Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 40083 del 21/03/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 40083 Anno 2014
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: DUBOLINO PIETRO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MARONGIU RITA N. IL 06/05/1963
avverso la sentenza n. 681/2008 CORTE APPELLO di CAGLIARI, del
11/07/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIETRO DUBOLINO;

Data Udienza: 21/03/2014

CONSIDERATO IN DIRITTO:
– che il ricorso va dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza, giacchè, non
contestandosi la correttezza della ricostruzione del fatto nei termini illustrati nella
sentenza impugnata, appare di tutta evidenza che ben a ragione la corte di merito ha
ritenuto la sussistenza del necessario “quid pluris” rispetto alla ordinaria materialità
del fatto, avendo l’imputata compiuto l’azione furtiva con rapidità ed accortezza tali
da eludere l’incombente pericolo che, cessata (come poteva avvenire da un attimo
all’altro) la causa della momentanea distrazione della persona offesa, quest’ultima
potesse avere percezione di detta azione e potesse quindi intervenire per bloccarla;
– che la ritenuta inammissibilità del ricorso comporta le conseguenze di cui all’art.
616 c.p.p., ivi compresa, in assenza di elementi che valgano ad escludere ogni profilo
di colpa, anche l’applicazione della prescritta sanzione pecuniaria, il cui importo
stimasi equo fissare in euro mille;
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento nonché al versamento della somma di euro mille alla cassa
delle amm nde.
Così de s. in rom. il 21 marzo 2014
st ore

RILEVATO IN FATTO:
– che con l’impugnata sentenza, in conferma di quella di primo grado, MARONGIU
Rita fu ritenuta responsabile di furto aggravato da destrezza in danno di Anedda
Giuseppina, titolare di un negozio di articoli di abbigliamento, alla quale, secondo la
ricostruzione accusatoria, aveva sottratto alcuni capi di vestiario profittando della sua
momentanea distrazione, essendo la stessa Anedda impegnata a riscuotere il prezzo di
altra merce acquistata da altri clienti;
– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, con atto a propria
firma, l’imputata, denunciando violazione di legge in ordine alla ritenuta sussistenza
dell’aggravante della destrezza, sull’assunto, in sintesi e nell’essenziale, che non
sarebbe stata provata, nella specie, l’esistenza di quel “quid pluris” che, secondo
l’orientamento più volte espresso da giurisprudenza di legittimità, sarebbe necessario,
rispetto alla “ordinaria materialità del fatto — reato”, per rendere configurabile
l’aggravante in questione;

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