Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3977 del 16/12/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 3977 Anno 2015
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: PELLEGRINO ANDREA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MAREGA ROBERTO N. IL 06/01/1968
avverso la sentenza n. 1318/2010 CORTE APPELLO di TRIESTE, del
13/11/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA
PELLEGRINO;

Data Udienza: 16/12/2014

osserva

2. Propone ricorso per cassazione l’imputato, assistito da difensore,
lamentando, quale formale motivo unico, la violazione dell’art. 606 comma 1
lett. b) cod. proc. pen. in relazione all’inosservanza ovvero all’erronea
applicazione della legge penale nonché la violazione dell’art. 606 comma 1 lett.
e) cod. proc. pen. con riferimento alla mancanza ovvero alla manifesta
illogicità della motivazione in relazione alla ritenuta integrazione dell’elemento
soggettivo che sorregge i reati di cui ai capi 3) ed L) nonché dell’elemento
materiale di cui al capo K) e in ordine al rigetto dell’istanza di applicazione
pena rinnovata in esordio di secondo grado di giudizio e in sede di trattamento
sanzionatorio. Da ultimo si censura l’entità della pena inflitta e l’avvenuta
inopinata svalutazione del riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 5
cod. pen..
3. Il ricorso è inammissibile per genericità e manifesta infondatezza.
Il ricorrente, non senza evocare in larga misura generiche censure in fatto non
proponibili in questa sede, si è per lo più limitato a riprodurre le stesse
questioni già devolute in appello e da quei giudici puntualmente esaminate e
disattese, con motivazione del tutto coerente e adeguata che non è stata in
alcun modo sottoposta ad autonoma e argomentata confutazione. È ormai
pacifica acquisizione della giurisprudenza di questa Suprema Corte come debba
essere ritenuto inammissibile il ricorso per Cassazione fondato su motivi che
riproducono le medesime ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice
specifici.
gli
stessi
considerare
non
gravame,
dovendosi
del
La mancanza di specificità del motivo, infatti, va valutata e ritenuta non solo
per la sua genericità, intesa come indeterminatezza, ma anche per la
mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata
e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, dal momento che quest’ultima
non può ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio
di aspecificità che conduce, a norma dell’art. 591 cod. proc. pen., comma 1,
lett. c), alla inammissibilità della impugnazione (in tal senso, Sez. 2, sent. n.
29108 del 15/07/2011, Cannavacciuolo non mass.; conf. Sez. 5, sent. n.
28011 del 15/02/2013, Sammarco, rv. 255568; Sez. 4, sent. n. 18826 de
09/02/2012, Pezzo, rv. 253849; Sez. 2, sent. n. 19951 del 15/05/2008, Lo
Piccolo, rv. 240109; Sez. 4, sent. n. 34270 del 03/07/2007, Scicchitano, rv.
236945; Sez. 1, sent. n. 39598 del 30/09/2004, Burzotta, rv. 230634; Sez. 4,
sent. n. 15497 del 22/02/2002, Palma, rv. 221693).
Va inoltre evidenziato come il giudice dell’appello non è tenuto a rispondere a
tutte le argomentazioni svolte nell’impugnazione, giacché le stesse possono

1. Con la sentenza impugnata, la Corte d’appello di Trieste, prima sezione
penale, confermava la pronuncia di primo grado che aveva condannato Marega
Roberto alla pena di anni due, mesi quattro di reclusione ed euro 800,00 di
multa per i reati di cui ai capi 3 (artt. 81 cpv., 110, 648, 61 n. 2 cod. pen.), K1
(artt. 110, 81 cpv., 485, 491 e 61 n. 2 cod. pen.) ed L (artt. 56, 110, 640, 61
n. 2 e 7 cod. pen.) d’imputazione.

