Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 39823 del 26/05/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 39823 Anno 2015
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: MULLIRI GUICLA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Brocca Paride, nato a Scorrano il 23.6.75
indagato art. 44/b D.P.R. 380/01

avverso la l’ordinanza del Tribunale, Sezione per il Riesame, di Lecce del 10.10.14

Sentita la relazione del cons. Guida Mùlliri;
Sentito il P.M. nella persona del P.G. dr. Sante Spinaci, che ha chiesto il rigetto del
ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1. Vicenda processuale e provvedimento impugnato – Con l’ordinanza impugnata, il
Tribunale, Sezione per il Riesame, ha respinto l’appello proposto dal ricorrente contro la
richiesta di revoca del sequestro preventivo che era stato disposto dal G.i.p. e che aveva ad
oggetto un’opera edilizia di cui si assume l’abusività in quanto realizzata in modo difforme dalla

Data Udienza: 26/05/2015

2. Motivi del ricorso – Avverso tale decisione, l’indagato – dopo aver ripercorso le
vicende relative all’immobile di cui si discute e ricordato che, inizialmente, vi era stato il
rilascio di un’autorizzazione e, quindi, era stata avviata una procedura di sanatoria – ha
proposto ricorso, tramite difensore, deducendo che il manufatto rientra a pieno titolo, sotto il
profilo oggettivo, nei criteri edificatori tipizzati perché esso, il 21.6.14, è stato fatto oggetto di
rilascio, da parte del Comune di Sanarica, di una “variante in coso d’opera al permesso di
costruire n. 21 del 25.6.13” con accertamento di conformità per la realizzazione di un
fabbricato da destinare ad abitazione e deposito, connesso alla coltivazione ed allo
sfruttamento del fondo.
Sulla base del rilascio di tale variante, il ricorrente aveva, pertanto, chiesto il
dissequestro del manufatto che erroneamente è stato negato visto che il G.i.p. ha fatto
riferimento a delle valutazioni della Polizia Municipale che, però, tengono conto di un limite
plano-volumetrico applicabile solo nelle ipotesi di asservimento della cubatura di fondi non
contigui.
Il Tribunale, Sezione per il Riesame, pertanto, nel confermare la decisione del G.i.p., ha
errato perché si è basato su due affermazioni non consentite: la prima, assertiva della
necessità di una perizia per valutare se le dimensioni del manufatto assentito con la variante
siano rispettose della normativa; la seconda, assertiva del mancato rispetto della “doppia
conformità” (in quanto l’originaria progettazione avrebbe avuto ad oggetto un immobile con
destinazione funzionale diversa).

Il primo argomento viene criticato sul rilievo che è sufficiente eseguire un’operazione
matematica di moltiplicazione per controllare la conformità di un progetto ai limiti planovolumetrici e non si rende necessaria, a tal fine, alcuna perizia.
Quanto al secondo argomento lo si considera erroneamente utilizzato dai giudici i quali
hanno valutato la “doppia conformità” avendo come parametro di riferimento della legittimità
la prima concessione laddove, invece, tale criterio – come definito dalla stessa norma richiede che l’opera sia conforme, tanto, alla normativa urbanistica vigente al momento della
realizzazione, quanto, a quella vigente al momento della domanda in sanatoria.
Il ricorrente conclude invocando l’annullamento della ordinanza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Motivi della decisione – Il ricorso è infondato e deve essere respinto.
3.1.
Non merita accoglimento il primo motivo perché, con argomentazione
suggestiva, esso distoglie l’attenzione da un aspetto decisivo, vale a dire, che i fondi di cui si
va trattando non erano contigui.
L’aspetto è puntualizzato molto chiaramente nel provvedimento impugnato quando si
ricorda che, dal verbale di sequestro preventivo della Polizia Provinciale emerge chiaro
«l’accorpamento illegittimo» delle particelle nn. 67, 412, 414 e 418 «non confinanti».
Evidente, quindi che la questione è mal posta dal ricorrente perché, nella specie, il
punto non è come eseguire i conteggi ma, piuttosto, che non è stato superato il dato obiettivo
dell’accorpamento fittizio di fondi tra loro non contigui.

D.P.R. 380/01,
Come ribadito di recente (sez. III, 16.10.14, Statuto, Rv. 262018) l’art. 3
nell’estendere la categoria degli interventi di manutenzione straordinaria al frazionamento o
accorpamento di unità immobiliari con esecuzione di opere «richiede comunque che rimangano
immutate la volumetria complessiva e la originaria destinazione d’uso» se esse comportano
una variazione di superficie o del carico urbanistico. Nella specie, l’ordinanza impugnata è
chiara nel ricordare che, invece, sulle particelle nn. 51 e 52, sulle quali insiste l’opera edilizia
ed ove avrebbero potuto essere realizzati non più di 170,28 mc. era stato realizzato un
fabbricato con volumetria pari a circa 332,96 mc..
2

originaria progettazione e, quindi, in difformità dallo strumento urbanistico. Per tale ragione, a
carico del ricorrente, si procede per il reato di cui all’art. 44/b D.P.R. 380/01.

Né vale il richiamo del ricorrente – citato anche nell’appello al Tribunale, Sezione per il
Riesame – al fatto che vi fosse stato un cambio di destinazione delle superfici eccedenti il limite
previsto dal regolamento edilizio perché (come detto nel precedente appena citato) il mutamento di
destinazione d’uso di un immobile previa esecuzione di opere edilizie senza il preventivo
rilascio del permesso di costruire, integra comunque il reato di cui all’art. 44 del d.P.R. n. 380
del 2001 (salva la possibilità di una verifica, in concreto – che allo stato non c’è e non è stata provata neppure dal

Al momento, pertanto, deve ribadirsi che la variante di cui parla il ricorrente nel suo
secondo motivo non rileva perché, quando si accorpano fondi, essi devono essere contigui e
non si possono alterare le superfici.
Ne consegue che anche il discorso relativo al difetto di prova circa la c.d. “doppia
conformità” non è pertinente perché non si attaglia al caso di specie ove difettava, ab initio, la
possibilità di unificare particelle non limitrofe.

Nel respingere il ricorso, segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali

P.Q.M.
Visti gli artt. 615 e ss. c.p.p.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali

Così deciso il 26 maggio 2015
Il Presidente

ricorrente – di rispetto dei limiti nella nuova progettazione presentata alla P.A. ai fini del rilascio del permesso in
sanatoria).

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