Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 39949 del 10/04/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 39949 Anno 2015
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: SAVINO MARIAPIA GAETANA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
EZ ZABZAOUI SAID N. IL 16/07/1981
avverso la sentenza n. 436/2013 TRIBUNALE di TORINO, del
16/01/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARIAPIA GAETANA
SAVINO;

Data Udienza: 10/04/2015

In fatto ed in diritto

Con sentenza emessa in data 16.1.2014 il Tribunale di Torino ha applicato a Ez Zabzaoui Said la
pena di anni uno e mesi cinque di reclusione ed € 3.000,00 di multa a titolo di aumento, ai sensi
dell’alt 81 cpv c.p., per la continuazione con i reati giudicati con le sentenze della Corte d’Appello
di Torino del 13.10.2009 e del Tribunale di Torino per il delitto di cui agli artt. 73 comma 1 lett. b)

esecutive di un medesimo disegno criminoso, senza l’autorizzazione di cui all’art. 17 e fuori dalle
ipotesi previste dall’art. 75 stesso DPR, illecitamente deteneva sostanza stupefacente del tipo eroina
che cedeva a terzi. Inoltre, il solo ricorrente nello specifico inviava Rossini Laura Silvia e Contoz
Elviro con la sua vettura FORD FOCUS tg.CA 379 ER da Torino a Cuneo per la consegna ad un
terzo di gr. 52,20 di sostanza stupefacente del tipo eroina.
Orbene con il presente ricorso la difesa dell’imputato ha dedotto la manifesta illogicità e carenza di
motivazione in ordine alla sussistenza di cause di proscioglimento ex art. 129 c.p.p., non essendo
stati indicati gli elementi dai quali il Giudice ha tratto il coinvolgimento del ricorrente.
In particolare, il ricorrente lamenta che il Giudice di prime cure non abbia fornito congrua e
coerente motivazione circa l’eventuale esistenza di cause di non punibilità, essendosi limitato ad
affermare l’assenza di elementi utili al proscioglimento ed a considerare la correttezza della
qualificazione giuridica del fatto come prospettata dalle parti, nonché la sussistenza di un medesimo
disegno criminoso rispetto i reati giudicati con le precedenti sentenze.
Il ricorso è inammissibile perché basato motivi manifestamente infondati.
Il ricorrente, infatti, non indica in alcun modo le ragioni per le quali, in presenza di una richiesta di
applicazione della pena da lui proveniente, che presuppone la rinuncia implicita a qualsiasi
questione sulla colpevolezza, il Giudice avrebbe dovuto disattendere tale richiesta e pervenire ad
una decisione di proscioglimento basata sull’evidenza della insussistenza dei fatti e della loro
mancata commissione da parte dell’imputato ex art. 129 c.p.p.
Questa Corte ha costantemente affermato che nel giudizio definito ex art. 444 c.p.p. è inammissibile
per genericità l’impugnazione nella quale sia stata lamentata la mancata verifica o, comunque,
l’omissione di motivazione in ordine alla sussistenza di cause di non punibilità, ove la censura non
sia accompagnata dalla indicazione specifica delle ragioni che avrebbero dovuto imporre al giudice
l’assoluzione o il proscioglimento ai sensi dell’art. 129 c.p.p. (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 1693 del
19/04/2000, Rv. 216583; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 2932 del 22/09/1997 Rv. 209387).
Difatti è onere del ricorrente indicare l’esistenza di una possibile causa di non punibilità. Qualora
dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa la possibile applicazione di
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DPR 309/90 perché, in concorso con Cannella Luciana, separatamente giudicata, con più azioni

cause di non punibilità, il giudizio negativo sulla ricorrenza di una delle ipotesi previste dall’art.
129 c.p.p. deve essere accompagnato da una specifica motivazione; diversamente, deve ritenersi
sufficiente una motivazione consistente nella enunciazione, anche implicita, che è stata compiuta la
verifica richiesta dalla legge e nella valutazione negativa della non ricorrenza delle condizioni per
una pronuncia di proscioglimento.
Conclusivamente, in assenza di specifica deduzione sul punto da parte del ricorrente, l’obbligo

condizioni che impongano il proscioglimento dell’imputato e di tale adempimento ben può dare
conto con motivazione sintetica. La Corte Suprema ha ritenuto che tale requisito sia soddisfatto
qualora la sentenza si limiti ad affermare che “non sussistono i presupposti per l’applicazione
dell’art.129 c.p.p.” ( Cass. Sez. 3, Sentenza n.39952 del 03/10/2006 Rv. 235495).
Trattasi di motivazione che, seppure nella sua sinteticità, soddisfa quei requisiti minimi richiesti
dalla legge per la motivazione della sentenza di patteggiamento, avendo infatti puntualizzato questa
Corte che la sentenza del giudice di merito che applichi la pena su richiesta delle parti può essere
oggetto di controllo di legittimità, sotto il profilo della motivazione, soltanto se dal testo della
sentenza impugnata appaia evidente la sussistenza delle cause di non punibilità di cui all’art. 129
c.p.p. (Sez. 5, n. 31250 del 25/06/2013 – dep. 22/07/2013, Fede, Rv. 256359).
In ogni caso, la doglianza appare in netto contrasto con la natura dell’istituto del c.d.
“patteggiamento” e con l’interpretazione ad esso data negli anni dalla giurisprudenza di questa
Suprema Corte ed anche da quella costituzionale. Ed infatti, va rammentato che la sentenza con la
quale è definito il c.d. patteggiamento è frutto dell’esercizio di un potere dispositivo riconosciuto
dalla legge alle parti, “che non possono poi lamentarsi della pattuizione tra loro liberamente
intervenuta, rimettendo in discussione, con ricorso per cassazione, la qualificazione giuridica del
fatto o i presupposti della responsabilità in ordine a quel fatto, perché si tratta di elementi
esplicitamente accettati o ammessi nel momento stesso in cui l’imputato formula la sua richiesta ed
interviene il consenso del P.M con la successiva ratifica del giudice” (Sez. I, 29.12.93, Dilej, Rv.
197126)
Tra l’altro, l’accordo sulla pena “esonera il giudice dall’obbligo di motivazione “.Inoltre, la pena
risulta congrua e correttamente determinata, anche in relazione alla qualificazione giuridica del
fatto, alla continuazione criminosa, nonché all’applicazione ed alla comparazione delle circostanze.
Per tali motivi il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con conseguente condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.500,00 in favore della
Cassa delle Ammende.

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motivazionale del giudice è assolto dando atto della effettuata verifica della insussistenza di

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma il 10.4.2015.

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