Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 39865 del 30/04/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Ord. Sez. 3 Num. 39865 Anno 2014
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: ORILIA LORENZO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
ANGELO ANTONINO N. IL 06/04/1985
BUCAIDA DEBORAH N. IL 17/05/1987
CRISCENTI ANNA MARIA N. IL 25/11/1968
CORDARO PAOLO N. IL 20/11/1982
ALOIA GIOVANBATTISTA N. IL 27/11/1976
avverso la sentenza n. 4093/2012 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 26/06/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 30/04/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LORENZO ORILIA
A
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.V, yz2, t) krkr-i (-4 vo 5 k’ o
che ha concluso per L.~-3~.. , ,…2-2r1-.\\/: es-Zci-17 cisl– tN-CC…AZY■.4–.‘
d._’ lic_s_.: à-sx.

e

“…Z. t-e■-■—y- s”

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

_

Data Udienza: 30/04/2014

o

RITENUTO IN FATTO
1. Nel procedimento penale denominato “Killer drag” promosso a seguito della
morte di un giovane tossicodipendente a Palermo, la Corte siciliana, con sentenza del
26.6.2013 – per quanto ancora interessa in questa sede – ha confermato la
colpevolezza di Angelo Antonino, Bucaida Deborah, Criscenti Anna Maria, Cordaro
Paolo e Aloia Giovanbattista per concorso in detenzione a fine di spaccio di
stupefacenti del tipo eroina, cocaina e hashish.
La Corte d’Appello di Palermo – sempre per quanto ancora interessa – ha fondato

il proprio convincimento essenzialmente sulla base delle intercettazioni telefoniche e,
in ordine al trattamento sanzionatorio, ha negato l’attenuante di cui all’art. 73 quinto
comma DPR n. 309/1990.
2.

Per l’annullamento della sentenza gli imputati Angelo, Cordaro e Bucaida

ricorrono personalmente per cassazione mentre gli altri imputati ricorrono a mezzo dei
rispettivi difensori. Nell’interesse dell’imputato Angelo è stata depositata in data
23.4.2014 una memoria ex art. 611 cpp con cui si segnala, ai fini del trattamento
sanzionatorio per le cd “droghe leggere”, la recente pronuncia n. 32/2014 della Corte
Costituzionale e si sottolinea la carenza di prova sulla tipologia dello stupefacente
nonché il difetto motivazionale sulla ritenuta professionalità nell’azione di spaccio e sul
diniego dell’attenunate di cui al quinto comma del DPR n. 309/1990.
CONSIDERATO IN DIRITTO
CENSURE COMUNI DI NATURA PROCEDURALE
1. Violazione degli artt. 267 e 271 cpp nonchè vizio di motivazione dei decreti
autorizzativi delle intercettazioni sia sotto il profilo della gravità indiziaria che della
indispensabilità (primo motivo del ricorso Aloia e del ricorso Criscenti). Si afferma in
sostanza che il giudice autorizzante deve dimostrare di avere avuto consapevolezza del
contenuto sostanziale del provvedimento di riferimento (v. ricorso Aloia), mentre nel
caso di specie, si è in presenza di una motivazione per relationem senza alcuna
indicazione dei percorsi logici argomentativi (ricorso Criscenti).
Le censure sono inammissibili per manifesta infondatezza.
In tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, è legittima la
motivazione “per relationem” dei decreti autorizzativi quando in essi il giudice faccia
richiamo alle richieste del P.M. ed alle relazioni di servizio della polizia giudiziaria,
ponendo così in evidenza, per il fatto d’averle prese in esame e fatte proprie, l'”iter”
cognitivo e valutativo seguito per giustificare l’adozione del particolare mezzo di ricerca
della prova (tra le varie, cfr. Sez. 6, Sentenza n. 46056 del 14/11/2008 Cc. dep.
12/12/2008 Rv. 242233; Sez. 1, Sentenza n. 11525 del 03/02/2005 Cc. dep.
22/03/2005 Rv. 232261).
Nella fattispecie in esame, il GIP nell’autorizzare le intercettazioni si era richiamato
alla richiesta del PM e alla nota di PG. La Corte d’Appello, premessa una ricostruzione

