Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 40044 del 09/04/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 40044 Anno 2014
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: POSITANO GABRIELE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PICCOLO ANTONIO N. IL 20/11/1956
avverso la sentenza n. 8835/2013 CORTE DI CASSAZIONE di ROMA,
del 22/05/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Data Udienza: 09/04/2014

Uditi difensor Avv.;

4724

Il Procuratore Generale della Corte di Cassazione, dr Francesco Salzano ha concluso chiedendo
l’inammissibilità del ricorso.
Per il ricorrente è presente l’Avvocato Vincenzo Maiello, il quale chiede l’accoglimento del
ricorso.

RITENUTO IN FATTO

sentenza emessa dalla Corte di Cassazione all’udienza del 22 maggio 2013, che
confermava la decisione di condanna all’ergastolo adottata dalla Corte di Assise
d’Appello di Napoli del 20 giugno 2012, con la quale era stata riformata la sentenza di
assoluzione, con la formula per non aver commesso il fatto, adottata dalla Corte di
Assise di Napoli il 25 ottobre 2010.
2. Il ricorso riguarda due punti della decisione impugnata: in particolare pagina 19, punto
9.2.1. e pagina 20, punto 9.2.2.
3. Piccolo Antonio è stato ritenuto responsabile, in concorso con altri, in qualità di
esecutore materiale, dell’omicidio di Viterbo Gustavo, aggravato dal numero delle
persone, dalla premeditazione, dall’articolo 7 del decreto legge n. 152/1991 e da motivi
abbietti di supremazia camorristica, oltre che delle lesioni gravi cagionate, nel
medesimo contesto, a Migliardi Mario, detenzione, porto di armi ed utilizzo delle stesse
in luogo pubblico, con le medesime aggravanti, per un fatto verificatosi in Santa
Anastasia il 20 marzo 2004.
4. In primo grado era stato assolto dalla Corte di Assise di Napoli, mentre la decisione è
stata radicalmente riformata in grado di appello e all’imputato è stata inflitta la pena
dell’ergastolo, con isolamento diurno per mesi quattro e pene accessorie.
5. Con la prima doglianza la difesa lamenta la sussistenza di un errore di fatto, rilevante ai
sensi dell’articolo 625 bis del codice di rito, per la mancata valutazione da parte della
Corte territoriale della rilevanza causale del contributo materiale del Piccolo all’omicidio.

1. Il difensore di Piccolo Antonio propone ricorso straordinario per cassazione contro la

6. Con la seconda doglianza deduce l’errore di percezione del materiale probatorio decisivo
riguardo alla circostanza, supposta dalla Corte territoriale, che Piccolo Antonio avrebbe
messo nuovamente a disposizione dei killer la propria abitazione per reiterare il
tentativo di uccisione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
La sentenza impugnata non merita censura.
1. Preliminarmente va richiamato il principio secondo cui, in tema di ricorso straordinario,
l’errore di fatto che può essere rilevato è solo quello decisivo, che abbia condotto ad
una pronunzia diversa da quella che sarebbe stata adottata se esso non fosse occorso e
l’onere della prova dell’essenzialità dell’errore ricade sul ricorrente (Sez. 4, n. 6770 del7j,6

17/01/2008 – dep. 13/02/2008, Romano, Rv. 239037; Sez. 5, n. 20520 del 20/03/2007
– dep. 25/05/2007, Pecoriello, Rv. 236731).
2. In tale ristretto perimetro opera la valutazione della Corte di Cassazione.
3. Con la prima doglianza la difesa evidenzia che, nel paragrafo indicato nello svolgimento
del processo, la Corte di Cassazione, nel rilevare la natura di merito delle
argomentazioni difensive, in quanto tese a valutare differentemente gli elementi di
prova richiamati al fine di accreditare uno svolgimento della vicenda alternativo a quello
logicamente ritenuto nella sentenza impugnata, avrebbe ritenuto “lodevolmente

