Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3968 del 16/12/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 3968 Anno 2015
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: PELLEGRINO ANDREA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
SABBADINI PAMELA N. IL 26/06/1985
avverso la sentenza n. 1110/2011 CORTE APPELLO di TRIESTE, del
10/10/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA
PELLEGRINO;

Data Udienza: 16/12/2014

1. Con la sentenza impugnata, la Corte d’appello di Trieste, seconda sezione
penale, confermava la pronuncia di primo grado che, all’esito di giudizio
abbreviato, aveva condannato Sabbadini Pamela alla pena di anni due mesi
dieci di reclusione ed euro 400,00 di multa per i delitti di estorsione consumata
in danno di Peirone Mirko (capo 2), estorsione tentata in danno di Marchini
Maurizio (capo 3), Coppola Antonio (capo 6), Caso Giuseppe (capo 28),
Balzaretti Enrico (capo 29), Delle Donne Cristian (capo 49), Gosmar Marco
(capo 50); Simone Giampiero (capo 54), Benasi Franco (capo 61) e De
Francesco Domenico (capo 70).
2. Propongono distinti ricorsi per cassazione l’imputata ed il proprio difensore
lamentando quanto segue.
Ricorso avv. Genovese (nell’interesse di Sabbadini Pamela):
– errata applicazione dell’art. 629 cod. pen., insufficiente motivazione (primo
motivo);
– insussistenza del reato contestato (secondo motivo);
-mancata applicazione delle attenuanti di cui agli artt. 114 cod. pen. e 62 n. 4
cod. pen. (terzo motivo).
Ricorso Sabbadini Pamela:
– contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, errata applicazione
dell’art. 114 cod. pen. (primo motivo);
– errata applicazione della legge penale ex art. 629 cod. pen. (secondo motivo).
Rileva il Collegio come il primo ed il terzo motivo di ricorso dell’avv. Genovese
replichino rispettivamente il secondo ed il primo motivo della Sabbadini: da qui
la loro trattazione congiunta.
3. I ricorsi sono entrambi inammissibili per manifesta infondatezza e per
proposizione di censure in fatto, non consentite in sede di legittimità.
In merito al primo e al secondo motivo del ricorso dell’avv. Genovese (primo
motivo comune al secondo motivo del ricorso Sabbadini), va innanzitutto
premesso come, nella fattispecie, lo sviluppo argomentativo della motivazione
della sentenza impugnata, da integrarsi con quella di primo grado, risulta
fondato su una coerente analisi critica degli elementi di prova e sulla loro
coordinazione in un organico quadro interpretativo, alla luce del quale appare
dotata di adeguata plausibilità logica e giuridica l’attribuzione a detti elementi
del requisito della sufficienza, rispetto al tema di indagine concernente la
responsabilità della ricorrente in ordine al reato a lei contestato. La
motivazione della sentenza impugnata supera quindi il vaglio di legittimità
demandato a questa Corte, alla quale non è tuttora consentito di procedere ad
una rinnovata valutazione dei fatti magari finalizzata, nella prospettiva della

i

osserva

4. Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna della
ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a
favore della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della
somma di euro 1000,00 (mille/00) a titolo di sanzione pecuniaria.

P.Q.M.

2

ricorrente, ad una ricostruzione dei medesimi in termini diversi da quelli fatti
propri dal giudice del merito.
Infine, altro doveroso principio che merita di essere ricordato afferisce i compiti
del giudice dell’appello, che non è tenuto a rispondere a tutte le
argomentazioni svolte nell’impugnazione, giacché le stesse possono essere
disattese per implicito o per aver seguito un differente iter motivazionale o per
evidente incompatibilità con la ricostruzione effettuata (cfr., per tutte, Sez. 6,
sent. n. 1307 del 26/09/2002, dep. 14/01/2003, Delvai, Rv. 223061).
In particolare, la Corte territoriale, venendo alle doglianze difensive, osserva:
“… se non vi è dubbio sulla sussistenza dei fatti e sulla esatta qualificazione in
termini di estorsione, altrettanto certo è il concorso da parte della odierna
appellante … omissis … tutte le conversazioni registrate fra Ferigo e Sabbadini
danno conto, comunque, del fatto che essi operavano in stretto accordo,
decidendo in merito agli annunci sul giornale per attirare le vittime e in ordine
alla destinazione delle somme … omissis … Per quanto riguarda i reati di
tentata estorsione, il quadro non muta sostanzialmente rispetto a quanto già
evidenziato. La Sabbadini ha fatto sentire la propria voce, allo scopo di avallare
l’impressione che l’uomo che effettuava le richieste di denaro avesse
effettivamente una figlia minorenne, nelle telefonate con Marchini (capo 3),
Coppola (capo 4), Delle Donne (capo 49), Gosmar (capo 50), Benasi (capo 61),
De Francesco (capo 70) … omissis … Anche con riferimento alle ipotesi di
tentata estorsione, la qualificazione giuridica dei fatti appare corretta, in
quanto la condotta di Ferigo e Sabbadini non era diretta semplicemente ad
ingannare le vittime … ma ad intimidirle con la minaccia di una denuncia
all’autorità giudiziaria o di atti di vendetta o ritorsione il cui verificarsi
dipendeva soltanto dall’agente … omissis … Il fatto che, nella gran parte dei
casi, le minacce non abbiano sortito effetto non esclude la loro potenzialità
intimidatoria, di cui è prova la vicenda di Peirone …”.
Medesime conclusioni di manifesta infondatezza vanno tratte con riferimento al
terzo motivo del ricorso dell’avv. Genovese (comune, almeno nella parte
relativa alla censura afferente l’art. 114 cod. pen., al primo motivo del ricorso
Sabbadini). La Corte territoriale, anche in questo caso con motivazione
congrua e giustificata, chiarisce le ragioni dell’inapplicabilità sia dell’attenuante
di cui all’art. 114 cod. pen. (“… posto che la Sabbadini ha concorso nelle fasi
salienti dell’illecito disegno criminoso pubblicando gli annunci, facendo da
spalla nelle telefonate e ricevendo, in molti casi, il denaro illecitamente
ottenuto”) che di quella di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen. (“… visto che il danno
ammonta a 3.520 euro”).

dichiara inammissibili i ricorsi e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di mille euro alla Cassa delle
Ammende.

Così deciso in Roma il 16 dicembre 2014
Il Presidente

Il Consigliere estensore

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