2

dell’iter che ha condotto alla autorizzazione delle intercettazioni, ha poi osservato (v.
sentenza pag. 13 ) che nei decreti risulta ricostruita minuziosamente la rete delle
frequentazioni e degli elementi fino a quel momento acquisiti a carico dei soggetti
sottoposti a captazione: secondo la Corte territoriale, la motivazione del
provvedimento autorizzativo addirittura supera la soglia della gravità indiziaria ove si
abbia riguardo al fatto che i servizi di controllo e gli esiti delle perquisizioni culminate
con i sequestri registravano il costante interesse per gli indagati verso la droga. Ha
osservato altresì che le successive richieste di proroga traspongono in tempo reale alla

AG gli esiti delle investigazioni in corso e riportano numerosi brani di significative
intercettazioni dimostrando così l’implementazione costante del patrimonio indiziario e
la sempre maggiore rilevanza e gravità, capaci di supportare non solo le singole
richieste di proroga ma addirittura, ove ce fosse bisogno, l’adozione di nuovi e
autonomi decreti di intercettazione ambientale: un tale percorso argomentativo della
Corte d’Appello evidenzia senza dubbio una esame critico della censura.

2. Violazione dell’art. 268 comma 3 e 271 cpp- Difetto di motivazione sull’utilizzo
degli impianti esterni alla Procura per le operazioni di intercettazione (secondo motivo
ricorso Aloia e primo motivo ultima parte del ricorso Criscenti). Si sostiene in
particolare che gli Uffici della Procura erano stati stabilmente allocati in altra sede e
questa era provvista di regolare sala d’ascolto con tutte le attrezzature idonee per la

i

captazione e dunque non risultavano spiegate le eccezionali ragioni di urgenza ()così,
ricorso Criscenti, nella parte finale del primo motivo).
Anche queste censure si rivelano inammissibili.
Il principio di diritto è il seguente: è legittimo il ricorso agli impianti di
intercettazione diversi da quelli installati presso gli uffici della Procura della Repubblica
se il decreto del pubblico ministero ne motiva l’utilizzazione evidenziando l’inidoneità
degli impianti esistenti presso il suo ufficio, attestata con certificazione della Segreteria
prima che abbiano inizio le operazioni di intercettazione (tra le varie, v. Sez. 6,
Sentenza n. 45896 del 16/10/2013 Ud. dep. 14/11/2013 Rv. 258158; Sez. 6,
Sentenza n. 27761 del 22/06/2010 Cc. dep. 16/07/2010 Rv. 247868).
Ebbene, la Corte d’Appello ha rilevato (v. pag. 15) che il ricorso agli impianti
esterni risultava motivato con l’insufficienza di quelli esistenti presso la Sala d’Ascolto
della Procura in relazione all’attività di intercettazione da espletarsi, in ragione
dell’attuale svolgimento di lavori di ristrutturazione all’interno del Palazzo di Giustizia,
lavori che non consentivano, per ragioni di riservatezza e sicurezza, di accedere ai
locali in cui erano installati detti impianti. Ed ha richiamato, in proposito, la nota
17.11.2005 del Procuratore della Repubblica (di epoca precedente, quindi, all’inizio
delle operazioni), che disponeva in tal senso. La Corte d’Appello ha altresì osservato
che la possibilità o meno di installare sale d’ascolto nei locali di via San Giovanni Bosco
(ove la Procura si di Trapani si era trasferita dal novembre 2001 al febbraio 2008)

3

rientrava nelle scelte di tipo organizzativo comportanti oneri di spesa e come tali non
sindacabili. Ha rilevato inoltre che, come osservato dal PM, il ricorso agli impianti della
sala d’Ascolto della Compagnia Carabinieri di Trapani consentiva di garantire il pronto
coordinamento delle indagini. La motivazione è esauriente e perfettamente in linea con
i citati principi: la censura, quindi, non coglie affatto nel segno.
CENSURE PERSONALI AI SINGOLI IMPUTATI
RICORSO DELLA BUCAIDA
Si lamenta la violazione dell’art. 192 cpp perché, ad avviso della ricorrente, gli

