Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 39834 del 22/04/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 39834 Anno 2014
Presidente: BRUNO PAOLO ANTONIO
Relatore: CAPUTO ANGELO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CHILLE’ DOMENICA N. IL 14/01/1968
avverso l’ordinanza n. 224/2013 TRIB. LIBERTA’ di MESSINA, del
07/01/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELO CAPUTO;

Uditi dif sor Avv.;

Data Udienza: 22/04/2014

Udito il Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte
di cassazione dott. E. Scardaccione, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Udito altresì per la ricorrente l’avv. A. Centorrino, che ha insistito per
l’accoglimento del ricorso, producendo l’avviso della conclusione delle indagini
preliminari.

RITENUTO IN FATTO

Messina ha rigettato la richiesta di riesame proposta nell’interesse di Domenica
Chillè avverso il decreto di sequestro preventivo del Giudice delle indagini
preliminari del Tribunale di Messina del 16-20/12/2013 che, in relazione ai reati
di cui agli artt. 110 cod. pen., 216, 223 I. fall., ha disposto il sequestro
preventivo dei rapporti bancari o postali intestati alla ricorrente fino alla
concorrenza di euro 400.172,85.
Secondo il giudice del riesame, il marito della ricorrente Antonino Messina
ha contribuito – insieme con alcuni familiari – a cagionare il dissesto della New
Vigile Peloritano s.r.I., distraendo dal patrimonio sociale somme considerevoli
attraverso la falsificazione dei libri e delle scritture contabili. Prima della
dichiarazione di fallimento, la società aveva ceduto le attrezzature a Folgore
Vigilanza s.r.I., con un’operazione reputata dal consulente come una vera e
propria cessione di azienda senza il trasferimento dei relativi debiti e, dunque,
integrante fatti di bancarotta fraudolenta. Sebbene al momento della cessione le
quote societarie appartenessero a Carmine Viscuso per il 99% e a Carlo
Mancuso, l’azienda – per concorde affermazione degli ex dipendenti della fallita operava senza soluzione di continuità rispetto alla precedente. Da ultimo le
quote di Folgore Vigilanza s.r.l. sono state cedute ai Messina attraverso la fittizia
intestazione del 99% delle stesse a Domenica Chillè, che non ha mai assunto
alcun ruolo gestorio nell’attività dell’istituto di vigilanza, amministrato dal marito
e dal cognato. La stessa Chillè si comunque prestata a consentire la fittizia
integrazione del capitale sociale della Folgore Vigilanza s.r.l. attraverso il
fraudolento meccanismo descritto al capo F) della rubrica (art. 2632 cod. civ.).
Sussiste, pertanto, il fumus commissi delicti del reato di bancarotta fraudolenta,
nonché le esigenze cautelari sottese al vincolo reale, trattandosi di somme che,
rappresentando il profitto dei reati in contestazione, sono suscettibili di confisca.
Proprio in ragione della posizione di prestanome garantita da Chille, che ha
mostrato di operare sul suo patrimonio secondo le indicazioni ricevute da Antonio
Messina e dagli altri indagati, i cespiti sequestrati rappresentano certamente il

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1. Con ordinanza deliberata il 07/01/2014, il Tribunale del riesame di

prodotto della distrazione fraudolenta in pregiudizio della società fallita, quale
risultato della condotta criminale.

2. Avverso la citata ordinanza del Tribunale del riesame di Messina ha
proposto ricorso per cassazione, nell’interesse di Domenica Chillè, l’avv.
Antonino Centorrino, denunciando – nei termini di seguito enunciati nei limiti di
cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen. – il vizio di motivazione
dell’ordinanza impugnata. Domenica Chillè è imputata per il solo capo F) della

