Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4018 del 10/01/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 4018 Anno 2014
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: ZAMPETTI UMBERTO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
AMATO GIACOMO SALVATORE N. IL 07/01/1965
avverso l’ordinanza n. 133/2013 CORTE APPELLO di PALERMO, del
13/05/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO ZAMPETTI;
lette/Mio le conclusioni del PG Dott. 0–g’c1q R Cd -nR4tVa-~
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Uditi difensor Avv.;

d.-e

A–c.7z4.42

Data Udienza: 10/01/2014

Ritenuto in fatto
1. Con ordinanza in data 13.05.2013 la Corte d’assise d’appello di Palermo, in
funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza proposta ex art. 670 Cod.
proc. pen. da Giacomo Salvatore Amato volta ad ottenere la sostituzione della pena
dell’ergastolo con isolamento diurno, a lui comminata con sentenza 02.02.2004 di
quella stessa Corte, con quella di anni trenta di reclusione.L’istanza difensiva era basata sul principio di diritto affermato dalla CEDU nella

dell’art. 7 D.L. 341/2000, trattandosi di norma sostanziale e non processuale che
inasprisce il trattamento sanzionatorio previgente, costituisce violazione degli artt. 6
e 7 della Convenzione, e fondata poi sulla ritenuta necessità di adeguamento
nell’ordinamento interno per tutti i casi riconducibili a quello deciso dalla Corte
Europea nella citata sentenza.Rilevava invero la Corte territoriale :
– il giudizio di primo grado a carico dell’Amato (sentenza 19.05.2000 della Corte
d’assise di Trapani) si era svolto con le forme del rito ordinario, posto che la sua
richiesta di rito abbreviato era stata rigettata;
– la sentenza resa in sede di appello il 02.02.2004 era divenuta poi irrevocabile;
– ciò posto, non poteva farsi applicazione al caso di specie dei principi affermati
dalla CEDU nella sentenza 17.09.2009 (caso Scoppola c. Italia) che -sostiene la
Corte territoriale- non potevano avere efficacia erga omnes, posto che il Ganci non
aveva adito la Corte Europea, erano preclusi dal giudicato e comunque egli era stato
giudicato con rito ordinario.2.

Avverso tale ordinanza proponeva ricorso per cassazione l’anzidetto

condannato che motivava l’impugnazione deducendo violazione di legge, in
particolare argomentando -in sintesi- nei seguenti termini : premesso che la CEDU
aveva stabilito il divieto dell’irretroattività della legge successiva più severa e la
natura sostanziale delle norme che determinano le pene in caso di rito abbreviato,
doveva essere affermata l’illegalità della pena dell’ergastolo a lui irrogata, dunque da
sostituirsi con quella di anni trenta di reclusione, al fine di adeguare l’ordinamento ai
principi convenzionali.3.

Con articolata requisitoria il Procuratore generale presso questa Corte

sosteneva l’inammissibilità del ricorso dell’Amato, chiedendo la relativa declaratoria,
sul rilievo preliminare che questi non fu mai ammesso al rito abbreviato.1

sentenza 11.09.2009 (caso Scoppola c. Italia) secondo cui l’applicazione retroattiva

Considerato in diritto
1. Il ricorso, infondato, deve esser rigettato ancorché in esito a percorso
argomentativo parzialmente diverso da quello della Corte territoriale.2. Ed invero sul tema proposto dal ricorso deve essere dapprima ricordato come la
giurisprudenza di questa Corte -con affermazione che va qui ribadita- abbia in modo
unanime insegnato che il principio discendente dalla sentenza della CEDU sul caso
Scoppola c. Italia, su cui il ricorrente ha fondato la richiesta, si può applicare solo a

perché solo in quel caso, che dunque non può essere generalizzato, l’intervenuta
modifica legislativa ebbe a creare un irragionevole pregiudizio a carico dell’imputato
(sul punto, assolutamente pacifico, cfr. Rv. 254524, 254212, 254096, 251857,
253093, 252211; ecc.).In particolare va ricordato ancora come sui temi in questione, oggetto della
presente decisione, siano già intervenute due fondamentali decisioni delle Sezioni
Unite di questa Corte di Cassazione, entrambe pronunciate in data 19.04.2012, la n.
34233, in proc. Giannone (dep. il 07.09.2012) e la n. 34472, in proc. Ercolano (dep. il
10.09.2012), sentenze -che affrontano in modo esaustivo le varie problematiche- alle
quali il Collegio in convinta adesione si conforma.Orbene, va dapprima rilevato che -in via generale- “le decisioni della Corte EDU
che evidenziano una situazione di oggettivo contrasto della normativa interna
sostanziale con la Convenzione EDU assumono rilevanza anche nei processi diversi da
quello nell’ambito del quale è intervenuta la pronuncia della predetta Corte” (così la
predetta sentenza Ercolano, massima n. 252933).Di poi, sempre uniformandosi al dictum di questa Corte nella sua massima
espressione nomofilattica, va rilevato come, quanto al circoscritto aspetto della
determinazione della pena, l’art. 442 Cpp sia norma di diritto materiale (così
recependo la sostanza della decisione del caso Scoppola c. Italia).Va quindi ricordato come sia ormai pacifico che idoneo strumento di eventuale
adeguamento interno, al fine di garantire concreta applicazione al principio della
legalità della pena anche nella sua valenza convenzionale (e cioè dovendosi tenere
conto -anche in ossequio alle pronunce della Corte Costituzionale sul tema- dei
principi della Carta dei Diritti dell’Uomo quali espressi dalla CEDU), possa essere
l’incidente di esecuzione ex art. 670 Cpp, nell’ambito del quale superare -se del casoil giudicato.-

2

coloro che abbiano ottenuto il rito abbreviato nel periodo di vigenza della L. 479/99,

Tutto ciò premesso e ritenuto, va affermata la concreta inapplicabilità del principio
discendente dalla sentenza della CEDU in data 17.09.2009 (nel caso Scoppola c.
Italia) a tutte quelle situazioni che non siano sovrapponibili, nei loro elementi
essenziali aventi rilievo nello schema sopra illustrato, alla situazione valutata
dall’anzidetta Corte sopranazionale. In particolare -facendo sempre riferimento a
quanto è dato leggere nella citata sentenza Giannone delle SS.UU.- la conversione
della pena dell’ergastolo in quella di anni trenta è possibile, in sede esecutiva, solo
ove il rito abbreviato sia stato ammesso tra il 02 Gennaio ed il 24 Novembre 2000, e

esito al rito speciale, all’ergastolo si sostituisse la pena di anni trenta di reclusione),
mentre la decisione definitiva sia stata pronunciata dopo il 24.11.2000, con
applicazione del D.L. 341/2000 (che ripristinava l’ergastolo senza isolamento diurno).
Tutti i casi diversi da quello appena delineato, siccome strutturalmente non
riconducibili a quello per cui è stato espresso il principio, non possono dunque trovare
soluzione positiva, in mancanza dell’indefettibile presupposto logico-giuridico.La recente pronuncia della Corte Costituzionale n. 210/2013 non ha immutato tale
quadro sistematico che, in sostanza, è stato anzi convalidato.In base a quanto sopra, pertanto, il ricorso dell’Amato deve essere rigettato, posto
che la mancata ammissione al rito abbreviato (a suo tempo chiesto ma non
ammesso), secondo le regole processuali del tempo, non toccate dalla pronuncia
soprannazionale, ha consolidato il giudizio con rito ordinario (il che, nella fattispecie, è
dato processuale pacifico). Ed invero la natura sostanziale della diminuente premiale
per il rito abbreviato, predicata dalla CEDU, non implica la trasformazione della natura
processuale di tutta la restante normativa concernente i presupposti, i termini e le
modalità di accesso al rito in questione, rimessi alla scelta del legislatore nazionale,
aspetti non immutati dalla giurisprudenza comunitaria. In tal senso è assolutamente
evidente, dunque, che difettano completamente, nel caso del ricorrente, i presupposti
processuali per rendere concretamente operativi i principi espressi dalla CEDU nel
citato caso Scoppola, in ossequio al quadro sistematico discendente dalle sopra citate
sentenze Ercolano e Giannone delle Sezioni Unite di questa Corte di legittimità, come
del resto ribadito da questa Corte nelle sue numerose decisioni conformi su casi
analoghi.3. In definitiva il ricorso, infondato, deve essere respinto. Al completo rigetto
dell’impugnazione consegue ex lege, in forza del disposto dell’art. 616 Cod. proc.
pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.-

3

cioè nella vigenza dell’art. 30, comma 1, lett. b, L. 479/99 (che prevedeva che, in

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.Così deciso in Roma il 10 Gennaio 2014 Il Presidente

II Consigliere estensore

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