indizi di colpevolezza non erano gravi e la sentenza appare priva di un apparato
motivazionale logicamente adeguato. In particolare, non sarebbe stato provato che le
conversazioni intrattenute dalla ricorrente avessero ad oggetto cessioni illecite.
Il motivo è inammissibile per manifesta infondatezza (art. 606 ultimo comma cpp)
oltre che per difetto di specificità (artt. 581 lett. c e 591 lett. c cpp) perché omette di
segnalare addirittura i passaggi argomentativi della sentenza che, a suo dire,
sarebbero in contrasto con le regole che disciplinano la valutazione della prova,
limitandosi ad una generico richiamo ai criteri di gravità, precisione e concordanza
degli indizi.
RICOSO CORDARO
1. Violazione dell’art. 606 lett. d) cpp in relazione agli artt. 88, 89 e 95 cp per
mancata ammissione di perizia psichiatrica finalizzata a valutare la capacità di
intendere e di volere dell’imputato, vittima di un gravissimo incidente in epoca
immediatamente antecedente a quella dei fatti. Afferma il ricorrente che subì un
fortissimo trauma cranico, per cui restò in corna per diversi giorni e, dopo una lenta
riabilitazione, le sue condizioni di vita peggiorarono anche a causa della perdita del
lavoro, provocandone la conseguente ricaduta nella spirale della droga.
Il motivo è infondato.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità (cfr. cass.
Sez. 3 sentenza 27.6.-11.10.2012 n. 40143 Sez. 4, Sentenza n. 4981 del 05/12/2003,
PG in proc. Ligresti, Rv. 229666; Sez. 4, Sentenza n. 18660 del 19/02/2004,
Montanari e altro, Rv. 228353), nel giudizio d’appello, la rinnovazione dell’istruttoria
dibattimentale, prevista dall’art. 603 c.p.p., comma 1, è subordinata alla verifica
dell’incompletezza dell’indagine dibattimentale e alla conseguente constatazione del
giudice di non poter decidere allo stato degli atti senza una rinnovazione istruttoria; e
tale accertamento è rimesso alla valutazione del giudice di merito, incensurabile in
sede di legittimità se correttamente motivata.
La Corte d’Appello, nella fattispecie in esame (cfr. pagg. 86 e ss.) ha motivato il
diniego rilevando innanzitutto l’identità delle argomentazioni svolte dalla difesa rispetto
a quelle proposte davanti al primo giudice e da questi disattese. Ha quindi trattato dei
disturbi della personalità e della loro incidenza sulla capacità di intendere e di volere,
4

concludendo per l’irrilevanza del trauma cranico subito dall’imputato e della sindrome
depressiva residuata, dando una dettagliata giustificazione del suo convincimento
laddove ha evidenziato la lucidità nel colloquio, e l’inesistenza di uno stato di cronica
intossicazione da stupefacenti e quindi di uno stato patologico, attraverso riferimenti
alla giurisprudenza di legittimità e della Corte Costituzionale. Sulla base di tali
osservazioni, il giudice di merito, con tipico accertamento in fatto, ha escluso in radice
l’ipotizzabilità di uno stato di incapacità di intendere e di volere, che potesse
giustificare l’accertamento peritala ritenuto superfluo il ricorso alla perizia: si è in

presenza, come si vede, di un ragionamento del tutto corretto da un punto di vista
giuridico perché, come più volte affermato in giurisprudenza, l’intossicazione da alcool
o da sostanze stupefacenti può influire sulla capacità di intendere e di volere soltanto
qualora, per il suo carattere ineliminabile e per l’impossibilità di guarigione, provochi
alterazioni psicologiche permanenti configurabili quale vera e propria malattia,
dovendo escludersi dal vizio di mente di cui agli artt. 88 e 89 cod. pen. anomalie non
conseguenti ad uno stato patologico (cfr. Sez. 6, Sentenza n. 47078 del 24/10/2013
Ud. dep. 26/11/2013 Rv. 257333; Sez. 3, Sentenza n. 35872 del 08/05/2007 Ud. dep.
01/10/2007 Rv. 237284). Ed anche dal punto di vista della coerenza logica, la
motivazione si sottrae ad ogni censura.
2. Vizio di motivazione sulla condotta contestata sotto il profilo della mancanza di
prove e del travisamento del fatto. Si rileva che la conferma della condanna appare
priva di addentellati e riscontri nell’istruzione dibattimentale. Il ricorrente sottopone a
critica a ricostruzione dell’episodio del sequestro eseguito il 23.5.2007 analizzando

