Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3970 del 16/12/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 3970 Anno 2015
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: PELLEGRINO ANDREA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DI FIORE SALVATORE N. IL 20/03/1958
avverso la sentenza n. 2881/2012 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 12/11/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA
PELLEGRINO;

Data Udienza: 16/12/2014

osserva

2. Propone ricorso per cassazione l’imputato, assistito da difensore,
lamentando:
– inosservanza o erronea applicazione della legge penale ex art. 640 cod. pen.
(primo motivo);
– inosservanza o erronea applicazione della legge penale ex art. 485 cod. pen.
(secondo motivo).
In relazione al primo motivo, lamenta il ricorrente come non fosse stata
raggiunta alcuna prova circa la sovrapponibilità della condotta del Di Fiore al
reato di truffa.
In relazione al secondo motivo, lamenta il ricorrente come anche per questo
reato non fosse stata raggiunta la prova che il Di Fiore avesse falsificato la
busta paga intestata al De Leila.
3. Il ricorso è inammissibile per genericità e manifesta infondatezza.
Il ricorrente, non senza evocare in larga misura censure in fatto non proponibili
in questa sede, si è per lo più limitato a riprodurre le stesse questioni già
devolute in appello e da quei giudici puntualmente esaminate e disattese, con
motivazione del tutto coerente e adeguata che non è stata in alcun modo
sottoposta ad autonoma e argomentata confutazione. È ormai pacifica
acquisizione della giurisprudenza di questa Suprema Corte come debba essere
ritenuto inammissibile il ricorso per Cassazione fondato su motivi che
riproducono le medesime ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice
del
gravame,
dovendosi
gli
stessi
considerare
non
specifici.
La mancanza di specificità del motivo, infatti, va valutata e ritenuta non solo
per la sua genericità, intesa come indeterminatezza, ma anche per la
mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata
e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, dal momento che quest’ultima
non può ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio
di aspecificità che conduce, a norma dell’art. 591 cod. proc. pen., comma 1,
lett. c), alla inammissibilità della impugnazione (in tal senso, Sez. 2, sent. n.
29108 del 15/07/2011, Cannavacciuolo non mass.; conf. Sez. 5, sent. n.
28011 del 15/02/2013, Sammarco, rv. 255568; Sez. 4, sent. n. 18826 de
09/02/2012, Pezzo, rv. 253849; Sez. 2, sent. n. 19951 del 15/05/2008, Lo
Piccolo, rv. 240109; Sez. 4, sent. n. 34270 del 03/07/2007, Scicchitano, rv.
236945; Sez. 1, sent. n. 39598 del 30/09/2004, Burzotta, rv. 230634; Sez. 4,
sent. n. 15497 del 22/02/2002, Palma, rv. 221693).
Va inoltre evidenziato come il giudice dell’appello non è tenuto a rispondere a
tutte le argomentazioni svolte nell’impugnazione, giacché le stesse possono
essere disattese per implicito o per aver seguito un differente iter
motivazionale o per evidente incompatibilità con la ricostruzione effettuata
1

1. Con la sentenza impugnata, la Corte d’appello di Palermo, seconda sezione
penale, confermava la pronuncia di primo grado che aveva condannato Di Fiore
Salvatore alla pena di mesi sette di reclusione ed euro 200,00 di multa per i
reati di cui agli artt. 640 cod. pen. (capo A) e 485 cod. pen. (capo B).

4. Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della
Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di euro
1000,00 (mille/00) a titolo di sanzione pecuniaria.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di mille euro alla Cassa delle
Ammende.

Così deciso in Roma il 16 dicembre 2014
Il Consigliere estensore

Il Presidente

(cfr., per tutte, Sez. 6, sent. n. 1307 del 26/09/2002, dep. 14/01/2003,
Delvai, rv. 223061).
Invero, i giudici d’appello, con motivazione congrua e priva di vizi logicogiuridici capace di superare gli odierni reiterati rilievi difensivi, hanno
riconosciuto come “… le prove documentali ed orali, acquisite nel corso
dibattimento di primo grado, hanno dimostrato in maniera assolutamente certa
la partecipazione del Di Fiore alla truffa in danno della società finanziaria
Bipitalia Ducato ed alla falsificazione della busta paga apparentemente
intestata al De Lella ma contenente i dati di Dattolo Giovanna, effettivo
dipendente dell’Azienda Ospedaliera P. Giaccone e moglie del Di Fiore …
omissis … La descritta condotta dell’imputato integra chiaramente sia
l’elemento oggettivo sia il dolo richiesti per il delitto di truffa; invero la
finanziaria è stata tratta in inganno dagli artifizi e raggiri, posti in essere
dall’imputato che ha garantito l’identità del falso De Le/la ed ha contribuito a
formare la falsa documentazione, ed ha quindi erogato il finanziamento per
l’acquisto dell’autovettura, di cui si è appropriato l’imputato rivendendola per
suo conto e così conseguendo l’illecito profitto … il Di Fiore è stato inoltre
quanto meno l’autore morale della falsa busta paga, avendo egli fornito i dati
essenziali per confezionare il documento. Infatti sono stati indicati il datore di
lavoro della moglie dell’imputato ed il numero di matricola di costei. Va dunque
confermata l’affermazione di responsabilità del Di Fiore anche per il reato di cui
all’art. 485 cod. pen.”.

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