutare un importante elemento ai fini
dell’accertamento che doveva effettuare in merito alla gravità degli indizi a
carico del predetto.
Pertanto, l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale di
Napoli per nuovo esame.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Napoli.
Così deciso in Roma in data 10 gennaio 2014

territorio campano era, all’epoca dei fatti (2005-2006), Schiavone Armando.

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