il

contenuto della sentenza e procedendo ad una ricostruzione alternativa, insistendo
sulla destinazione ad uso personale della sostanza sequestrata dai carabinieri piuttosto
che ai fratelli Beninati come campione da assaggiare ai fini di una futura fornitura.
Contesta la natura criptica del linguaggio rilevando che l’espressione

“mattone”

adoperata nella telefonata con Giuseppe Beninati si riferiva effettivamente al materiale
edile, essendo stato dimostrato che presso la abitazione dei Beninati a Rione Palma
erano in corso dei lavori di ristrutturazione. Attraverso un esame delle celle alle quali si
era agganciato il telefono dell’imputato il giorno 23.5.2007, partendo dall’orario della
conversazione (14,24,05) rileva che a quell’ora egli si trovava ancora nella zona est di
Palermo per cui non era possibile che alle 15,30 egli si trovasse già a Trapani (distante
cento km da percorrere con un autobus di linea).
Il motivo è infondato.
La natura della censura prospettata rende opportuno ricordare innanzitutto che il
controllo del giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene solo alla coerenza
strutturale della decisione di cui si saggia l’oggettiva tenuta sotto il profilo logico
argomentativo. Al giudice di legittimità è infatti preclusa – in sede di controllo sulla
motivazione – la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o

5

l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti
(preferiti a quelli adottati dal giudice del merito perché ritenuti maggiormente plausibili
o dotati di una migliore capacità esplicativa). Queste operazioni trasformerebbero
infatti la Corte nell’ennesimo giudice del fatto e le impedirebbero di svolgere la
peculiare funzione assegnatale dal legislatore di organo deputato a controllare che la
motivazione dei provvedimenti adottati dai giudici di merito (a cui le parti non prestino
autonomamente acquiescenza) rispetti sempre uno standard minimo di intrinseca
razionalità e di capacità di rappresentare e spiegare l’iter logico seguito dal giudice per

giungere alla decisione (cass. Sez. 6, Sentenza n. 9923 del 05/12/2011 Ud. dep.
14/03/2012 Rv. 252349). Ancora, la giurisprudenza ha affermato che l’illogicità della
motivazione per essere apprezzabile come vizio denunciabile, deve essere evidente,
cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di
legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando
ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive
che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la
decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del
convincimento (cass. Sez. 3, Sentenza n. 35397 del 20/06/2007 Ud. dep. 24/09/2007;
Cassazione Sezioni Unite n. 24/1999, 24.11.1999, Spina, RV. 214794).
Orbene, la Corte d’Appello ha motivato il suo convincimento sul ruolo del Cordaro,
utilizzato come corriere della droga dagli spacciatori Beninati. In particolare, la Corte
d’Appello (pagg. 89 e ss.) ha richiamato le intercettazioni telefoniche e le successive
attività di controllo e sequestro, da cui è emersa una attività di approvvigionamento a
Palermo della sostanza che poi i Beninati provvedevano a smerciare. Ha citato
l’episodio del 23.5.2007 (che ha condotto al sequestro di gr. 1,5 di eroina)
richiamando in proposito le ammissioni del Cordaro e il contenuto delle conversazioni
captate sulla sua utenza fin dalla prima mattina, ritenendole inequivocabili (ed ha
riportato sinteticamente il contenuto di tali conversazioni), dando anche una
spiegazione del linguaggio criptico adoperato e in particolare del riferimento ai
“mattoni”. Ha poi passato in rassegna gli altri episodi contestati rilevando trattarsi
sempre di acquisti finalizzati alla successiva cessione a terzi in concorso con i Beninati
e ha richiamato anche in tal caso il contenuto delle conversazioni intercettate
sottoponedole a valutazione critica: si tratta di tipici accertamenti in fatto, motivati in
maniera logicamente coerente e dunque insindacabili sulla base della censura del
ricorrente che invece tende a proporre una diversa e alternativa ricostruzione della
vicenda, sollecitando la Corte Suprema ad un ruolo che non le è proprio.