esaustiva la motivazione del giudice territoriale”. Al contrario, tale valutazione
costituirebbe un errore di fatto, rilevante ai sensi dell’articolo 625 bis del codice di rito,
poiché la Corte territoriale non avrebbe, invece, approfondito la rilevanza causale del
contributo materiale di Piccolo all’omicidio. Secondo la difesa, l’eventuale apporto
dell’imputato appare sfornito di ogni rilevanza causale nell’economia dell’illecito
concorsuale, poiché tale contributo sarebbe consistito nell’ospitalità assicurata presso la
sua abitazione al gruppo di fuoco, dalla quale non derivò alcuna condotta illecita, poiché
il gruppo decise di riprogrammare l’assassinio per il giorno seguente utilizzando come
base di partenza un’altra abitazione.
4. Il motivo è destituito di fondamento, poiché attraverso l’apparente prospettazione di un
errore di fatto, la difesa intende ribadire le medesime considerazioni poste a base del
primo motivo di ricorso esaminato dalla Corte di Cassazione al paragrafo 9.1.1.
5. In ogni caso, e sotto altro profilo, la doglianza è frutto di una valutazione distorta del
paragrafo oggetto di specifica censura (secondo periodo del paragrafo 9.2.1.) essendo
evidente che “la lodevole ed esaustiva motivazione del giudice territoriale” riguarda gli
elementi di prova costituiti dalle dichiarazioni dei collaboranti. Infatti, nel passaggio
successivo, la Corte di Cassazione chiarisce che i dichiaranti, Di Grazia Riccardo e
Caniello Carmine, hanno affermato che Piccolo Antonio era presente presso la sua
abitazione il giorno precedente quello dell’omicidio e tali affermazioni, riferite al giorno
precedente, hanno trovato conferma nelle dichiarazioni collaborative di Cantone
Luciano, che ha anche individuato le ragioni della reticenza, sul punto, di altri
concorrenti all’omicidio, proprio in ragione del ruolo apicale di Piccolo e dell’esigenza di
tutela dello stesso da parte degli altri concorrenti.
6. Come correttamente evidenziato dal Procuratore Generale in udienza, la messa a
disposizione dell’immobile, in occasione del primo tentativo di intervento del gruppo
criminale, non è in contestazione, mentre riguardo al secondo agguato, la Corte si è
limitata a riferire che l’appartamento del Piccolo era a disposizione del sodalizio
criminale, ma non anche che l’immobile venne effettivamente utilizzato dal gruppo.

d

7. Ciò premesso, va rilevato che dalle risultanze processuali non emerge in maniera _
incontrovertibile che quanto affermato dalla Corte di Cassazione, riguardo alla ‘
disponibilità prestata dall’imputato, anche in occasione del secondo evento, costituisca

una circostanza oggettivamente non vera, ed anzi emergono elementi di senso
contrario. Il riferimento operato dalla Corte di legittimità alla predetta ripetuta
disponibilità può trovare adeguato riscontro nel richiamo alle dichiarazioni auto ed etero
accusatorie di Sarno Luciano, riscontrate, come si legge a pag. 20 della decisione
impugnata, dalle chiamate in correità di Di Grazia Riccardo e Caniello Carmine, oltre che
Cantone Luciano. Sarno, come documentato dallo stesso ricorrente nei motivi di appello
e riportato dalla Corte di Cassazione nella sentenza impugnata (pag. 19), ha riferito di