è stato disposto per capi di imputazione diversi. La ricorrente non ha mai avuto
rapporti con le società Vigilanza Peloritano s.r.l. e New Vigilanza Peloritano s.r.I.,
né con Folgore Vigilanza s.r.l. fino alla data di acquisto delle relative quote
societarie, sicché ogni considerazione che la vuole coinvolta in fatti pregressi è
destituita di fondamento. La motivazione dell’ordinanza impugnata è carente
nella parte in cui non prevede di escludere beni e/o redditi diversi da quelli che
possono rappresentare il prodotto il profitto immediato e diretto dell’illecito. Il
sequestro è stato eseguito su un conto corrente dell’odierna ricorrente e del
marito Antonino Messina e ha riguardato anche somme di certificata provenienza
da rimborsi Irpef ed Inps, che costituiscono provvidenze indispensabili per il
sostentamento della famiglia.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso non merita accoglimento.
La censura incentrata sul titolo di reato contestato alla ricorrente è generica,
posto che, anche a voler prescindere dagli elementi valorizzati dal giudice del
riesame in ordine al ruolo rivestito nella vicenda complessiva dal fatto di cui al
capo F) contestato alla ricorrente, questa Corte ha già affermato che in caso di
sequestro preventivo avente ad oggetto beni appartenenti a terzi estranei al
reato, incombe sul giudice una pregnante valutazione sul requisito del periculum

in mora, sia pure in termini di semplice probabilità, del collegamento di tali beni
con le attività delittuose dell’indagato, sulla base di elementi che appaiano
concretamente indicativi della loro effettiva disponibilità da parte di quest’ultimo
(Sez. 6, n. 18766 del 18/02/2014 – dep. 06/05/2014, Giacchetto, Rv. 259131),
profilo, questo, non contestato dalla ricorrente. Per altro verso, le doglianze
relative all’estraneità ai fatti della ricorrente trascurano di confrontarsi con gli
elementi valorizzati dal Tribunale del riesame in ordine all’intestazione fittizia in
capo alla ricorrente del 99% delle quote di Folgore Vigilanza s.r.I., sicché, sul
punto, la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentative della decisione

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rubrica, dal quale non è derivato alcun danno per la società, laddove il sequestro

impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione determina
l’inammissibilità della censura (Sez. 1, n. 4521 del 20/01/2005 – dep.
08/02/2005, Orru’, Rv. 230751)
Infondata è la doglianza relativa al conto corrente sulla cui disponibilità è
stato operato il sequestro. Premesso che, come da consolidato orientamento di
questa Corte, il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di
sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale
nozione dovendosi comprendere sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”,

posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti
minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere
comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U, n. 25932 del
29/05/2008 – dep. 26/06/2008, Ivanov, Rv. 239692), l’ordinanza impugnata si
sottrae alle deduzioni della ricorrente, avendo rilevato come il cespite
sequestrato rappresenti il prodotto della distrazione fraudolenta in pregiudizio
della società fallita, quale risultato della condotta criminale in relazione alla quale
è stato sviluppato ampio apparato argomentativo. Né a diverse conclusioni può
giungersi sulla base della prospettata confluenza sul conto corrente presso il
quale è stato effettuato il sequestro di somme di provenienza da rimborsi Irpef o
Inps, posto che, come già affermato da questa Corte, in tema di bancarotta
fraudolenta, è legittimo il sequestro preventivo sulle giacenze di conto corrente
acceso dall’indagato presso una banca, quando si sospetti che siffatta ricchezza
costituisca il provento di distrazioni fraudolente commesse in pregiudizio di
società fallite, non rilevando, a tal fine, la confusione con il personale patrimonio
qualora il cespite sequestrato rappresenti il prodotto o il profitto del reato della
distrazione fraudolenta in pregiudizio della fallita società, quale risultato della
condotta criminosa, con la conseguenza che esso mantiene una sua intrinseca
pericolosità che non si esaurisce nella confusione patrimoniale (Sez. 5, n. 42235
del 30/09/2010 – dep. 29/11/2010, Montagna, Rv. 248888).
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato e la ricorrente deve essere
condannata al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al
processuali.
Così deciso il 22/04/2014

pagamento delle spese

sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo

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