4. Violazione dell’art. 195 cpp per avere gli ufficiali di PG riferito su quanto
appreso dai testimoni. In particolare, il ricorrente osserva che i verbalizzanti hanno
riferito in merito al contenuto delle intercettazioni, in mg -ti casi divergenti rispetto a
quelle elaborate dal perito nominato dal tribunale, con ciò consentendo di poter

6

apportare al fascicolo del dibattimento elementi di prova ormai preconfezionati, non
più utilizzabili dalla difesa.
Il motivo è inammissibile per difetto di specificità: ed infatti, non solo non
risultano indicati gli ufficiali di polizia giudiziaria, ma manca ogni riferimento alle
deposizioni da essi rese che si ritengono assunte in violazione di legge.
RICORSO ANGELO
1. Contraddittorietà della motivazione per travisamento della prova: la Corte

ampi passaggi dell’atto di appello e la trascrizione delle deposizioni dei testi per
evidenziare errori di valutazione compiuti dai giudici di merito.
Il motivo è infondato perché si risolve in una diversa lettura delle risultanze
processuali, sulle quali invece la Corte d’Appello ha dato una motivazione senz’altro
adeguata laddove a pagg. 30 e ss ha proceduto ad una analisi critica delle deposizioni
e delle intercettazioni motivando sul linguaggio criptico adoperato dagli autori delle
conversazioni (soffermandosi sul riferimento ai

“dolci” e ai “cavalli”, espressioni

adoperate, secondo l’apprezzamento della Corte di merito, con riferimento alla
sostanza stupefacente): l’interpretazione alternativa che il ricorso propone si scontra
inesorabilmente con la natura del giudizio di legittimità.
RICORSO CRISCENTI
2. Mancata assunzione di una prova decisiva ai sensi dell’art. 606 lett. d) cpp
(acquisizione dei verbali del Nucleo Operativo Radiomobile dei CC di Trapani contenenti
le trascrizioni per verificare la natura delle chiamate). Trattasi del secondo motivo del
ricorso con cui la Criscenti, criticando la decisione della Corte d’Appello, osserva che le
telefonate n. 86 del 16.5.2007 (uscente dal numero di Bucaida Deborah ed entrante in
quello di Angelo Antonino, a cui si riferisce il decreto 72/07) e n. 616 della stessa data
(uscente dal numero di Angelo Antonino ed entrante in quello di Bucaida Deborah, a
cui si riferisce il decreto 66/07) sono entrambi “uscenti” e quindi, ad avviso del
ricorrente, non possono trovare una logica spiegazione per come sostenuto nei motivi
di gravame.
Il motivo è inammissibile sia per difetto di specificità (perché non chiarisce in cosa
consisterebbe l’errore della Corte d’Appello che renderebbe necessaria l’assunzione dei
verbali delle trascrizioni) sia per manifesta infondatezza (perché la Corte di merito ha
indicato la titolarità delle utenze a cui si riferivano il decreto 66/07 (n. 334/8199936 in
uso ad Angelo Antonino) e decreto 72/07 (utenza n. 333/8845818 intestata ad Angelo
Paolo ed in uso a Bucaida Deborah) precisando che si trattava di un’unica
conversazione in entrata sull’utenza di Angelo Antonino ed in uscita su quella di
Bucaida Deborah (v. pag. 68): spiegazione logicamente coerente considerato che come risulta dallo stesso ricorso, alla chiamata delle 9.17.57 (da parte dell’Angelo e

d’Appello avrebbe tralasciato di considerare quanto narrato dai testi escussi. Richiama

diretta alla Bucaida) ha fatto seguito immediatamente, alle ore 9.15.58, quella della
moglie diretta al marito.
3. Vizio di motivazione sulla valutazione della prova per testi e sul contenuto
criptico delle conversazioni. Procede, nell’illustrare il terzo motivo (pagg. 5 e ss), ad
una ricostruzione alternativa dei fatti e del contenuto delle conversazioni, aventi ad
oggetto e contenuti diversi essendo relative ad effettivi acquisti di dolci e corse di
cavalli (circostanza senz’altro plausibile essendo l’Angelo Antonino proprietario di un
cavallo) e non già a traffici di stupefacenti celati attraverso l’uso di espressioni