del gruppo di fuoco la sua casa. Tale dichiarazione di Sarno è in linea con quanto
affermato dalla Corte nella parte motiva, riguardo alla circostanza che “la sua casa era
anche allora (il secondo giorno) a disposizione del gruppo”, anche se non venne
utilizzata. Infatti, sulla base della ricostruzione della vicenda operata da Di Grazia
Riccardo, in occasione del secondo agguato, il gruppo era composto, oltre che dal
dichiarante, dal ricorrente (detto Schizziatello), da “O’Giappone” (tal Ciliberti), dal
cugino di Di Grazia, dal cugino di Viterbo (la vittima) e da tal Pepesce (Coppola
Salvatore). Il gruppo attese Viterbo Gustavo dalla mattina sino alle 21/21.30 a casa di
O’Giappone e, dopo quell’ora, a casa di Pepesce.
8. Per il resto, con le ulteriori doglianze si chiede di rivedere e approfondire la rilevanza
causale del contributo materiale di Piccolo all’omicidio. Si tratta di censure che esulano
dall’ambito del ricorso straordinario per errore materiale o di fatto, che non può avere
ad oggetto la deduzione di un’errata valutazione degli elementi probatori, che deve
essere fatta valere, pur quando si risolva in un travisamento del fatto o della prova,
nelle forme e nei limiti delle impugnazioni ordinarie (Sez. 2, n. 23417 del 23/05/2007 dep. 14/06/2007, Previti e altri, Rv. 237161) e neppure può riguardare un vizio della
motivazione in ordine la rilevanza causale del contributo materiale di Piccolo
all’omicidio.
9. La seconda doglianza riguarda il punto 9.2.2. della decisione, nel quale la Corte deduce
che il ricorrente “mise a disposizione il suo alloggio, come base di partenza del gruppo
di fuoco, non soltanto per il giorno in cui l’ospitalità si concretizzò, ma anche per il
giorno successivo, giacché la sua casa era anche allora a disposizione del gruppo, il
quale ritenne più utile avvalersi di altra abitazione”. La difesa evidenzia che da nessuno
degli atti di causa emergerebbe che la sera del fallito attentato, Piccolo Antonio mise
nuovamente a disposizione dei killer la propria abitazione per reiterare il tentativo di
uccisione. In particolare, secondo la difesa, il giorno successivo al primo tentativo, cioè
il sabato, il ricorrente non avrebbe spiegato più alcun ruolo, e gli ideatori ed esecutori
dell’omicidio decisero di attentare alla vita del Viterbo utilizzando come base l’abitazione
di due differenti persone. Ricorrerebbe, pertanto, l’ipotesi di errore di percezione del
materiale posto a base del giudizio di legittimità, costituente un fatto decisivo,
affermato dalla Corte, ed al contrario, certamente inesistente.

una riunione organizzativa nella quale venne richiesto a Piccolo di porre a disposizione

10.Quanto al secondo motivo di ricorso, se ne deve dichiarare l’infondatezza poiché gli
asseriti errori di fatto non avrebbero, comunque, influito in maniera determinante sulla
decisione impugnata. Ed invero, in tema di ricorso straordinario, l’errore di fatto può
comportare l’annullamento della sentenza impugnata solo se ha avuto effetto decisivo
sull’esito del processo (Sez. 4, n. 15137 del 08/03/2006 – dep. 03/05/2006, Petrucci,
Rv. 233963; conf. Sez. 1, n. 15422 del 10/02/2010 – dep. 22/04/2010, Cillari, Rv.
247236); l’errore che può essere rilevato ai sensi dell’art. 625 bis cod. proc. pen. è solo

