Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3993 del 16/12/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 3993 Anno 2015
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: PELLEGRINO ANDREA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
SPUNTARELLI EMANUELE N. IL 20/04/1976
avverso la sentenza n. 6064/2012 CORTE APPELLO di ROMA, del
06/05/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA
PELLEGRINO;

Data Udienza: 16/12/2014

osserva

2. Propone ricorso per cassazione l’imputato, assistito da difensore,
lamentando:
– inosservanza delle norme processuali in relazione all’art. 129 cod. proc. pen.
con riferimento al reato di truffa (primo motivo);
– mancanza e manifesta illogicità della motivazione con riferimento al reato di
falso aggravato (secondo motivo).
In relazione al primo motivo, censura il ricorrente come la Corte territoriale
non avesse tenuto conto del fatto che persona offesa del reato di truffa era la
Banca Unicredit che non aveva sporto alcuna denuncia querela nei confronti
dello Spigarelli: circostanza che avrebbe dovuto indurre il giudice di merito ad
assolvere l’imputato ex art. 129 cod. proc. pen. per essere il reato estinto in
conseguenza della mancanza di una condizione di procedibilità.
In relazione al secondo motivo, censura il ricorrente come la Corte territoriale
si fosse basata unicamente sulle dichiarazioni rese dalla persona offesa che, a
sua volta, non aveva in alcun modo visto il ricorrente apporre la firma di girata
asseritamente falsa.
3. Il ricorso è inammissibile per genericità e manifesta infondatezza.
Il ricorrente, non senza evocare in larga misura generiche censure in fatto non
proponibili in questa sede, si è per lo più limitato a riprodurre le stesse
questioni già devolute in appello e da quei giudici puntualmente esaminate e
disattese, con motivazione del tutto coerente e adeguata che non è stata in
alcun modo sottoposta ad autonoma e argomentata confutazione. È ormai
pacifica acquisizione della giurisprudenza di questa Suprema Corte come debba
essere ritenuto inammissibile il ricorso per Cassazione fondato su motivi che
riproducono le medesime ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice
del
gravame,
dovendosi
gli
stessi
considerare
non
specifici.
La mancanza di specificità del motivo, infatti, va valutata e ritenuta non solo
per la sua genericità, intesa come indeterminatezza, ma anche per la
mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata
e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, dal momento che quest’ultima
non può ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio
di aspecificità che conduce, a norma dell’art. 591 cod. proc. pen., comma 1,
lett. c), alla inammissibilità della impugnazione (in tal senso, Sez. 2, sent. n.
29108 del 15/07/2011, Cannavacciuolo non mass.; conf. Sez. 5, sent. n.
28011 del 15/02/2013, Sammarco, rv. 255568; Sez. 4, sent. n. 18826 de
09/02/2012, Pezzo, rv. 253849; Sez. 2, sent. n. 19951 del 15/05/2008, Lo
Piccolo, rv. 240109; Sez. 4, sent. n. 34270 del 03/07/2007, Scicchitano, rv.

1. Con la sentenza impugnata, la Corte d’appello di Roma, seconda sezione
penale, confermava la pronuncia di primo grado che aveva condannato
Spuntarelli Emanuele alla pena di mesi sei giorni quindici di reclusione ed euro
350,00 di multa per i reati, unificati nel vincolo della continuazione, di truffa,
esclusa l’aggravante del danno di rilevante gravità, e di falso aggravato, non
calcolata la contestata recidiva specifica reiterata infraquinquennale.