criptiche.
Il motivo è anch’esso infondato perché ripropone anch’esso una rivisitazione del
materiale probatorio (le risultanze delle intercettazioni e l’interpretazione datane dai
giudici di merito), a fronte di un percorso argomentativo esplicitato in maniera
logicamente coerente: la sentenza impugnata pagg. 69 e ss richiama il riconoscimento
della voce della donna e le conversazioni telefoniche della Bucaida col marito Angelo
Antonino, da cui emergono riferimenti individualizzanti della Criscenti (il suo nome,
“Anna”, viene associato a quello del convivente “Franco” 1Messina Francesco) e una
chiarissima cointeressenza economica dei traffici illeciti tra le due coppie, sottoponendo
a ragionata critica le censure mosse dalla difesa. Ancora, ha considerato le
conversazioni dirette tra I Criscenti e l’Angelo e ha ritenuto il suddetto materiale
univoco nell’individuazione degli stupefacenti come l’oggetto dei loro rapporti,
finalizzati appunto all’acquisto e alla suddivisione degli utili, precisando che la donna
curava la custodia della sostanza e, unitamente al coniuge, teneva la cassa.
RICORSO ALOIA
4 Diniego delle attenuanti generiche anche in misura equivalente alla contestata
recidiva. Col quarto motivo, deducendo la violazione di legge e il vizio di motivazione,
l’Aloia osserva che la documentata attiva partecipazione al programma di recupero
presso la comunità terapeutica avrebbero dovuto giustificare la concessione delle
attenuanti.
Il motivo è infondato.
Principio di diritto: la concessione o il diniego delle attenuanti generiche rientra nel
potere discrezionale del giudice di merito, il cui esercizio, positivo o negativo che sia,
deve essere bensì motivato ma nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente il
pensiero dello stesso giudice circa l’adeguamento della pena concreta alla gravità
effettiva del reato ed alla personalità del reo.
Anche il giudice di appello – pur non dovendo trascurare le argomentazioni
difensive dell’appellante – non è tenuto ad una analitica valutazione di tutti gli
elementi, favorevoli o sfavorevoli, dedotti dalle parti ma, in una visione globale di
ogni particolarità del caso, è sufficiente che dia l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti
e decisivi ai fini della concessione o del diniego, rimanendo implicitamente disattesi e
8

superati tutti gli altri, pur in carenza di stretta contestazione (cfr. tra le varie, Sez. 3,
Sentenza n. 19639 del 27/01/2012 Ud. dep. 24/05/2012 Rv. 252900).
Nel caso di specie, la Corte d’Appello ha implicitamente rigettato la richiesta di
riconoscimento delle attenuanti generiche, ma ha considerato – seppur in sede di
delibazione dell’istanza di concessione dell’attenuante di cui all’art. 73 quinto comma le modalità della condotta sottolineando la elevata professionalità, la stabile rete di
relazioni con gli acquirenti e il volume di affari: ha in ogni caso applicato la pena base
del minimo edittale (anni sei di reclusione ed C. 27.000 di multa, su cui ha poi

applicato l’aumento per la recidiva e per la continuazione): la motivazione sul
trattamento sanzionatorio esiste e tiene conto dei criteri di cui all’art. 133 cp.
CENSURA COMUNE RIGUARDANTE IL DINIEGO DELL’ATTENUANTE DI CUI
ALL’ART. 73 QUINTO COMMA DEL DPR N. 309/1990
Vizio di motivazione sul diniego delle attenuante di cui all’art. 73 quinto comma
DOR n. 309/1990 (terzo motivo ricorsi Aloia e Cordaro, quarto motivo ricorso Criscenti
e secondo motivo ricorso Angelo).
Aloia rileva che la motivazione adottata dalla Corte per respingere la richiesta non
solo disattende le specifiche argomentazioni difensive, ma si pone in termini di
contraddizione con la disciplina della norma che prevede l’attenuante. Osserva in
particolare che la non elevata quantità e la limitata attività nel tempo (parametri a cui
ha fatto riferimento la sentenza per giungere alla riduzione della pena) corrispondono
proprio ai criteri che consentono di riconoscere la lieve entità: di qui, secondo il
ricorrente, la contraddizione motivazionale.
Cordaro, a sua volta, osserva che la mancanza di prova sull’ingente quantità della
sostanza ceduta avrebbe dovuto suggerire l’attenuazione del trattamento sanzionatorio
mediante l’applicazione della circostanza speciale di cui al comma 5 dell’art. 73.
La Criscenti, infine, a sostegno della censura deduce la mancata conoscenza del
tipo di sostanza ceduta, della quantità della stessa, del principio attivo, del numero di
cessioni di ogni componente del sodalizio, nonchè ,la mancanza di sequestri e di
,