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essere disattese per implicito o per aver seguito un differente iter
motivazionale o per evidente incompatibilità con la ricostruzione effettuata
(cfr., per tutte, Sez. 6, sent. n. 1307 del 26/09/2002, dep. 14/01/2003,
Delvai, rv. 223061).
Va in ogni caso evidenziato come lo sviluppo argomentativo della motivazione
della sentenza impugnata, da integrarsi con quella di primo grado, è fondato
su una coerente analisi critica degli elementi di prova e sulla loro coordinazione
in un organico quadro interpretativo, alla luce del quale appare dotata di
adeguata plausibilità logica e giuridica l’attribuzione a detti elementi del
requisito della sufficienza, rispetto al tema di indagine concernente la
responsabilità del ricorrente in ordine ai delitti contestati ai capi 3), K1) ed L).
La motivazione della sentenza impugnata supera quindi il vaglio di legittimità
demandato a questa Corte, alla quale non è tuttora consentito di procedere ad
una rinnovata valutazione dei fatti magari finalizzata, nella prospettiva del
ricorrente, ad una ricostruzione dei medesimi in termini diversi da quelli fatti
propri dal giudice del merito.
Fermo quanto precede, i giudici d’appello, con motivazione congrua e priva di
vizi logico-giuridici capace di superare gli odierni reiterati rilievi difensivi, hanno
ritenuto quanto segue: “… nei confronti del Marega … sussistono
incontrovertibili elementi probatori che depongono, al di là di ogni ragionevole
dubbio, per la responsabilità dell’imputato in relazione a tutte le fattispecie
criminose per le quali è intervenuta condanna. Le indagini hanno infatti
comprovato che gli assegni versati dal Marega nei due libretti di deposito a sé
intestati risultano provento di precedenti furti, commessi nel corso della loro
spedizione a mezzo posta. Risulta del pari la contraffazione dei titoli, una volta
sottratti ai legittimi destinatari, nel nominativo del beneficiario (indicato in
entrambi nel Marega) e nell’importo, di molto superiore a quello alquanto
modesto indicato dall’emittente il titolo. La riconducibilità alle fattispecie di cui
all’art. 648, 485 e 491 cod. pen. è indiscutibile perché il Marega è stato trovato
in possesso dei titoli … e non ha provato … una attendibile e credibile ragione
giustificativa del possesso dei titoli, che anzi sono risultati dalle indagini
contraffatti, con inserimento del suo nome quale beneficiario, circostanza
questa che comprova la sua partecipazione consapevole alla contraffazione.
Sussiste altresì la prova dell’elemento psicologico della ricettazione …
consistente nella consapevolezza della provenienza delittuosa degli assegni da
parte dell’agente alla luce della circostanza che il Marega non ha fornito una
spiegazione plausibile della ricezione degli assegni, dai quali risultavano quali
traenti società con le quali egli non risultava avere avuto alcun tipo di rapporto.
Né per cedo è credibile che il Marega possa avere ricevuto dal Filigoi,
conosciuto casualmente in un bar nei pressi del valico di casa Rossa a Gorizia,
assegni per 19.850 euro la prima volta ed euro 72.850 la seconda volta a titolo
di anticipazione in vista di non meglio definite attività di lavoro che il Filigoi gli
avrebbe commissionato. La circostanza del difetto di cause giustifica trici di
dazione delle ingenti somme di denaro portate dai titoli, in uno agli altri
elementi su evidenziati delle circostanze della consegna e della contraffazione
degli assegni, depone in modo univoco per una situazione psicologica
dell’imputato riconducibile a quella, di natura dolosa, presa in considerazione
dalla norma incriminatrice contestata ex art. 648 cod. pen.. Del pari è

