Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4017 del 10/01/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 4017 Anno 2014
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: CAIAZZO LUIGI PIETRO

Data Udienza: 10/01/2014

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PESCE EUGENIO N. IL 28/01/1966
avverso il decreto n. 1210/2012 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
08/01/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUIGI PIETRO
CAIAZZO;
letteAsedigitg le conclusioni del PG Dott.
(f9e-

Uditi difensor Avv.;

te-

RILEVATO IN FATTO
Con ordinanza in data 8.1.2013 la Corte d’appello di Napoli, in funzione di giudice
dell’esecuzione, dichiarava inammissibile l’istanza con la quale PESCE EUGENIO aveva chiesto
– in relazione alla condanna all’ergastolo con isolamento diurno per il periodo di cinque mesi
inflittagli dalla Corte di assise d’appello di Napoli con sentenza in data 6.3.2008, divenuta
definitiva 1’11.12.2008 – la sostituzione di detta pena con quella di trent’anni di reclusione.
La Corte d’appello riteneva che nei confronti del Pesce non fosse applicabile la decisione della

dallo stabilire un generale divieto di irrogazione della pena dell’ergastolo, si riferiva alle limitate
ipotesi di imputati che avevano chiesto di essere giudicati con il rito abbreviato prima
dell’entrata in vigore del D.L. n.341/2000.
Peraltro, i principi della menzionata sentenza della Corte EDU non erano applicabili al Pesce,
poiché lo stesso non aveva mai chiesto di essere giudicato con il rito abbreviato e il processo
nei suoi confronti era stato celebrato con il rito ordinario.

Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione Pesce Eugenio personalmente,
chiedendone l’annullamento per erronea applicazione delle legge penale.
La Corte di assise d’appello di Napoli, ex art. 587 c.p.p., avrebbe dovuto estendere al
ricorrente la diminuente prevista per il rito abbreviato, in quanto la stessa era stata
riconosciuta al coimputato Pesce Luigi.
Secondo la giurisprudenza, se viene riconosciuta nei confronti di un imputato la sussistenza
delle condizioni per accedere al rito abbreviato negato dal giudice di primo grado, anche al
coimputato che non ha proposto detto motivo deve essere riconosciuta la diminuente
dell’art.442 c.p.p..
Con motivi nuovi il ricorrente ha sostenuto che i principi della decisione della Corte europea dei
diritti dell’uomo in data 17.9.2009 sul caso Scoppola dovevano essere applicati anche nei
confronti di tutti coloro che si erano trovati nelle stesse condizioni a seguito dell’entrata in
vigore del D.L. 341/2000, che aveva modificato in peius la riduzione di pena per la scelta del
rito abbreviato, in caso di condanna alla pena dell’ergastolo inasprito dall’isolamento diurno.
I reati per i quali il ricorrente era stato giudicato con la suddetta sentenza erano stati
commessi nel luglio-agosto 2000, quando era in vigore la legge 479/1999 che prevedeva, in
caso di scelta del rito abbreviato, la sostituzione della pena dell’ergastolo (anche inasprito da
un periodo di isolamento diurno) con la pena di trent’anni di reclusione.
Il ricorrente non aveva potuto chiedere di essere ammesso al rito abbreviato, poiché aveva
presentato istanza di remissione del processo ad altro giudice.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato.

1

Corte EDU in data 19.9.2009 sul caso Scoppola contro Italia, in quanto detta decisione, lungi

È del tutto infondata la richiesta di estensione ex art.587 c.p.p. della diminuente di cui
all’art.442 c.p.p. riconosciuta a un coimputato, per l’ovvia ragione che il ricorrente – come lo
stesso ha riconosciuto – non ha mai chiesto di essere ammesso al rito abbreviato.
Nel caso di specie mancano i presupposti per l’applicazione della decisione emessa dalla Corte
Edu in data 17.9.2009 nel caso Scoppola, poiché il ricorrente non risulta essere stato
ammesso, nel suddetto processo in cui ha riportato la condanna all’ergastolo con isolamento
diurno per il periodo di mesi cinque, al giudizio abbreviato.

