Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3986 del 16/12/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 3986 Anno 2015
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: PELLEGRINO ANDREA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DEMICHELIS FLAVIO N. IL 08/03/1965
avverso la sentenza n. 3154/2013 CORTE APPELLO di TORINO, del
25/10/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA
PELLEGRINO;

4/

Data Udienza: 16/12/2014

osserva

2. Propone ricorso per cassazione l’imputato, assistito da difensore,
lamentando, quale formale unico motivo, la nullità della sentenza ex art. 606,
comma 1 lett. b) ed e) cod. proc. pen. in relazione agli artt. 640 cod. pen. e
192 cod. proc. pen..
3. Il ricorso è inammissibile per genericità e manifesta infondatezza.
Il ricorrente, non senza evocare in larga misura generiche censure in fatto non
proponibili in questa sede, si è per lo più limitato a riprodurre le stesse
questioni già devolute in appello e da quei giudici puntualmente esaminate e
disattese, con motivazione del tutto coerente e adeguata che non è stata in
alcun modo sottoposta ad autonoma e argomentata confutazione. È ormai
pacifica acquisizione della giurisprudenza di questa Suprema Corte come debba
essere ritenuto inammissibile il ricorso per Cassazione fondato su motivi che
riproducono le medesime ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice
del
gravame,
dovendosi
gli
stessi
considerare
non
specifici.
La mancanza di specificità del motivo, infatti, va valutata e ritenuta non solo
per la sua genericità, intesa come indeterminatezza, ma anche per la
mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata
e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, dal momento che quest’ultima
non può ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio
di aspecificità che conduce, a norma dell’art. 591 cod. proc. pen., comma 1,
lett. c), alla inammissibilità della impugnazione (in tal senso, Sez. 2, sent. n.
29108 del 15/07/2011, Cannavacciuolo non mass.; conf. Sez. 5, sent. n.
28011 del 15/02/2013, Sammarco, rv. 255568; Sez. 4, sent. n. 18826 de
09/02/2012, Pezzo, rv. 253849; Sez. 2, sent. n. 19951 del 15/05/2008, Lo
Piccolo, rv. 240109; Sez. 4, sent. n. 34270 del 03/07/2007, Scicchitano, rv.
236945; Sez. 1, sent. n. 39598 del 30/09/2004, Burzotta, rv. 230634; Sez. 4,
sent. n. 15497 del 22/02/2002, Palma, rv. 221693).
Va inoltre evidenziato come il giudice dell’appello non è tenuto a rispondere a
tutte le argomentazioni svolte nell’impugnazione, giacché le stesse possono
essere disattese per implicito o per aver seguito un differente
iter
motivazionale o per evidente incompatibilità con la ricostruzione effettuata
(cfr., per tutte, Sez. 6, sent. n. 1307 del 26/09/2002, dep. 14/01/2003,
Delvai, rv. 223061).
Va in ogni caso evidenziato come lo sviluppo argomentativo della motivazione
della sentenza impugnata, da integrarsi con quella di primo grado, è fondato
su una coerente analisi critica degli elementi di prova e sulla loro coordinazione
in un organico quadro interpretativo, alla luce del quale appare dotata di
adeguata plausibilità logica e giuridica l’attribuzione a detti elementi del
requisito della sufficienza, rispetto al tema di indagine concernente la

1. Con la sentenza impugnata, la Corte d’appello di Torino, seconda sezione
penale, confermava la pronuncia di primo grado che aveva condannato
Demichelis Flavio alla pena di mesi sei di reclusione ed euro 300,00 di multa
per il reato di truffa.

4. Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della
Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di euro
1000,00 (mille/00) a titolo di sanzione pecuniaria.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di mille euro alla Cassa delle
Ammende.

Così deciso in Roma il 16 dicembre 2014
Il Consigliere estensore

Il Presidente

responsabilità del ricorrente in ordine al delitto contestato. La motivazione
della sentenza impugnata supera quindi il vaglio di legittimità demandato a
questa Corte, alla quale non è tuttora consentito di procedere ad una rinnovata
valutazione dei fatti magari finalizzata, nella prospettiva del ricorrente, ad una
ricostruzione dei medesimi in termini diversi da quelli fatti propri dal giudice
del merito.
Fermo quanto precede, i giudici d’appello, con motivazione congrua e priva di
vizi logico-giuridici capace di superare gli odierni reiterati rilievi difensivi, hanno
riconosciuto come “… l’assunto della difesa non può essere condiviso poiché …
le autovetture furono bloccate dall’Autorità Giudiziaria tedesca perché
evidentemente fiscalmente irregolari: dunque l’imputato era a conoscenza che
non vi era alcuna certezza che quei veicoli potessero essere importati in Italia
e dunque tutt’altro che nella sua disponibilità, così come aveva fatto credere
alla persona offesa. Il Demichelis perciò artatamente rappresentò la falsa
realtà a quest’ultima di essere in grado di consegnare un’autovettura pur
sapendo che la sua consegna alla medesima non era per nulla sicura, ma
facendosi pagare ugualmente un congruo acconto del prezzo di vendita. In
definitiva, l’imputato … ottenne l’anticipazione di una consistente somma
raggirando la persona offesa con l’artificio di una futura consegna
dell’autovettura convenuta pur non avendo alcuna certezza che ciò sarebbe
realmente avvenuto. Deve essere pertanto confermata la penale responsabilità
dell’imputato in ordine al reato a lui ascritto non potendosi ravvisare nel suo
comportamento una semplice inadempienza contrattuale, così come sostenuto
dalla difesa”.

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