Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3980 del 16/12/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 3980 Anno 2015
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: PELLEGRINO ANDREA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PELLISTRI GIANLUCA N. IL 20/07/1979
avverso la sentenza n. 1403/2010 CORTE APPELLO di GENOVA, del
03/10/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA
PELLEGRINO;

Data Udienza: 16/12/2014

osserva

2. Propone ricorso per cassazione l’imputato, tramite difensore, lamentando,
quale motivo unico, vizio di motivazione per contraddittorietà e manifesta
illogicità della motivazione in ordine alla censura relativa alla derubricazione
del delitto di ricettazione in quello di appropriazione di cose smarrite.
3. Il ricorso è inammissibile per genericità e manifesta infondatezza.
Per consolidata giurisprudenza di questa Corte, è inammissibile il ricorso per
cassazione fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di
quelli già dedotti in appello e motivatamente disattesi dal giudice di merito,
dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto
non assolvono la funzione tipica di critica puntuale avverso la sentenza oggetto
di ricorso (v., tra le tante, Sez. 5, sent. n. 25559 del 15/06/2012, Pierantoni;
Sez. 6, sent. n. 22445 del 08/05/2009, p.m. in proc. Candita, Rv. 244181;
Sez. 5, sent. n. 11933 del 27/01/2005, Giagnorio, Rv. 231708). In altri
termini, è del tutto evidente che a fronte di una sentenza di appello, da
leggersi in integrazione con quella di primo grado in presenza di una c.d.
“doppia conforme”, che ha fornito una risposta ai motivi di gravame, la
pedissequa riproduzione di essi come motivi di ricorso per cassazione non può
essere considerata come critica argomentata rispetto a quanto affermato dalla
Corte d’appello: in questa ipotesi, pertanto, i motivi sono necessariamente
privi dei requisiti di cui all’art. 581 cod. proc. pen., comma 1, lett. c), che
impone la esposizione delle ragioni di fatto e di diritto a sostegno di ogni
richiesta (Sez. 6, sent. n. 20377 del 11/03/2009, Arnone, Rv. 243838).
Invero, i giudici d’appello, con motivazione congrua e priva di vizi logicogiuridici capace di superare gli odierni reiterati rilievi difensivi, hanno
riconosciuto come “… non può configurarsi il delitto di cui all’art. 647 cod. pen.
qualora gli oggetti smarriti conservino chiari e intatti i segni esteriori di un
legittimo possesso altrui, poiché in tali ipotesi il venir meno della loro relazione
materiale con il titolare non comporta la cessazione del potere di fatto da
questi esercitato. Ciò posto – a prescindere dal rilievo che l’argomento
difensivo afferente il ritrovamento del carnet di assegni in giardino costituisce
una méra astratta ipotesi neppure riferita dall’imputato, rimasto contumace si osserva che, se anche ciò corrispondesse al vero, non potrebbe essere
ipotizzabile il reato di cui all’art. 647 cod. pen. poiché gli assegni contengono
sempre l’indicazione del numero di conto corrente e dell’istituto bancario
presso il quale detto conto è acceso, con la conseguenza che è sempre
possibile risalire al nominativo del titolare del conto”.
4. Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della

1. Con la sentenza impugnata, la Corte d’appello di Genova, prima sezione
penale, confermava la sentenza di primo grado che aveva condannato Pellistri
Gianluca alla pena di anni quattro, mesi cinque, giorni dieci di reclusione ed
euro 1.200,00 di multa per i reati di cui agli artt. 640, 485 e 648 cod. pen..

Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di euro
1000,00 (mille/00) a titolo di sanzione pecuniaria.

P.Q.M.

Così deciso in Roma il 16 dicembre 2014
Il Consigliere estensore

Il Presidente

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di mille euro alla Cassa delle
Ammende.

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