Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3974 del 28/11/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 1 Num. 3974 Anno 2014
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CAPRIOGLIO PIERA MARIA SEVERINA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
ROMA
nei confronti di:
MASCIA RAFFAELE N. IL 05/09/1980
avverso la sentenza n. 104/2012 CORTE MILITARE APPELLO di
ROMA, del 05/12/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 28/11/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PIERA MARIA SEVERINA CAPRIOGLIO _
1
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la p

civile, l’Avv

UditI difensoit Avv. t,

ot”

A■4-/m

11″ t 19 i i

Data Udienza: 28/11/2013

ritenuto in fatto
1.

Con sentenza del 5.12.2012, la corte militare d’appello di Roma

confermava la sentenza pronunciata dal gip del Tribunale militare di Roma, in data
6.6.2012, con cui MASCIA Raffaele, caporal maggiore dell’esercito, in servizio presso il
sesto reggimento trasporti in Budrio, era stato ritenuto responsabile del reato di
lesione personale lieve, in danno del caporal maggiore capo Sanna Mario, anziché di

dichiarato di non doversi procedere, in mancanza di richiesta di procedimento ad
opera del Comandante del Corpo.
Era risultato dalla perizia disposta, che l’offeso era guarito in soli due giorni,
quindi in un lasso di tempo inferiore a dieci giorni; il gup prima e la corte dopo,
rilevavano che non poteva essere seguita la tesi avanzata dalla Procura secondo cui,
per quanto la lesione inferta dal Mascia al Sanna fosse guarita nel giro di pochissimi
giorni, la condotta da questi tenuta doveva essere inquadrata come insubordinazione
con violenza, essendo stata posta in essere da un militare con grado inferiore a quello
dell’offeso, per ragioni non estranee al servizio ed alla disciplina. La corte ribadiva che
il diverbio tra Mascia e Sanna era sorto a causa dello spostamento di un calorifero
dalla tenda che ospitava il Mascia a quella che ospitava il Sanna, con sostituzione di
uno meno potente, allorchè i prevenuti si trovavano impegnati presso la Task Force
Center in Subzak Pass, in Afghanistan. Così ricostruito il contesto in cui ebbe luogo la
colluttazione insorta tra i due, la corte escludeva che si potesse parlare di cause
inerenti alla disciplina militare, poiché nonostante lo specifico intervento dei superiori,
la vicenda relativa allo spostamento non autorizzato del calorifero, non aveva
cagionato strascichi di natura disciplinare; era stato il Sanna ad aver cercato un
colloquio con Mascia e Boriello per un chiarimento, ritenendo che i commilitoni non si
fossero comportati in modo cameratesco nei suoi confronti. L’incontro non aveva
alcuna attinenza, a detta della corte, con il rapporto disciplinare esistente tra i due; il
fatto che detto incontro anzichè portare ad una composizione del dissidio, abbia
portato a violenze verbali e fisiche, con il coinvolgimento non solo del Mascia, ma
anche del Sanna, non poteva ritenersi tale da ricondurre nell’area della tutela della
disciplina militare un episodio che aveva tratto le sue origini in un dissapore fra i
soggetti interessati, che fu affrontato fuori dal servizio, in un confronto privato fra
commilitoni. Veniva quindi concluso che si trattò di un fatto del tutto correttamente
qualificato come reato militare, secondo il paradigma dell’art. 223 cpmp, non
offensivo degli specifici interessi giuridici del servizio e della disciplina militare , tutelati
dall’art. 186 cpmp.

2

lesione aggravata, come inizialmente contestato e nei suoi confronti era stato

2.

Avverso tale pronuncia ha interposto ricorso per cassazione il

Procuratore Militare della Repubblica presso la Corte d’appello militare, per contestare
la valutazione espressa, atteso che nel caso in parola lo screzio tra i due militari
originò da cause di servizio e non da ragioni private, concernenti il rapporto con i
superiori ed i pari grado. La corte avrebbe perso la visione complessiva degli
accadimenti in cui doveva trovarsi la causa primigenia e principale dello spostamento
del calorifero. Andava valorizzata l’attinenza al servizio ed alla disciplina, rispetto alla

condurre la corte a riformare la sentenza di primo grado, riconoscendo la colpevolezza
dell’imputato per il reato previsto dall’art. 186 c. 1 cpmp. Non si sarebbe trattato di un
fatto diverso da quello in contestazione, ma di una diversa qualificazione giuridica, ai
sensi dell’art. 521 cod.proc.pen.,

3.

