Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3973 del 28/11/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 3973 Anno 2014
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: LOCATELLI GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MARIOTTI GIANNI N. IL 05/04/1964
avverso la sentenza n. 71/2012 CORTE MILITARE APPELLO di
ROMA, del 28/11/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 28/11/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIUSEPPE LOCATELLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. 01-u.k
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che ha concluso per 1, 14~~,Tv.4, ryn W(A:
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Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 28/11/2013

RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 8.2.2012 emessa a seguito di giudizio abbreviato, il
Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale militare di Verona dichiarava
Mariotti Gianni colpevole del reato di truffa militare aggravata continuata
perché, quale Maresciallo in servizio presso il settimo Reggimento Trentino Alto
Adige con incarico di contabile e responsabile del trattamento economico
accessorio, in concorso con il Luogotentente Peraino addetto alla Cassa, con più
azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, mediante artifici e raggiri

comandanti né svolti, procurava a se l’ingiusto profitto della liquidazione in
proprio favore della somma di euro 6.159 ed a favore del Luogotenente Peraino
della somma complessiva di euro 6.325. Fatti commessi in Laivez nel periodo da
gennaio a luglio 2010.Per l’effetto, riconosciuta l’attenuante prevista dall’art.62
n.6 cod.pen. equivalente alle contestate aggravanti, lo condannava alla pena di
anni 1 e mesi 10 di reclusione e alla pena accessoria della rimozione dal grado,
con i benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione.
La Corte militare di appello, in riforma della sentenza del Tribunale,
dichiarava non doversi procedere per prescrizione con riguardo al compenso
percepito nel mese di aprile 2005, e riduceva la pena in relazione ai restanti fatti
a mesi 9 e giorni 26 di reclusione militare.
Il fatto era così ricostruito: l’attestazione dei servizi accessori prestati
riportata nei “fogli di presenza”, contenenti i dati sugli orari di entrata ed uscita
del personale in servizio al reparto, erano trasfusi su un documento denominato
SUP2, con indicazione delle competenze economiche spettanti a ciascun
militare; dopo la firma del Comandate, i dati del modello SUP2 venivano inseriti
nel programma informatico denominato “gestione stipendi”, con conseguente
liquidazione delle somme spettanti; l’imputato era addetto sia alla compilazione
dei modelli SUP2 che alla immissione dei dati nel programma informatico; da un
raffronto tra i dati contenuti nel modello SUP2 e le somme erogate a seguito
dell’inserimento dei dati nel programma informatico, risultava una sistematica
discrepanza dei dati relativi alla posizione dell’imputato Mariotti, il quale aveva
beneficiato del pagamento di somme in eccesso.
Avverso la sentenza della Corte di appello l’imputato personalmente propone
ricorso per i seguenti motivi:1) nullità della sentenza per mancanza,
contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione nella parte in cui si
assume che la presenza anche di errori in difetto nell’inserimento nel programma
di gestione dei dati stipendiali era finalizzata alla dissimulazione dell’illecito, e
laddove si assume indimostrata e non rilevante l’allegazione difensiva secondo
cui i dati inseriti nel programma di gestione degli stipendi non provenivano dai
1

consistiti nella attribuzione di competenze economiche relative a servizi mai

modelli SUP2 ma dalle risultanze del programma interno LG.; 2) inutilizzabilità
assoluta e patologica della annotazione di servizio 9.8.2010 del cap. Mignini in
cui sono riportate dichiarazioni confessorie rese dal ricorrente in violazione del
divieto per la polizia giudiziaria di ricevere informazioni o dichiarazioni spontanee
dall’indiziato di reato senza previo avvertimento di tale sua qualità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
1.Secondo il giudice di merito la sistematica discrepanza tra i dati esposti

liquidazione degli stipendi, da cui era derivata la liquidazione di somme in
eccesso a favore del ricorrente, non erano frutto di casualità ma di una
preordinazione, considerato che l’immissione dei dati riguardanti tutti gli altri
militari ( in numero di 450 circa) era sempre regolare, mentre le difformità
interessavano esclusivamente l’imputato Mariotti ed il coimputato Peirano; in
particolare le discrepanze sia in difetto che in eccesso, ma con saldo a danno
dell’Amministrazione ed a favore dell’imputato, erano riconducibili ad una attività
preordinata e consapevole nella quale l’occhiuta alternanza tra alterazione dei
dati in positivo ed in negativo era finalizzata alla dissimulazione dell’illecito.
L’argomentazione è conforme ai canoni di razionalità.
La Corte militare di appello ha ritenuto sfornita di prova la tesi difensiva
secondo cui l’inserimento dei dati nel programma non proveniva direttamente
dai modelli SUP2 ma transitava attraverso una fase intermedia di inserimento dei
dati in altro programma denominato LG; in ogni caso ha ritenuto irrilevante la
circostanza, atteso che anche l’eventuale passaggio intermedio, asserito e non
dimostrato, dell’inserimento dei dati nel programma LG, sarebbe comunque
avvenuto sotto il controllo e la responsabilità dell’imputato. La motivazione è
priva di vizi logici ed incensurabile nel merito.
2.Le dichiarazioni confessorie contenute nella relazione di servizio redatta in
data 9.8.2010 dal cap.Mignini (al quale il ricorrente dichiarava di aver iniziato a
falsificare i dati sugli stipendi inseriti nel sistema informatico da quando aveva
dovuto ricoverare il figlio) hanno natura di dichiarazioni spontanee, pienamente
utilizzabili nel giudizio abbreviato scelto dal ricorrente, posto che l’unico limite
alla loro utilizzabilità, stabilito dall’art.350 comma 7 cod.proc.pen. attiene al
giudizio ordinario dibattimentale, in cui le spontanee dichiarazioni sono
suscettibili di utilizzazione esclusivamente per le contestazione ai sensi
dell’art.503 comma 3 cod.proc.pen.
A norma dell’art.616 cod.proc.pen. il ricorrente deve essere condannato al
pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
2

nel modello SUP2 e quelli riportati dall’imputato nel programma informatico di

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente

al pagamento delle spese

processuali.

Così deciso in Roma il 28.11.2013

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