stata adottata se esso non fosse occorso. (Sez. 4, n. 6770 del 17/01/2008 – dep.
13/02/2008, Romano, Rv. 239037); dimostrare che l’errore è stato decisivo per l’esito
del giudizio era onere del ricorrente (Sez. 5, n. 20520 del 20/03/2007 – dep.
25/05/2007, Pecoriello, Rv. 236731), che non lo ha assolto, se non in via meramente
assertiva e, pertanto, insufficiente.
11 Come evidenziato, la Corte di Cassazione consapevolmente afferma che Piccolo Antonio
mise a disposizione il proprio alloggio come base di partenza del gruppo di fuoco, non
soltanto per il giorno in cui l’ospitalità si concretizzò, con ciò evidenziando di avere ben
valutato i dati probatori, distinguendo l’utilizzo effettivo della abitazione quale base di
partenza, dalla mera disponibilità, aggiungendo che la “messa a disposizione
dell’alloggio” riguardò anche il giorno successivo, giacché tale immobile anche allora era
a disposizione del gruppo, il quale ritenne, invece, più utile avvalersi di altra abitazione.
La Corte chiarisce che l’esecuzione materiale dell’omicidio si protrasse, senza soluzione
di continuità, per due giorni, alla ricerca della vittima e del momento propizio per agire.
Nel primo giorno fu effettivamente utilizzata l’abitazione di Piccolo Antonio, mentre nel
secondo giorno il gruppo ritenne opportuno fare riferimento a due diversi immobili. La
motivazione della Corte riguarda la messa a disposizione dell’alloggio per entrambi i
giorni, precisando che solo nel primo giorno l’ospitalità si è concretizzata, mentre nel
secondo giorno, nonostante la permanente disponibilità, l’alloggio non è stato utilizzato.
12.La Corte di Cassazione richiama la deposizione di Di Grazia Riccardo (a pag. 20) e
Caniello Carmine (a pag. 20 e a pag. 4, con riferimento al ruolo specifico di Piccolo).
Entrambi riconoscono la presenza del ricorrente nei momenti in cui il gruppo di fuoco si
apprestava ad attentare alla vita della vittima designata (Viterbo Gustavo). In
particolare, per Di Grazia, dal contenuto delle dichiarazioni da questi rese all’udienza del
17 settembre 2008 e riportate per esteso dallo stesso ricorrente in questa sede, emerge
con chiarezza che anche in occasione del secondo episodio era presente Piccolo
(riferendosi alla seconda giornata, dichiara: “siamo andati sempre come primo appoggio
a casa di questo ‘O Giappone’, poi da là, nel pomeriggio, siamo andati via e siamo
andati a casa di tale Pepesce….io, lui (Pepesce), o’Schizzatiello…”), chiarendo che “O
Schizziatello” era Piccolo Antonio.

quello decisivo, che abbia condotto ad una pronunzia diversa da quella che sarebbe

13.Quindi, il secondo giorno il gruppo era costituito dallo stesso Di Grazia, da tale Pepesce,
da Piccolo Antonio, detto o’Schizziatello e da altri, e il gruppo attese presso la casa di
Pepesce il momento più propizio per assassinare Viterbo Gustavo. Al gruppo si aggiunse
poi anche Caramella Salvatore.
14. Pertanto se dalle risultanze processuali emerge che Piccolo partecipò al gruppo che
attendeva Viterbo il giorno dell’omicidio (ed il giorno precedente), la questione relativa
alla messa a disposizione dell’appartamento diventa non decisiva ai sensi dell’art. 625

Infatti, non è deducibile ai sensi dell’art. 625 bis cod.proc.pen., la mancata disamina di
doglianze non decisive, o che debbono essere considerate implicitamente disattese, in
quanto incompatibili con la struttura e con l’impianto della motivazione, nonchè con le
premesse essenziali, logiche e giuridiche, che compendiano la “ratio decidendi” della
sentenza medesima. Pertanto è onere del ricorrente dimostrare che la doglianza era
invece decisiva, per cui il suo omesso esame è conseguenza di un sicuro errore di
percezione. (Sez. 5, n. 20520 del 20/03/2007 – dep. 25/05/2007, Pecoriello, Rv.
236731)
15.Alla pronuncia di rigetto consegue ex art. 616 cod. proc. pen, la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali.
16.La Cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’articolo 94, comma 1 ter, delle
disposizioni di attuazione del codice di procedura penale.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 09/04/2014
Il Consigliere estensore

Il Pr

bis c.p.p, rendendo inammissibile il ricorso con riferimento a tale secondo motivo.

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