Con memoria depositata il giorno 11.11.2013, la difesa del Mascia ha

sottolineato come l’applicazione dell’art. 199 cpmp al caso in questione è seguito
all’accertamento del fatto che il diverbio tra Mascia e Sanna avvenne quando la
questione relativa allo spostamento del calorifero era stata chiusa, anche con
l’intervento dei superiori e senza alcuno strascico di natura disciplinare. Il diverbio
ebbe natura strettamente personale, con il che si trattava di fatto al di fuori della
previsione di cui all’art. 186 cpmp, essendo orientamento ormai consolidato quello
secondo cui non si profilano i reati di cui agli artt. 186 e 189 cpmp, quando i fatti
risultino collegati in un rapporto di semplice occasionalità con gli interessi connessi
alla tutela del servizio e della disciplina. Il comportamento dell’imputato, ricorda la
difesa, fu esemplare poiché a seguito dell’asportazione del calorifero dalla sua stanza,
invece di protestare, si rivolse ai superiori, accettando le conclusioni assunte da
costoro, il che dimostra che non vi fu insubordinazione. In ogni caso se mai si volesse
ravvisare detto reato dovrebbe essere contestato e quindi gli atti dovrebbero essere
trasmessi al pm, ai sensi dell’art. 521 c. 2 cod.proc.pen.

Considerato in diritto.
Il ricorso è infondato e deve essere rigettato, così come del resto richiesto dallo
stesso Procuratore Generale.
I giudici del merito hanno infatti correttamente seguito le linee interpretative
che questa Corte ha fissato in alcuni suoi arresti. In particolare con sentenza Sez. I,
8.10.2002, n. 41703, Rv 223064 è stato affermato che i fatti di violenza, minaccia e
ingiuria commessi tra militari non integrano i reati di cui agli artt. 195 e 196 cod. pen.
mil . Pace, allorché risultino collegati in modo del tutto estrinseco all’area degli interessi
connessi alla tutela del servizio e della disciplina, ponendosi con questi in rapporto di
3

mera coincidenza topografica e ad eventuali motivi privati, che avrebbero dovuto

semplice occasionalità, a nulla rilevando che essi si siano svolti all’interno di una
struttura militare, risolvendosi -diversamente opinando- tale circostanza nella
indebita valorizzazione di una mera coincidenza topografica, in contrasto con la
sentenza 17 gennaio 1991 n. 22 della Corte costituzionale, che ebbe a dichiarare
l’illegittimità costituzionale dell’art. 199 stesso codice limitatamente alle parole “o in
luoghi militari”.
Dunque l’incedere argomentativo dei giudici a quibus è corretto, perché frutto

militari non ricollegabile a ragioni di servizio, ancorchè svoltosi sul luogo in cui
entrambi partecipavano ad un’azione di pace in Afganistan ed in linea con
l’orientamento giurisprudenziale di questa Corte. Come è stato rilevato, il Mascia una
volta vistosi sottrarre un calorifero dalla sua stanza, non protestò con l’autore del
fatto, ma si rivolse ai superiori, accettando di buon grado le conclusioni adottate. La
Corte militare sottolineava che fu il Sanna che si rivolse al Mascia per deplorare il
fatto che si fosse rivolto ai superiori, che alla richiesta di chiarimenti seguì una
degenerazione in parole ed azioni che travalicarono il consentito,ma il contegno tenuto
dall’imputato per quanto integrante un reato militare, non risultava offensivo degli
specifici interessi giuridici del servizio e della disciplina militare. Il carattere “militare”
in sostanza seguiva solo al fatto che occasionalmente fu commesso in luogo militare,
ma non fu in rapporto di derivazione immediata e diretta con il servizio e la disciplina
militare, che ne costituiscono la ragione determinante.
Privo di mende è quindi il passaggio argomentativo secondo cui ricorrendo le
ipotesi criminose di cui agli artt. 222, 226 e 229 cod. pen. mil . pace, l’azione penale
non era procedibile per difetto di richiesta, atteso che i fatti di violenza, minaccia e
ingiuria, commessi tra militari, non integrano i reati di cui agli artt. 195 e 196
c.p.m.p., ove collegati solo occasionalmente all’area degli interessi connessi alla
tutela del servizio e della disciplina.

p.q.m.

Rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, addì 28 Novembre 2013.

di adeguato recepimento dei dati di fatto che hanno delineato un alterco tra due

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA