Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 39799 del 17/04/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 39799 Anno 2014
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: MICHELI PAOLO

SENTENZA

sui ricorsi proposti nell’interesse di

Zampaloni Moira, nata a Sant’Elpidio a Mare il 23/01/1974

Ripani Duino, nato a Sant’Elpidio a Mare il 04/09/1977

avverso la sentenza emessa il 29/03/2012 dalla Corte di appello di Ancona

visti gli atti, la sentenza impugnata e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Paolo Micheli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
Giuseppe Volpe, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità dei
ricorsi

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Ancona, in data 29/03/2012, riformava
parzialmente la sentenza emessa il 29/06/2007 dal Tribunale di Fermo, sezione
distaccata di Sant’Elpidio a Mare, recante la condanna a pene ritenute di giustizia

Data Udienza: 17/04/2014

nei confronti di Moira Zampaloni e Duino Ripani, per il delitto di concorso in
lesioni personali (entrambi) e minaccia aggravata (la sola Zampaloni). I fatti si
assumevano commessi in danno dei coniugi Marina Bonazzi e Marcello Marcelli,
poi costituitisi parti civili: le lesioni, nell’ipotesi accusatoria, erano altresì da
ascrivere a Federico Zampaloni, la cui posizione era stata stralciata a seguito di
istanza di rito alternativo.
I giudici di secondo grado assolvevano la Zampaloni dal reato ex art. 612
cod. pen., rideterminando la pena a lei inflitta in mesi 3 di reclusione; negli

territoriale che il Tribunale aveva incongruamente disposto il medesimo
trattamento sanzionatorio per entrambi gli imputati, pur dovendo il Ripani
rispondere di un solo reato. Quanto all’individuazione dei due prevenuti quali
responsabili dell’aggressione, la Corte marchigiana dava atto di una ricognizione
fotografica della Zampaloni espressa in termini di certezza da parte della
Bonazzi, mentre il marito di costei l’aveva riconosciuta con elevata probabilità; il
Ripani era invece stato indicato dai due coniugi nell’immediatezza del fatto,
segnalandolo ai Carabinieri nel frattempo intervenuti mentre si trovava ancora in
prossimità del luogo – sul lungomare di Porto Sant’Elpidio – dove gli episodi si
erano verificati.

2. Propone ricorso per cassazione la Zampaloni, a mezzo del proprio
difensore di fiducia. Nell’interesse dell’imputata si deduce:
– inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 191 e 361 del codice di rito,
travisamento della prova e vizio di motivazione della sentenza impugnata, atteso
che il riconoscimento della ricorrente da parte della Bonazzi e del Marcelli
sarebbe stato operato sulla base delle medesime fotografie già loro esibite nel
corso delle indagini preliminari. Il Marcelli si sarebbe peraltro limitato ad
affermare, al condizionale e salvo errore, che la foto della Zampaloni
corrispondeva al suo ricordo dell’autrice dell’aggressione, mentre i giudici di
merito avrebbero acriticamente recepito la ricognizione della Bonazzi, senza
tenere conto della personalità di quest’ultima, né dell’interesse che ella (come
pure il marito) nutriva verso l’esito del processo, in quanto parti civili. La
ricorrente richiama la giurisprudenza di legittimità in tema di vaglio
sull’attendibilità intrinseca della persona offesa, nel caso di specie del tutto
omesso dalla Corte territoriale;
– violazione dell’art. 59 della legge n. 689 del 1981, nonché difetto di
motivazione, avendo i giudici di appello rigettato la richiesta di conversione della
pena detentiva nella sanzione pecuniaria di genere corrispondente, richiamando
genericamente lo stato dei precedenti della donna e senza chiarire se la ragione

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stessi termini era ridotta la pena irrogata al Ripani, osservando la Corte

ostativa dovrebbe intendersi tale ai sensi del primo o del secondo comma della
norma anzidetta;
– inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 541 del codice di rito, e carenza
di motivazione, quanto alla condanna dell’imputata alla riduzione delle spese
sostenute dalla parte civile Marcelli, dal momento che la Zampaloni deve
intendersi essere stata ritenuta responsabile soltanto delle lesioni riportate dalla
Bonazzi (con il Ripani esclusivo responsabile delle lesioni subite dal marito di

3. Propone altresì ricorso, affidato a tre motivi, il difensore del Ripani.
3.1 In primis, la difesa deduce violazione degli artt. 192 e 603 cod. prod.
pen., nonché mancanza e manifesta illogicità della motivazione della sentenza
impugnata. La doglianza riguarda il rigetto dell’istanza, formulata con i motivi di
appello, volta all’escussione di Federico Zampaloni, essendo nel frattempo
intervenuto il passaggio in giudicato della sentenza pronunciata nei suoi
confronti: secondo la Corte anconetana, il corredo probatorio sarebbe stato
sufficiente, senza tenere conto della necessità di sottoporre a severo vaglio
critico gli assunti dei denuncianti, dell’esistenza di certificati medici che
documentavano il solo fatto storico delle lesioni lamentate e del rilievo che gli
ufficiali di p.g. operanti erano stati in grado di riferire esclusivamente in ordine a
fatti successivi rispetto alla presunta aggressione, cui non avevano assistito.
Ad avviso del difensore del Ripani la mancata audizione dello Zampaloni
aveva privato l’imputato della possibilità di esaminare un soggetto il cui
contributo sarebbe stato fondamentale, anche perché il prevenuto non aveva
avuto modo di segnalare altri testi a discarico «in quanto, non essendo l’autore
del reato non era certo in grado di indicare altri testi presenti che potessero
scagionarlo». A riguardo, viene evidenziato che il Ripani fu notato dalle stesse
persone offese nell’atto di passeggiare tranquillamente poco distante, e subito
indicato quale coautore della condotta violenta: circostanza che avrebbe dovuto
essere valutata dai giudici di merito sul piano logico, essendo inverosimile che il
ricorrente si fosse trattenuto in loco, conscio di poter essere rintracciato.
3.2 II secondo motivo di ricorso, sviluppando il precedente, riguarda ulteriori
profili di violazione della legge processuale, in quanto la pretesa ricognizione del
Ripani sarebbe avvenuta da parte di due soggetti in grado di influenzarsi
reciprocamente, che neppure avevano descritto le fattezze o l’abbigliamento del
presunto terzo aggressore e che dunque si limitarono ad esternare una
sensazione soggettiva: ciò a fronte della mancanza in atti della prova di un
qualunque collegamento tra l’imputato e gli Zampaloni. Il Ripani non sarebbe
poi stato messo in condizione di esercitare immediatamente i propri diritti di

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quest’ultima).

difesa, visto che gli operanti non provvidero neppure a identificarlo nelle forme
dovute.
3.3 Con il terzo ed ultimo motivo, il ricorrente deduce violazione dell’art. 133
cod. pen., per non avere la Corte di appello indicato i criteri adottati per giungere
alla commisurazione della pena inflitta; in particolare, non sarebbe dato
comprendere come si sia pervenuti a mesi 3 di reclusione come pena finale,
atteso che con riguardo alla Zampaloni risulta indicata detta pena in ragione del
minimo edittale, ma a quel punto la sanzione irrogata al Ripani – certamente

un secondo momento in difesa della stessa Zampaloni, che riteneva aggredita avrebbe dovuto essere ridotta per effetto delle circostanze attenuanti generiche
espressamente riconosciute in suo favore già dal giudice di prime cure.

4. Con memoria depositata il 15/04/2014, il difensore delle parti civili
contesta le ragioni di doglianza sostenute dai ricorrenti, sollecitando la
dichiarazione di inammissibilità dei due atti di impugnazione, od in subordine il
rigetto degli stessi, con conferma delle statuizioni civili.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il reato per cui è intervenuta condanna è estinto, per essere il termine
prescrizionale massimo (di cui agli artt. 157 e segg. cod. pen.) interamente
decorso alla data del 14/10/2012: si deve tenere conto, al fine indicato, di mesi
8 e giorni 1 di sospensione dei relativi termini, come da rinvii del processo
disposti nel corso del giudizio di merito.
Ai sensi dell’art. 578 cod. proc. pen., i ricorsi degli imputati debbono perciò
essere esaminati ai soli fini civili, il che comporta comunque il superamento delle
questioni sollevate in punto di trattamento sanzionatorio, quali ad esempio le
doglianze formulate dal Ripani con il terzo motivo di ricorso o quella concernente
il rigetto dell’istanza di conversione della pena detentiva applicata alla
coimputata.

2. Quanto alle censure mosse dalla difesa della Zampaloni, non si rileva
alcun vizio formale nell’essere state sottoposte alle persone offese le medesime
fotografie già utilizzate ai fini della ricognizione operata nel corso delle indagini:
nell’interesse dell’imputata non viene poi segnalato sotto quali profili le
deposizioni rese dalla Bonazzi o dal Marcelli sarebbero non attendibili o
contraddittorie, limitandosi l’impugnante a ritenere – in parte qua

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insufficiente

meritevole a fortiori del minimo, assumendosi che egli sarebbe sopraggiunto in

ed illogica la motivazione adottata dalla Corte territoriale, senza illustrare le
ragioni dell’assunto.
Non è poi corretto affermare che la Zampaloni sarebbe stata ritenuta
responsabile soltanto del reato commesso in danno della Bonazzi (ed il Ripani di
quello che vede persona offesa il solo Marcelli): dalla rubrica si evince che ella
spinse e morse ad una mano la Bonazzi, mentre Federico Zampaloni ed il Ripani
attinsero il Marcelli con calci e percosse, tuttavia la compresenza di tutti gli
imputati nel medesimo contesto appare già dirimente ai fini della sussistenza del

giurisprudenza delle Sezioni Unite insegna da tempo che «in tema di concorso di
persone nel reato, la volontà di concorrere non presuppone necessariamente un
previo accordo o, comunque, la reciproca consapevolezza del concorso altrui,
essendo sufficiente che la coscienza del contributo fornito all’altrui condotta
esista unilateralmente, con la conseguenza che essa può indifferentemente
manifestarsi o come previo concerto o come intesa istantanea ovvero come
semplice adesione all’opera di un altro che rimane ignaro» (Cass., Sez. U, n. 31
del 22/11/2000, Sormani, Rv 218525). Coerentemente, si è più di recente
precisato che «ai fini della configurabilità del concorso di persone nel reato, il
contributo concorsuale assume rilevanza non solo quando abbia efficacia
causale, ponendosi come condizione dell’evento lesivo, ma anche quando
assuma la forma di un contributo agevolatore, e cioè quando il reato, senza la
condotta di agevolazione, sarebbe ugualmente commesso, ma con maggiori
incertezze di riuscita o difficoltà. Ne deriva che, a tal fine, è sufficiente che la
condotta di partecipazione si manifesti in un comportamento esteriore idoneo ad
arrecare un contributo apprezzabile alla commissione del reato, mediante il
rafforzamento del proposito criminoso o l’agevolazione dell’opera degli altri
concorrenti, e che il partecipe, per effetto della sua condotta, idonea a facilitarne
l’esecuzione, abbia aumentato la possibilità della produzione del reato, poiché in
forza del rapporto associativo diventano sue anche le condotte degli altri
concorrenti» (Cass., Sez. VI, n. 36818 del 22/05/2012, Amato, Rv 253347).

3. In ordine al ricorso del Ripani, l’immediatezza del riconoscimento operato
dalle persone offese – a fronte della obiettiva anteriorità alla conclusione del
giudizio di primo grado della prospettiva di escutere Federico Zampaloni, e
dunque della necessità di provvedere ai sensi del primo comma dell’art. 603 cod.
proc. pen. – rendeva certamente ineccepibile la decisione della Corte territoriale
di non dare corso alla sollecitata rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale,
rituale soltanto in caso di impossibilità di pervenire altrimenti ad una decisione.
Sono invece afferenti il merito le ulteriori censure, a fronte della plausibilità delle

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loro concorso nelle lesioni cagionate ad entrambe le persone offese. La

argomentazioni adottate nella sentenza impugnata per offrire una spiegazione
del comportamento dell’imputato, rimasto nelle vicinanze del /ocus commissi
delicti malgrado il rischio di essere individuato, e tenendo conto che l’ipotesi di
un reciproco condizionamento della Bonazzi e del Marcelli nell’indicare il Ripani
come partecipe all’aggressione risulta meramente allegata.

4. Si impone pertanto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata,

P. Q. M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, per essere il reato estinto per
prescrizione.
Rigetta i ricorsi agli effetti civili.

Così deciso il 17/04/2014.

nei termini di cui al dispositivo.

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