Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3972 del 16/12/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 3972 Anno 2015
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: PELLEGRINO ANDREA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DIOP BABA N. IL 13/02/1952
avverso la sentenza n. 2550/2012 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 11/02/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA
PELLEGRINO;

Data Udienza: 16/12/2014

osserva

2. Propone ricorso per cassazione l’imputato, tramite difensore, lamentando,
quale motivo unico, la mancanza, l’illogicità e la manifesta contraddittorietà
della motivazione nonchè l’omesso riconoscimento delle circostanze attenuanti
generiche.
3. Il ricorso è inammissibile per genericità e manifesta infondatezza.
Per consolidata giurisprudenza di questa Corte, è inammissibile il ricorso per
cassazione fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di
quelli già dedotti in appello e motivatamente disattesi dal giudice di merito,
dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto
non assolvono la funzione tipica di critica puntuale avverso la sentenza oggetto
di ricorso (v., tra le tante, Sez. 5, sent. n. 25559 del 15/06/2012, Pierantoni;
Sez. 6, sent. n. 22445 del 08/05/2009, p.m. in proc. Candita, Rv. 244181;
Sez. 5, sent. n. 11933 del 27/01/2005, Giagnorio, Rv. 231708). In altri
termini, è del tutto evidente che a fronte di una sentenza di appello, da
leggersi in integrazione con quella di primo grado in presenza di una c.d.
“doppia conforme”, che ha fornito una risposta ai motivi di gravame, la
pedissequa riproduzione di essi come motivi di ricorso per cassazione non può
essere considerata come critica argomentata rispetto a quanto affermato dalla
Corte d’appello: in questa ipotesi, pertanto, i motivi sono necessariamente
privi dei requisiti di cui all’art. 581 cod. proc. pen., comma 1, lett. c), che
impone la esposizione delle ragioni di fatto e di diritto a sostegno di ogni
richiesta (Sez. 6, sent. n. 20377 del 11/03/2009, Arnone, Rv. 243838).
Invero, i giudici d’appello, con motivazione congrua e priva di vizi logicogiuridici capace di superare gli odierni reiterati rilievi difensivi, hanno
riconosciuto come “… vanno condivise le argomentazioni del primo giudice, da
intendersi interamente riportate in questa sede. Ed invero va notato che in
sentenza si è dato atto degli elementi circostanziali … fra i quali la incapacità
economica dell’imputato ad acquistare una tale quantità di prodotti autentici di
quel valore commerciale e la carenza di documenti probanti di un possesso
lecito. A ciò può aggiungersi la mancanza di una tesi difensiva volta ad una
diversa spiegazione dell’evento. Va comunque ricordato 11 principio della
Suprema Corte, secondo il quale, per la integrazione del reato di cui all’art.
474 cod. pen., non rileva la c.d. contraffazione grossolana, posto che la norma
tutela in via principale la pubblica fede, intesa come affidamento dei cittadini
nei marchi o segni distintivi; che trattasi di reato di pericolo, per la cui
configurazione non occorre la realizzazione dell’inganno; che non ricorre
l’ipotesi del reato impossibile neppure se le condizioni di vendita siano tali da
escludere che l’acquirente sia tratto in errore (Sez. 2, sent. n. 20944/2012)”.
1

1. Con la sentenza impugnata, la Corte d’appello di Palermo, prima sezione
penale, confermava la pronuncia di primo grado che aveva condannato Diop
Baba alla pena di giorni trenta di reclusione ed euro 15,00 di multa per i reati,
ritenuti avvinti dal vincolo della continuazione, di cui agli artt. 474 cod. pen.,
648, comma 2 cod. pen..

4. Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della
Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di euro
1000,00 (mille/00) a titolo di sanzione pecuniaria.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di mille euro alla Cassa delle
Ammende.

Così deciso in Roma il 16 dicembre 2014
Il Consigliere estensore

Il Presidente

Per quanto attiene invece alla censura dell’omesso riconoscimento delle
circostanze attenuanti generiche, rileva il Collegio come la richiesta non fosse
stata avanzata nei motivi di appello nei quali la parte si era limitata a
censurare la dedotta mancanza di giudizio in merito alla qualità della
contraffazione al fine della configurazione del reato di cui all’art. 474 cod. pen.:
da qui la giustificata “omessa risposta” sul punto da parte del giudice di
secondo grado.

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