Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 400 del 29/09/2017


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 400 Anno 2018
Presidente: TARDIO ANGELA
Relatore: ESPOSITO ALDO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
BATTISTA DANIELA nato il 16/06/1978 a NAPOLI

avverso l’ordinanza del 01/12/2016 del TRIBUNALE di NAPOLI
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere ALDO ESPOSITO;

Data Udienza: 29/09/2017

RILEVATO IN FATTO

Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Napoli, quale giudice
dell’esecuzione, ha rigettato la richiesta avanzata da Battista Daniela, finalizzata
a ottenere l’applicazione della disciplina della continuazione ai sensi dell’art. 671
cod. proc. pen., in relazione alle sentenze presupposte ivi indicate, ritenendo
ostativi all’applicazione della continuazione i seguenti

elementi i il carattere

estemporaneo dei reati di evasione e il distacco temporale tra i reati di rapina.

Cassazione per violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione all’omesso
riconoscimento della continuazione in sede esecutiva, che si impone tenuto conto
della ridotta distanza temporale tra i reati di evasione e della natura omogenea
delle violazioni contro il patrimonio.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è manifestamente infondato.
Il ricorso proposto, più che individuare singoli aspetti del provvedimento
impugnato da sottoporre a censura giurisdizionale, tende a provocare una nuova,
non consentita, valutazione delle circostanze di fatto già correttamente vagliate
dal giudice dell’esecuzione.
L’ordinanza impugnata, invero, ha correttamente valutato il contenuto delle
condotte delittuose presupposte, escludendo che tali reati si connotassero per
l’unitarietà del programma sottostante, da non confondere con la sussistenza di
una concezione di vita improntata al crimine, anche tenuto conto della non
riconducibilità delle attività illecite, neppure astrattamente, a una preordinazione
k.s.

criminosa, tenuto conto della írnalizzazione diametralmente opposta dette
cargiatt

e, nei termini processuali corretta mente esplicitati nel

provvedimento impugnato.
La reiterazione della condotta criminosa, peraltro, non può essere
espressione di un programma di vita improntata al crimine e che dal crimine
intende trarre sostentamento, venendo sanzionata da istituti quali la recidiva,
l’abitualità, la professionalità nel reato e la tendenza a delinquere, secondo un
diverso e opposto parametro rispetto a quello sotteso all’istituto della
continuazione, preordinato al

favor rei (Sez. 5, n. 10917 del 12/01/2012,

Abbassi, Rv. 252950).
La ricorrente, d’altronde, non si è confrontata con la motivazione del
provvedimento impugnato, contenente una spiegazione particolareggiata in

2

Avverso questa ordinanza la Battista, a mezzo del suo difensore, ricorre per

ordine alla mancanza di un programma criminoso unitario. Essa non chiarisce
adeguatamente per quali ragioni tra i reati in questione emergesse sin
dall’origine una delibazione criminosa, quantomeno nelle sue linee essenziali,
limitandosi a evidenziare in termini generici il proprio stato di tossicodipendenza
e l’esistenza di alcuni elementi sintomatici del vincolo della continuazione.
Peraltro, la Battista solo in questa sede ha dedotto – in termini
estremamente generici – il proprio stato di tossicodipendenza, non menzionato
nell’istanza originaria, alla quale non è allegata la relativa documentazione che lo

In ogni caso, lo stato di tossicodipendenza e il correlativo bisogno di
procurarsi la droga violando la legge penale non legittimano la presunzione di
unicità del disegno criminoso, perché tali elementi sono indicativi del solo
movente dei delitti commessi, ma non costituiscono prova della originaria
ideazione e della successiva permanenza del progetto criminoso che
caratterizzano l’istituto della continuazione (Sez. 6, n. 8858 del 15/06/1998,
Cannavò, Rv. 212006 – in fattispecie analoga di commissione di più reati di
evasione per allontanamento dal luogo degli arresti domiciliari).
Per queste ragioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la
conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e,
non sussistendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle
ammende, determinabile in 2.000,00 euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen..

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di 2.000,00 euro alla Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma il 29 settembre 2017.

Il Consigliere estensore
Ald

Il Presidente
Angela Tardio

possa attestare.

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