‘Uni

strumenti necessari al confezionamento e allo spaccio; rileva altresi che% presenza di
tossicodipendenti (almeno due nel caso di specie) che detengano la sostanza per uso
personale, il giudice avrebbe dovuto considerare quanta parte era destinata al
consumo, dovendosi avere riguardo, ai fini della dell’applicazione della attenuante in
parola, soltanto alla sostanza riferita alla detenzione penalmente rilevante.
Anche tali censure sono prive di fondamento.
In linea di principio, come affermato più volte dalla giurisprudenza di questa
Corte, ai fini della concedibilità o del diniego della circostanza attenuante del fatto di
lieve entità di cui all’art. 73, comma quinto, d.P.R. n. 309 del 1990, il giudice è tenuto
a valutare complessivamente tutti gli elementi normativamente indicati, quindi, sia
quelli concernenti l’azione (mezzi, modalità e circostanze della stessa), sia quelli che

9

attengono all’oggetto materiale del reato (quantità e qualità delle sostanze
stupefacenti oggetto della condotta criminosa), dovendo conseguentemente escludere
il riconoscimento dell’attenuante quando anche uno solo di questi elementi porti ad
escludere che la lesione del bene giuridico protetto sia di lieve entità (cfr. Sez. 4,
Sentenza n. 6732 del 22/12/2011 Ud. dep. 20/02/2012 Rv. 251942; Sez. U, Sentenza
n. 35737 del 24/06/2010 Ud. dep. 05/10/2010 Rv. 24791; Sez. 4, Sentenza n. 43399
del 12/11/2010 Ud. dep. 07/12/2010 Rv. 248947).
Nel caso in esame:

– ad Aloia l’attenuante è stata negata in base alle modalità dei fatti che
attestavano continui e reiterati acquisti di stupefacente in breve arco di tempo da un
fornitore abituale col quale l’appellante intratteneva rapporti consolidati e l’utilizzo a
volte di terzi soggetti per lo svolgimento di soggetti di attività di trasporto. Da tale
elementi la Corte d’Appello ha desunto una elevata professionalità. La Corte si è fatta
altresì carico del dedotto stato di tossicodipendente, rilevando in proposito la
mancanza di prove sulla destinazione dell’illecito commercio al finanziamento dell’uso
personale ed anzi, dalle conversazioni telefoniche e dagli acquisti freneticamente
ripetutisi nel tempo, la Corte ha dedotto una consolidata e stabile rete di relazioni con
acquirenti, una facilità di smercio e un volume di affari (documentato dalla somma
sequestrata) che non può essere limitato all’interno della fattispecie di cui al quinto
comma. (v. pag. 81 sentenza impugnata). Il ragionamento non appare affatto
contraddittorio, ma semplicemente tiene conto solo di uno degli elementi
normativamente indicati e precisamente di quello concernente l’azione: tale percorso
argomentativo non si pone affatto in contrasto con l’affermazione riguardante il
limitato quantitativo di droga (l’oggetto materiale del reato), proprio perché, come si è
detto, l’esclusione della attenuante può ben basarsi sulla valutazione negativa anche di
uno solo dei predetti elementi.
– A Cordaro l’attenuante è stata negata valorizzando lo stabile collegamento
dell’imputato, da un lato con i Beninanti e dall’altro con i fornitori palermitani, gli
acquisti continui, con cadenza almeno settimanale, le particolari accortezze adoperate
(uso di mezzi pubblici, linguaggio tipico di trafficanti professionisti) e da tali elementi
ha dedotto non già l’esistenza di fatti episodici, ma una ben avviata attività illecita alla
quale il predetto ha contribuito alimentando in maniera incessante la
commercializzazione di droghe pesanti nel territorio trapanese (v. pagg. 99 e 100
sentenza impugnata). Anche in tal caso la motivazione resiste decisamente alla critica
perché si fonda su un elemento concernente l’azione.
– Infine, la giustificazione del diniego alla Criscenti sta nel fatto che è stata esclusa
la minima offensività sulla base della qualità e quantità delle sostanze oggetto degli
illeciti commerci avvenuti in comune con la coppia Angelo- Bucaida, oltre che col
convivente Messina sottolineandosi i riferimenti ai prezzi correlati alle quantità e ai