abbreviato, con l’aspettativa di vedersi sostituire la condanna alla pena dell’ergastolo inasprito
dall’isolamento diurno con la pena di trent’anni di reclusione – si è visto, per l’intervento di una
legge entrata in vigore successivamente alla sua ammissione al giudizio abbreviato,
condannato alla pena dell’ergastolo, e quindi l’ammissione al rito abbreviato – causa una
modifica legislativa intervenuta nel corso del processo – ha comportato solo l’eliminazione
dell’isolamento diurno, lasciando ferma la condanna all’ergastolo.
Per inquadrare il significato della decisione della Corte europea dei diritti dell’uomo nel caso
Scoppola, si deve premettere che con la legge 16.12.1999 n.479 (c.d. legge Carotti, entrata in
vigore il 2.1.2000) è stato consentito agli imputati di accedere al rito abbreviato anche per i
delitti per i quali era comminata la pena dell’ergastolo, stabilendo all’art. 442/2 c.p.p. che in
caso di scelta da parte dell’imputato del giudizio abbreviato “alla pena dell’ergastolo è
sostituita quella della reclusione di anni trenta” (questa previsione, già contenuta nel suddetto
articolo del codice di rito quando detto codice è entrato in vigore, era stata dichiarata
illegittima dalla sentenza della Corte costituzionale n.176/1991, poiché la legge delega del
codice di procedura penale non aveva previsto il giudizio abbreviato per i reati puniti con la
pena dell’ergastolo).
Con decreto legge emanato pochi mesi dopo (D.L. 7.4.2000 n. 82, convertito nella legge
n.144/2000) è stato consentito, a determinate condizioni, anche agli imputati dei processi in
corso (i quali, per la normativa vigente prima della Carotti, non avevano potuto accedere al
suddetto rito) di essere giudicati con il rito abbreviato, e quindi di usufruire dello sconto di
pena previsto per la scelta del predetto rito.
L’aspettativa degli imputati di ottenere – scegliendo di essere giudicati con il rito abbreviato la sostituzione della condanna all’ergastolo, inasprito dall’isolamento diurno, con quella a
trent’anni di reclusione è stata frustrata dall’entrata in vigore del Decreto Legge 24.11.2000 n.
341 (convertito nella legge n.4/2001) che conteneva nel capo III (intitolato: interpretazione
autentica dell’art. 442 comma 2 c.p.p. e disposizioni in materia di giudizio abbreviato nei
processi per i reati puniti con l’ergastolo) all’art. 7 le seguenti norme:
1. Nell’articolo 442, comma 2, ultimo periodo, del codice di procedura penale, l’espressione
“pena dell’ergastolo” deve intendersi riferita all’ergastolo senza isolamento diurno.

2

La suddetta decisione della Corte EDU, infatti, riguarda solo il caso di chi – ammesso al giudizio

2. All’art. 442, comma 2, del codice di procedura penale, è aggiunto, in fine, il seguente
periodo: “alla pena dell’ergastolo con isolamento diurno, nei casi di concorso di reati e di reato
continuato, è sostituita quello dell’ergastolo”.
A seguito dell’entrata in vigore del D.L. 341/2000, l’imputato Scoppola che aveva chiesto ed
ottenuto di essere giudicato con il rito abbreviato dopo l’entrata in vigore della legge Carotti, in
sede di appello – poiché la pena dell’ergastolo inflittagli nel primo grado di giudizio era stata
inasprita dall’isolamento diurno – ha visto ridotta la pena all’ergastolo con la sola eliminazione

Il predetto si è rivolto alla Corte europea dei diritti dell’uomo, lamentando la violazione della
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, e la Grande Camera della Corte
Europea dei diritti dell’uomo, con decisione in data 17.9.2009, ha accertato la non equità del
trattamento sanzionatorio, perché inflitto in violazione degli artt. 6 e 7 della suddetta
Convenzione, essendo stato condannato lo Scoppola dalla Corte di assise d’appello di Roma
con sentenza in data 10.1.2002 all’ergastolo, nonostante lo stesso avesse la legittima
aspettativa di non subire una pena superiore a trent’anni di reclusione, per aver scelto di
essere giudicato con un rito che, nel momento in cui era stato chiesto, prevedeva la
sostituzione della pena dell’ergastolo con quella di trent’anni di reclusione.
La Corte EDU, con la suddetta decisione, ha ritenuto che la modifica dell’art.442/2 c.p.p., come
introdotta dalla legge Carotti, non presentasse alcuna ambiguità, in quanto indicava
chiaramente che la pena dell’ergastolo era sostituita da quella della reclusione ad anni trenta,
senza alcuna distinzione tra la condanna all’ergastolo con o senza isolamento diurno.
Quindi la specificazione introdotta dal D.L. 341/2000, secondo la Corte EDU, doveva essere
considerata non l’interpretazione autentica della suddetta norma introdotta dalla legge Carotti,
ma una nuova norma che stabiliva la riduzione di pena da applicare, per la scelta del rito
abbreviato, in caso di condanna alla pena dell’ergastolo con isolamento diurno.
La suddetta Corte ha anche precisato che la norma in questione ha natura sostanziale e non
processuale, e quindi non poteva essere applicata retroattivamente per il principio secondo il
quale, se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica

dell’isolamento diurno.

quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo.
Lo Stato italiano si è adeguato alla decisione della Corte EDU, sostituendo nei confronti dello
Scoppola la pena dell’ergastolo con quella di trent’anni di reclusione.
E’ quindi evidente che presupposto essenziale per chiedere l’estensione degli effetti della
sentenza Scoppola è l’ammissione al rito abbreviato, mentre non possono avere alcun rilievo le
ragioni per le quali il ricorrente non è stato ammesso al suddetto rito, essendo dette ragioni
ormai indiscutibili per l’avvenuto passaggio in giudicato delle sentenze.
La mancata ammissione al rito abbreviato non consente lo sconto di pena previsto per la scelta
del predetto rito speciale, e quindi il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e, in mancanza di prova circa l’assenza di colpa nella
3

f-‘

proposizione dell’impugnazione (Corte Costituzionale, sent. N. 186 del 2000), al versamento
della somma alla Cassa delle Ammende indicata nel dispositivo, ritenuta congrua da questa
Corte.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Così deciso in Roma in data 10 gennaio 2014

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