2

236945; Sez. 1, sent. n. 39598 del 30/09/2004, Burzotta, rv. 230634; Sez. 4,
sent. n. 15497 del 22/02/2002, Palma, rv. 221693).
Va inoltre evidenziato come il giudice dell’appello non è tenuto a rispondere a
tutte le argomentazioni svolte nell’impugnazione, giacché le stesse possono
essere disattese per implicito o per aver seguito un differente
iter
motivazionale o per evidente incompatibilità con la ricostruzione effettuata
(cfr., per tutte, Sez. 6, sent. n. 1307 del 26/09/2002, dep. 14/01/2003,
Delvai, rv. 223061).
Va in ogni caso evidenziato come lo sviluppo argomentativo della motivazione
della sentenza impugnata, da integrarsi con quella di primo grado, è fondato
su una coerente analisi critica degli elementi di prova e sulla loro coordinazione
in un organico quadro interpretativo, alla luce del quale appare dotata di
adeguata plausibilità logica e giuridica l’attribuzione a detti elementi del
requisito della sufficienza, rispetto al tema di indagirie concernente la
responsabilità del ricorrente in ordine al delitto contestato. La motivazione
della sentenza impugnata supera quindi il vaglio di legittimità demandato a
questa Corte, alla quale non è tuttora consentito di procedere ad una rinnovata
valutazione dei fatti magari finalizzata, nella prospettiva del ricorrente, ad una
ricostruzione dei medesimi in termini diversi da quelli fatti propri dal giudice
del merito.
Con riferimento al primo motivo, si evidenzia come la Corte territoriale abbia
dato atto della presenza di rituale querela della persona offesa.
Afferma la giurisprudenza di questa Suprema Corte, ciò che rileva ai fini della
configurabilità del reato di truffa, dell’individuazione dell’interesse tutelato e
conseguentemente del titolare di detto interesse, è la diminuzione
patrimoniale, cui corrisponde il conseguimento dell’ingiusto profitto da parte
dell’agente, e cioè l’aspetto finalistico e non quello strumentale (induzione in
errore) della condotta; pertanto, essendo il soggetto passivo del reato colui
che subisce le conseguenze patrimoniali dell’azione truffaldina, la querela
proposta dalla persona ingannata, in caso di non coincidenza fra indotto in
errore e danneggiato, è priva di ogni effetto (Sez. 2, sent. n. 10259 del
13/07/1993, dep. 12711/1993, Cerello, rv. 195869): da qui l’irrilevanza nella
fattispecie, dell’assenza di querela da parte della Banca Unicredit.
Con riferimento al secondo motivo, rileva il Collegio come i giudici d’appello,
con motivazione congrua e priva di vizi logico-giuridici capace di superare gli
odierni reiterati rilievi difensivi, hanno riconosciuto come risultasse
pacificamente “… che l’assegno del quale trattasi sia stato versato sul conto
corrente dell’imputato, in presenza della dichiarazione della Alberi circa la
apocrificità della firma di girata – essendo altrettanto pacifico che l’assegno
fosse stato emesso a favore della sua ditta Le delizie delle carni – era onere
dell’imputato giustificare il legittimo possesso del titolo e quindi il versamento
sul proprio conto corrente. Invece, il prevenuto è rimasto contumace e non ha
offerto alcuna spiegazione di come fosse stato possibile che l’assegno,
collocato nella cassa dell’esercizio commerciale, secondo quanto confermato
anche dal collaboratore della Alberi, Albanesi Fabio, fosse entrato in suo
possesso, e per quale causale. D’altra parte, è risultato che lo Spuntarelli
aveva avuto rapporti di frequentazione con la Alberi, anche nel suo negozio,
cosicchè deve ritenersi logicamente dimostrato che egli abbia approfittato di

4. Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della
Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di euro
1000,00 (mille/00) a titolo di sanzione pecuniaria.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di mille euro alla Cassa delle
Ammende.

Così deciso in Roma il 16 dicembre 2014
Il Consigliere estensore

Il Presidente

tali circostanze per impossessarsi dell’assegno del quale trattasi. In tale
situazione … correttamente il Giudice di prime cure non ha ritenuto
indispensabile effettuare un accertamento peritale sulla firma di girata, tanto
più che nessuno ha prospettato eventuali motivi che potessero giustificare
quella che evidentemente dovrebbe ritenersi una calunnia da parte della Alberi,
e cioè l’avere accusato contrariamente al vero Io Spuntare/li di avere falsificato
la sua firma. La condotta falsificatoria e di incasso del titolo posta in essere dal
prevenuto integra senza ombra di dubbio i reati contestati, in relazione ai quali
il trattamento sanzionatorio applicato appare del tutto adeguato, anche tenuto
conto della negativa personalità dell’imputato, gravato da numerosi precedenti
per reati contro il patrimonio, sorvegliato speciale e condannato anche per
stupefacenti, evasione e resistenza a pubblici ufficiali”.

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