Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 40 del 17/11/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 40 Anno 2016
Presidente: BIANCHI LUISA
Relatore: SERRAO EUGENIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ALFANO GIROLAMA N. IL 05/11/1961
PUNZINA LIDIA N. IL 06/04/1978
PUNZINA EVELISE N. IL 12/07/1975
nei confronti di:
LEMETTI LUCIANO N. IL 22/06/1927
CORTESI GIUSEPPE N. IL 23/12/1947
CIPPONERI ANTONINO N. IL 27/02/1939
avverso la sentenza n. 6246/2015 GIUDICE UDIENZA
PRELIMINARE di PALERMO, del 09/04/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. EUGENIA SERRAO;
lEttrhsentite le conclusioni del PG Dott.
Sante Spinaci, che concluso per l’annullamento con rinvio;
Udito per le parti civili l’Avv. Pietro Gambino, che ha concluso per
l’annullamento con rinvio;

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Data Udienza: 17/11/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Il Giudice per l’Udienza Preliminare presso il Tribunale di Palermo, con
sentenza emessa in data 9/04/2015 ai sensi dell’art.425 cod.proc.pen., ha
dichiarato non doversi procedere, con riguardo a cinque capi d’imputazione per
intervenuta prescrizione del reato, nei confronti di Lemetti Luciano, Cortesi
Giuseppe e Cipponeri Antonino, imputati per una serie di reati tutti riconducibili a
fatti riguardanti malattie professionali verificatesi per esposizione ad amianto

In particolare, le imputazioni riguardavano 43 casi di omicidio colposo e 19 casi
di lesioni personali colpose gravi o gravissime derivanti dall’esposizione
all’amianto patita dalle vittime in ambiente lavorativo negli anni in cui il Cantiere
Navale di Palermo era stato diretto dagli imputati Lemetti (dall’1.7.1979 al
15.10.1982),

Cortesi

(dal

15.10.1984 al

30.11.1988)

e

Cipponeri

(dall’1.12.1988).

2. Propongono ricorso per cassazione, a mezzo di procuratore speciale, le
parti civili Alfano Girolama, Punzina Lidia, Punzina Evelise, in proprio e quali
eredi di Punzina Salvatore, censurando la sentenza impugnata per violazione e
falsa applicazione dell’art.157 cod. pen. in combinato disposto con l’art.589,
commi 1,2 e 4, cod. pen. I ricorrenti deducono che, erroneamente, il Giudice
dell’Udienza Preliminare ha ritenuto decorso il termine massimo di prescrizione
del reato contestato al capo n.16), posto che tale termine, decorrente dalla data
del decesso del lavoratore (1 ottobre 2004), non poteva essere inferiore a 15
anni. Con atto depositato il 9/10/2014, infatti, il capo d’imputazione era stato
modificato contestando agli imputati anche la violazione dell’art.589, comma 4,
cod. pen. ed, applicando la disciplina previgente in quanto più favorevole, il
termine non poteva essere inferiore a 15 anni.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondatamente proposto.

2. Ai fini del vaglio di ammissibilità, deve precisarsi che i ricorrenti sono
legittimati a proporre impugnazione nella veste di familiari di persona deceduta a ,W
2,1
causa del reato per il quale è processo, secondo l’espressa previsione dell’art.90,
comma 3, cod.proc.pen.

nello stabilimento palermitano della Fincantieri – Cantieri Navali Italiani s.p.a.

3. Il reato contestato, ossia il delitto di omicidio colposo aggravato dalla
violazione delle norme in materia di esposizione dei lavoratori ad agenti tossici e
dalla morte e lesioni di più persone, si è consumato in data 1/10/2004, ossia alla
data in cui il lavoratore è deceduto, essendo tale il momento in cui si è verificato
l’evento lesivo contemplato dall’art.589 cod. pen.

4. Quanto alla sanzione edittale di riferimento, non è possibile distinguere
tra le norme poste a tutela del lavoro quelle di prevenzione degli infortuni e

salvaguardare i lavoratori sia dal rischio di infortuni sia da malattie professionali.
Del resto, le leggi più recenti in materia non distinguono, già nel titolo, tra la
tutela dagli infortuni e la salute, in tal modo riconducendole al concetto unitario
di normativa a tutela dei lavoratori. Inoltre, se l’evento morte è previsto
dall’aggravante di cui all’art. 589, comma 2, cod. pen., non può ritenersi
ragionevole non equiparare gli infortuni sul lavoro, della più disparata eziologia,
idonei a cagionare il decesso del lavoratore, alla malattia professionale che,
sebbene analogamente originata dalla prestazione di lavoro, conduce
ugualmente alla morte, benché dopo un lasso di tempo più lungo e che, dunque,
dev’essere ricompresa nel concetto stesso di infortunio sul lavoro,
rappresentando le alternative indicazioni di cui alle sopra richiamate norme,
specificazioni meramente illustrative ad abundantiam. Quindi, la terminologia
adoperata negli artt. 589 e 590 cod. pen. è riferibile non solo alle norme inserite nelle leggi
specificamente antinfortunistiche, ma anche a tutte quelle che, direttamente o
indirettamente, perseguono il fine di evitare incidenti sul lavoro o malattie
professionali e che, in genere, tendono a garantire la sicurezza del lavoro in
relazione all’ambiente in cui esso deve svolgersi (Sez. 4, n. 8641 del
11/02/2010, Truzzi, Rv. 246423; Sez. 4, n. 37666 del 02/07/2004, Gattoni, Rv.
229151; Sez. 4, n. 14199 del 25/05/1990, Cosenza, Rv. 185563; Sez. 4, n.
1146 del 30/11/1984, dep.1985, Mungo, Rv. 167681).

5. Con riguardo alla disciplina del tempo necessario a prescrivere, l’art.157,
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l’allora vigente art.160 cod.pen. stabiliva in quindici anni (aumento della metà
del termine a prescrivere) il tempo massimo di prolungamento di tale termine
per gli atti interruttivi. Successivamente, è intervenuta la legge 5 dicembre
2005, n. 251, entrata in vigore 1’8/12/2005, che, tra l’altro, ha apportato
modifiche agli artt.157, 160 e 161 cod.pen. I termini prescrizionali previsti dalla
3

quelle che tutelano la salute, avendo molte disposizioni il duplice scopo di

citata legge in relazione al reato qui addebitato agli imputati, risultano più
favorevoli per gli imputati stessi rispetto a quelli previsti dal previgente art. 157
cod.pen., posto che il termine a prescrivere di cinque anni dovrebbe essere
raddoppiato, per il delitto di cui all’art.589, comma 2, cod.pen., a norma
dell’art.157, comma 6, cod.pen. ma può essere prolungato, a norma dell’art.161
cod.pen., sino al decorso di un tempo pari ad un quarto del tempo necessario a
prescrivere per gli atti interruttivi.

impugnata, nella quale si fa peraltro esclusivo riferimento al termine di
prescrizione del reato di lesioni colpose, il delitto contestato non era prescritto e
che la sentenza deve essere annullata senza rinvio. All’annullamento del
provvedimento che ha definito il giudizio segue la trasmissione degli atti al
Tribunale di Palermo per l’ulteriore corso.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone la trasmissione degli
atti al Tribunale di Palermo per l’ulteriore corso.
Così deciso in data 17/11/2015

Il Cons

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Il Presidente

6. Ne deriva che, in ogni caso, alla data in cui è stata emessa la sentenza

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