Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3969 del 16/12/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 3969 Anno 2015
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: PELLEGRINO ANDREA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
ALFANO FABRIZIO N. IL 23/05/1985
avverso la sentenza n. 1920/2012 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 04/02/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA
PELLEGRINO;

Data Udienza: 16/12/2014

osserva

2. Propone ricorso per cassazione l’imputato, assistito da difensore,
lamentando:
– nullità della sentenza ex art. 606 lett. c) ed e) cod. proc. pen. in relazione agli
artt. 519, 520, 51 cod. proc. pen. e per contrasto con gli artt. 3, 24 e 111
Cost. (primo motivo);
-nullità della sentenza ex art. 606 lett. e) cod. proc. pen. in relazione agli artt.
648, 712 cod. pen. anche relativamente a quanto previsto ex art. 192, commi
1 e 2 cod. proc. pen. (secondo motivo);
– nullità della sentenza ex art. 606 lett. e) cod. proc. pen. in relazione alla
mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, alla mancata
qualificazione del fatto-reato ex art. 648, comma 2 cod. pen. ed alla mancata
concessione del minino assoluto della pena (terzo motivo).
3. Il ricorso è inammissibile per genericità e manifesta infondatezza.
In relazione al primo motivo, deve ritenersi manifestamente infondata la
dedotta violazione del principio di correlazione tra imputazione e sentenza ai
sensi dell’art. 521 cod. proc. pen. in conseguenza dall’avvenuta – in primo
grado – modificazione della qualificazione giuridica dell’imputazione con
riferimento al riconoscimento del delitto di cui all’art. 648 cod. pen..
Invero, non sussiste violazione del principio di correlazione tra accusa e
sentenza quando nella contestazione, considerata nella sua interezza – come
nella fattispecie (si rimanda sul punto alle condivisibili considerazioni della
Corte territoriale rese a pagg. 3 e 4 della sentenza impugnata) – siano
contenuti gli stessi elementi del fatto costitutivo del reato ritenuto in sentenza,
in quanto l’immutazione si verifica solo nel caso in cui tra i due episodi ricorra
un rapporto di eterogeneità o di incompatibilità sostanziale per essersi
realizzata una vera e propria trasformazione, sostituzione o variazione dei
contenuti essenziali dell’addebito nei confronti dell’imputato, posto, così, a
sorpresa di fronte ad un fatto del tutto nuovo senza avere avuto nessuna
possibilità d’effettiva difesa (cfr., ex multis, Sez. 6, sent. n. 17799 del
06/02/2014, dep. 28/04/2014, M., Rv. 260156).
Con riferimento al secondo motivo, rileva il Collegio come il ricorrente, non
senza evocare in larga misura censure in fatto non proponibili in questa sede,
si è per lo più limitato a riprodurre le stesse questioni già devolute in appello e
da quei giudici puntualmente esaminate e disattese, con motivazione del tutto
coerente e adeguata che non è stata in alcun modo sottoposta ad autonoma e
argomentata confutazione. È ormai pacifica acquisizione della giurisprudenza di
questa Suprema Corte come debba essere ritenuto inammissibile il ricorso per
Cassazione fondato su motivi che riproducono le medesime ragioni già discusse

1

1. Con la sentenza impugnata, la Corte d’appello di Palermo, seconda sezione
penale, confermava la pronuncia di primo grado che aveva condannato Alfano
Fabrizio alla pena di anni due di reclusione ed euro 516,00 di multa per il reato
di ricettazione così riqualificata l’originaria imputazione di riciclaggio.

7v9

2

e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare
non specifici.
La mancanza di specificità del motivo, infatti, va valutata e ritenuta non solo
per la sua genericità, intesa come indeterminatezza, ma anche per la
mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata
e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, dal momento che quest’ultima
non può ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio
di aspecificità che conduce, a norma dell’art. 591 cod. proc. pen., comma 1,
lett. c), alla inammissibilità della impugnazione (in tal senso, Sez. 2, sent. n.
29108 del 15/07/2011, Cannavacciuolo non mass.; conf. Sez. 5, sent. n.
28011 del 15/02/2013, Sammarco, rv. 255568; Sez. 4, sent. n. 18826 de
09/02/2012, Pezzo, rv. 253849; Sez. 2, sent. n. 19951 del 15/05/2008, Lo
Piccolo, rv. 240109; Sez. 4, sent. n. 34270 del 03/07/2007, Scicchitano, rv.
236945; Sez. 1, sent. n. 39598 del 30/09/2004, Burzotta, rv. 230634; Sez. 4,
sent. n. 15497 del 22/02/2002, Palma, rv. 221693).
Va inoltre evidenziato come il giudice dell’appello non è tenuto a rispondere a
tutte le argomentazioni svolte nell’impugnazione, giacché le stesse possono
essere disattese per implicito o per aver seguito un differente
iter
motivazionale o per evidente incompatibilità con la ricostruzione effettuata
(cfr., per tutte, Sez. 6, sent. n. 1307 del 26/09/2002, dep. 14/01/2003,
Delvai, rv. 223061).
Invero, i giudici d’appello, con motivazione congrua e priva di vizi logicogiuridici capace di superare gli odierni reiterati rilievi difensivi, hanno
riconosciuto come “… è … provata la consapevolezza in capo all’Alfano della
provenienza illecita del mezzo in quanto l’imputato nulla ha dedotto in giudizio
essendo rimasto contumace ed essendo emerso soltanto dalla dichiarazione di
un teste di p.g. che avrebbe esclusivamente affermato di aver acquistato il
ciclomotore in un mercato rionale senza aggiungere altro. Si consideri che oltre
al numero di telaio, risultava contraffatto anche il certificato di conformità
mentre il ciclomotore al momento del controllo era anche privo di targhino. La
prova dell’elemento psicologico del reato di ricettazione può essere desunta da
una serie di elementi sintomatici e convergenti verso la sussistenza della piena
conoscenza da parte dell’imputato della provenienza delittuosa del bene
acquistato o comunque ricevuto. Tale prova, peraltro, può essere raggiunta,
come nel caso in esame, anche sulla base dell’omessa o non attendibile
indicazione della provenienza della cosa acquistata o ricevuta, la quale è
sicuramente rivelatrice della volontà di occultamento, logicamente spiegabile
con un acquisto o una ricezione in mala fede (Sez. 2, sent. n. 15757 del
21.03.2003, dep. 03.04.2003) …”.
Manifesta infondatezza involge anche il terzo motivo di ricorso. La Corte
territoriale, con motivazione congrua e priva di vizi logico-giuridici, giustifica
l’omesso riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e della
diminuente di cui al capoverso dell’art. 648 cod. pen. considerando il valore del
bene oggetto di imputazione e la negativa personalità dell’imputato gravato da
due condanne per reati contro il patrimonio; sulla pena, infine, avuto riguardo
al minimo edittale applicato, si limita al giudizio di stile in ordine alla relativa
congruità.

4. Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della
Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di euro
1000,00 (mille/00) a titolo di sanzione pecuniaria.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di mille euro alla Cassa delle
Ammende.

Così deciso in Roma il 16 dicembre 2014
Il Consigliere estensore

Il Presidente

P.Q.M.

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