10

conteggi correlati alla ripartizione degli utili, in ordine ai quali essa, secondo
l’apprezzamento della Corte di merito, era considerata il punto di riferimento degli altri
correi. La Corte ha ritenuto provata una costante attività di acquisto e successiva
commercializzazione di droghe pesanti, di cui la donna provvedeva alla custodia per
conto del gruppo, con un giro di affari che attestava la professionalità dell’appellante e
dei correi e che certamente non poteva definirsi di minima offensività (v. pagg. 72 e
73 sentenza impugnata). Anche in tale caso la motivazione resiste alla censura perché
valorizza sia gli elementi concernenti l’azione che quelli concernenti l’oggetto materiale

del reato.
In definitiva, le censure sollevate dai ricorrenti sul diniego dell’attenuante si
risolvono in una critica fattuale.
COMPATIBILITÀ DELLE PENE CON LA RECENTE SENTENZA N. 34/2014
La recente sentenza n. 34/2014 della Corte Costituzionale ha dichiarato
l’illegittimità costituzionale degli artt. 4-bis e 4-vicies ter, del decreto-legge 30
dicembre 2005, n. 272 (Misure urgenti per garantire la sicurezza ed i finanziamenti per
le prossime Olimpiadi invernali, nonché la funzionalità dell’Amministrazione
dell’interno. Disposizioni per favorire il recupero di tossicodipendenti recidivi e
modifiche al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze
psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di
cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309), convertito, con
modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 21 febbraio 2006, n. 49. Per effetto di
tale pronunzia, è venuta meno l’equiparazione sanzionatoria tra droghe “leggere” e
droghe “pesanti” e pertanto la pena per la detenzione di sostanze rientranti nella prima
categoria, come l’hashish, ritorna ad essere quella da due a sei anni di reclusione e da
10.000.000 di vecchie lire a 150.000.000 secondo la previsione dell’art. 73 del DPR
1990 nel testo precedente alla modifica ritenuta incostituzionale.
Nel caso di specie, però, l’intervento della Corte Costituzionale è irrilevante e non
pone problemi di legalità della pena perché gli imputati rispondono anche della
detenzione di eroina (che è droga pesante, come taksoggetta al trattamento
sanzionatorio più grave rimasto invariato).
Quanto alle osservazioni contenute nella memoria dell’Angelo, la eorte non può
prenderle in esame trattandosi di motivi tardivamente proposti.
L’articolo 611 cpp, che peraltro riguarda il procedimento in camera di consiglio (e
non già la pubblica udienza) prevede un termine di quindici giorni prima dell’udienza
per il deposito di motivi nuovi e memorie, mentre il termine di cinque giorni riguarda le
memorie di replica. L’articolo 585, dettato per le impugnazioni in generale, prevede il
termine di quindici giorni per i motivi nuovi.
Non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità (Corte Cost. sentenza 13.6.2000 n. 186), alla condanna della
11

ricorrente Bucaida al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al
pagamento della sanzione pecuniaria ai sensi dell’art. 616 cpp nella misura indicata
in dispositivo.

P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso di Bucaida Deborah e condanna la ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di €. 1.000,00 in favore della Cassa
delle Ammende. Rigetta i ricorsi degli altri imputati e condanna i ricorrenti al
pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma il 30.4.2014.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA