Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4008 del 10/01/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 4008 Anno 2014
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: ZAMPETTI UMBERTO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GANCI STEFANO N. IL 12/02/1962
avverso l’ordinanza n. 24/2011 CORTE ASSISE APPELLO di
PALERMO, del 28/09/2011
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO ZAMPETTI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. C” /OrcEPPE c/oLP E

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Data Udienza: 10/01/2014

Ritenuto in fatto
1. Con ordinanza in data 28.09.2011 la Corte d’assise d’appello di Palermo, in
funzione di giudice dell’esecuzione, dichiarava inammissibile l’istanza proposta ex
art. 670 Cod. proc. pen. da Stefano Ganci volta ad ottenere la sostituzione della
pena dell’ergastolo, a lui comminata con sentenza 20.09.2002 di quella stessa Corte,
con quella di anni trenta di reclusione.L’istanza difensiva era basata sul principio di diritto affermato dalla CEDU nella

dell’art. 7 D.L. 341/2000, trattandosi di norma sostanziale e non processuale che
inasprisce il trattamento sanzionatorio previgente, costituisce violazione degli artt. 6
e 7 della Convenzione, e fondata poi sulla ritenuta necessità di adeguamento
nell’ordinamento interno per tutti i casi riconducibili a quello deciso dalla Corte
Europea nella citata sentenza.Rilevava invero la Corte territoriale :
– il giudizio di primo grado a carico del Ganci si era svolto con le forme del rito
abbreviato, ottenuto in base al D.L. 82/2000, che, al momento della richiesta,
prevedeva che alla pena dell’ergastolo dovesse essere sostituita la pena di anni
trenta di reclusione; peraltro la sentenza della Corte d’assise, resa in data
04.02.2001, aveva applicato l’art 7 del sopravvenuto D.L. 24.11.2000 n. 341 che
prevedeva che, in caso di condanna all’ergastolo con isolamento diurno, si dovesse
applicare, in esito a rito abbreviato, la pena dell’ergastolo;
– tale pronuncia di primo grado era stata confermata in sede di appello con
sentenza 20.09.2002, divenuta poi irrevocabile;
– ciò posto, non poteva farsi applicazione al caso di specie dei principi affermati
dalla CEDU nella sentenza 17.09.2009 (caso Scoppola c. Italia) che -sostiene la
Corte territoriale- non potevano avere efficacia erga omnes, posto che il Ganci non
aveva adito la Corte Europea, ed erano preclusi dal giudicato.2. Avverso tale ordinanza proponeva ricorso per cassazione l’anzidetto
condannato che motivava l’impugnazione deducendo violazione di legge, in
particolare argomentando -in sintesi- nei seguenti termini : premesso che la CEDU
aveva stabilito il divieto dell’irretroattività della legge successiva più severa e la
natura sostanziale delle norme che determinano le pene in caso di rito abbreviato,
doveva essere affermata l’illegalità della pena dell’ergastolo a lui irrogata, dunque da
sostituirsi con quella di anni trenta di reclusione, al fine di adeguare l’ordinamento ai
principi convenzionali.1

sentenza 11.09.2009 (caso Scoppola c. Italia) secondo cui l’applicazione retroattiva

3.

Con articolata requisitoria il Procuratore generale presso questa Corte

sosteneva la fondatezza del ricorso del Ganci, chiedendo la sostituzione della pena
dell’ergastolo con quella di anni trenta di reclusione.Considerato in diritto
1. Il ricorso, fondato sulla base delle seguenti motivazioni, deve essere accolto.2. Ed invero sul tema proposto dal ricorso deve essere dapprima ricordato come