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incontestabile la responsabilità del Marega per le tentate truffe atteso che
emerge dalle indagini compiute come il versamento avveniva in libretti tenuti
in vita con versamenti di denaro modesti solo per consentire un vantaggio
ingente con pari danno per gli emittenti … che non si sono realizzati per cause
indipendenti dalla volontà del Marega. Circa il trattamento sanzionatorío … da
un lato i fatti … appaiono tutt’altro che modesti …, dall’altro tali condotte
appaiono rappresentative di un sistema di vita che connota in chiave negativa
la personalità dell’imputato, anche in relazione a fatti successivi a quelli per cui
è procedimento per i quali il Marega ha riportato condanna. Appare poi di
assoluta evidenza come i precedenti penali anche specifici dell’imputato
giustifichino pienamente non solo il mancato riconoscimento delle invocate
circostanze attenuanti generiche, ma anche la valutazione della recidiva in
quanto sicuramente rivelatrice di una inquietante inclinazione a delinquere del
Marega nonché di quella significa tività dei nuovi episodi criminosi in rapporto ai
delitti oggetto di precedenti condanne idonea a giustificare la valutazione, in
sede di determinazione del trattamento sanzionatorio, della recidiva, in quanto
espressione di una maggiore consapevolezza e crescente pericolosità
dell’imputato. Né poi può essere sopravvalutato il peso della collaborazione
offerta all’individuazione di Devetak Niko e Maraz Bostjan, alla cui
individuazione gli inquirenti sono pervenuti in maniera del tutto autonoma …,
né a quella del Filigoi, alla cui identificazione e riconoscimento gli inquirenti
sono pervenuti in altrettanto modo attraverso un’attività di indagine autonoma
descritta nell’annotazione 14.4.2007, che ha trovato solo riscontro nelle
dichiarazioni spontanee rilasciate dal Marega … omissis … In definitiva la
affermata collaborazione né integra attenuante ex art. 62 n. 6 cod. pen. né
può prevalere ai fini del riconoscimento delle generiche sulla gravità dei fatti e i
precedenti dell’imputato. Alcuna censura appare poi riscontrabile sulla
determinazione della pena base tutt’altro che incongrua … così come appare
congruo e condivisibile l’aumento per la continuazione sia riguardato nella sua
misura complessiva considerato il numero e la gravità dei reati che in relazione
ai singoli reati commessi dal prevenuto, in rapporto ai quali il primo giudice
correttamente ha distinto, con valutazione condivisibile, i singoli aumenti
confrontandoli con le singole fattispecie e la loro specifica e concreta gravità in
ragione delle circostanze contestate e ritenute”.
Va infine disattesa, per manifesta infondatezza, anche la censura in merito
all’omesso sindacato sulla richiesta di applicazione pena avanzata nei termini
dall’imputato e non perfezionatasi a causa del mancato consenso da parte del
pubblico ministero.
La manifesta infondatezza del motivo si rileva sotto un duplice profilo: invero,
da un lato, l’ammissione al rito speciale dell’abbreviato, richiesto in subordine
dell’imputato, preclude qualsivoglia tipo di vaglio della fondatezza o meno del
dissenso al patteggiamento richiesto in via principale, qualunque sia la fase in
cui ciò si verifichi, e questo a ragione della scelta dell’imputato che,
richiedendo il rito subordinato, finisce, di fatto, per rinunciare a qualsivoglia
eccezione sul rito richiesto in via principale (v., Sez. 2, sent. n. 8455 del
13/04/1995, dep. 26/07/1995, De Simone, Rv. 202359); dall’altro, non risulta
affatto che nell’atto di appello ovvero in esordio al processo di secondo grado,
l’imputato abbia rinnovato l’istanza di patteggiamento, sollecitando il sindacato

sul pregresso rigetto: richiesta che, in ogni caso, quand’anche fosse stata
avanzata, sarebbe stata comunque dichiarata inammissibile per le ragioni
dinanzi esposte.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di mille euro alla Cassa delle
Ammende.

Così deciso in Roma il 16 dicembre 2014
Il Consigliere estensore

Il Presidente

4. Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della
Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di euro
1000,00 (mille/00) a titolo di sanzione pecuniaria.

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