modo unanime insegnato che il principio discendente dalla sentenza della CEDU sul
caso Scoppola c. Italia, su cui il ricorrente ha fondato la richiesta, si può applicare solo
a coloro che abbiano ottenuto il rito abbreviato nel periodo di vigenza della L. 479/99,
perché solo in quel caso (che dunque non può essere generalizzato) l’intervenuta
modifica legislativa, con l’introduzione del D.L. 341/2000, ebbe a creare un
irragionevole pregiudizio a carico dell’imputato (sul punto, assolutamente pacifico, cfr.
Rv. 254524, 254212, 254096, 251857, 253093, 252211; ecc.).In particolare va ricordato ancora come sui temi in questione, oggetto della
presente decisione, siano già intervenute due fondamentali decisioni delle Sezioni
Unite di questa Corte di Cassazione, entrambe pronunciate in data 19.04.2012, la n.
34233, in proc. Giannone (dep. il 07.09.2012) e la n. 34472, in proc. Ercolano (dep. il
10.09.2012), sentenze -che affrontano in modo esaustivo le varie problematiche- alle
quali il Collegio in convinta adesione si conforma.Orbene, va dapprima rilevato che -in via generale- “le decisioni della Corte EDU
che evidenziano una situazione di oggettivo contrasto della normativa interna
sostanziale con la Convenzione EDU assumono rilevanza anche nei processi diversi da
quello nell’ambito del quale è intervenuta la pronuncia della predetta Corte” (così la
predetta sentenza Ercolano, massima n. 252933).Di poi, sempre uniformandosi al dictum di questa Corte nella sua massima
espressione nomofilattica, va rilevato come, quanto al circoscritto aspetto della
determinazione della pena, l’art. 442 Cpp sia norma di diritto materiale (così
recependo la sostanza della decisione del caso Scoppola c. Italia).Va quindi ricordato come sia ormai pacifico che idoneo strumento di eventuale
adeguamento interno, al fine di garantire concreta applicazione al principio della
legalità della pena anche nella sua valenza convenzionale (e cioè dovendosi tenere
conto -anche in ossequio alle pronunce della Corte Costituzionale sul tema- dei
principi della Carta dei Diritti dell’Uomo quali espressi dalla CEDU), possa essere

2

la giurisprudenza di questa Corte -con affermazione che va qui ribadita- abbia in

l’incidente di esecuzione ex art. 670 Cpp, nell’ambito del quale superare -se del casoil giudicato.Va infine rilevato come la recente pronuncia della Corte Costituzionale n.
210/2013 non abbia immutato tale quadro sistematico che, in sostanza, è stato anzi
convalidato.3. Tutto ciò premesso e ritenuto, va affermata la concreta applicabilità del
principio discendente dalla sentenza della CEDU in data 17.09.2009 (nel caso

esame, che siano sovrapponibili, nei loro elementi essenziali aventi rilievo nello
schema sopra illustrato, alla situazione valutata dall’anzidetta Corte sopranazionale.
In particolare -facendo sempre riferimento a quanto è dato leggere nella citata
sentenza Giannone delle SS.UU.- la conversione della pena dell’ergastolo in quella di
anni trenta è dovuta, in sede esecutiva, nel caso in cui il rito abbreviato sia stato
ammesso tra il 02 Gennaio ed il 24 Novembre 2000, e cioè nella vigenza dell’art. 30,
comma 1, lett. b, L. 479/99 (che prevedeva che, in esito al rito speciale, all’ergastolo
si sostituisse la pena di anni trenta di reclusione), mentre la decisione definitiva sia
stata pronunciata dopo il 24.11.2000, con applicazione del D.L. 341/2000 (che
ripristinava l’ergastolo senza isolamento diurno).E’ dunque evidente che, in base a quanto sopra, il ricorso del Ganci deve essere
accolto, rientrando la sua situazione processuale, in ordine alla pronuncia per cui è
stato proposto l’incidente di esecuzione, nei parametri sopra individuati. Per
conseguenza la pena dell’ergastolo, a lui irrogata con sentenza definitiva della Corte
d’assise d’appello di Palermo in data 20.09.2002, deve essere sostituita, previo
annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata, con quella di anni 30 (trenta) di
reclusione.P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata determinando la pena in anni trenta di
reclusione in sostituzione di quella dell’ergastolo.Così deciso in Roma il 10 Gennaio 201kIl Consigliere estensore

Il Presidente

Scoppola c. Italia) a tutte quelle situazioni, come quella relativa al Ganci ora in

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