Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3966 del 18/12/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 3966 Anno 2014
Presidente: DE CRESCIENZO UGO
Relatore: PELLEGRINO ANDREA

Data Udienza: 18/12/2013

SENTENZA
Sul ricorso proposto nell’interesse di CONTE Stefano, n. a Udine
1’11.4.1961, rappresentato e assistito dall’avv. Raffaele Conte avverso
la sentenza ex art. 444 cod. proc. pen. n. 779/2013 pronunciata dal
Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Messina in
data 19.06.2013;
rilevata la regolarità degli avvisi di rito;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Andrea Pellegrino;
lette le conclusioni scritte assunte in data 27.09.2013 dal sostituto
procuratore generale dott. Eduardo Scardaccione che ha chiesto di
dichiararsi l’inammissibilità del ricorso

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza pronunciata in data 19.06.2013, il Giudice per le

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indagini preliminari presso il Tribunale di Messina applicava ex art.
444 cod. proc. pen. nei confronti di CONTE Stefano la pena di anni
due di reclusione, con il beneficio della sospensione condizionale.
2. Avverso detta sentenza, CONTE Stefano a mezzo difensore munito di
procura speciale, propone il presente ricorso per cassazione
lamentando:
– inosservanza dell’art. 456, comma 5 cod. proc. pen. in relazione

all’art. 456, comma 3 cod. proc. pen.;
– mancata notifica del decreto di citazione a giudizio per l’udienza del
19.06.2013 al difensore avv. Raffaele Conte;
– nullità assoluta dell’udienza del 19.06.2013 ex art. 178 lett. c) cod.
proc. pen.;
-nullità assoluta della sentenza del 19.06.2013 ex art. 178 lett. c)
cod. proc. pen.;
-inosservanza dell’art. 178 lett. c) cod. proc. pen.;
-nullità della sentenza per mancanza totale della motivazione non
essendo possibile dal testo del provvedimento:
a) individuare il reato considerato come più grave;
b) comprendere il criterio di determinazione della pena base;
c) comprendere se sono state riconosciute o meno le circostanze
attenuanti generiche;
d)

individuare i singoli aumenti di pena per gli ulteriori reati

considerati avvinti dal vincolo della continuazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è manifestamente infondato e, come tale, inammissibile.
4.

I primi cinque profili di doglianza, anche alla luce della loro parziale
sovrapposizione, possono essere trattati congiuntamente inerendo
un’unica pretesa violazione del diritto di difesa conseguente al ad
mancato avviso ad uno dei due difensori della data fissata per la
celebrazione del giudizio speciale richiesto dalla parte.
Risulta dagli atti come l’imputato fosse assistito da due difensori, e
precisamente dall’avv. Raffaele Conte e dall’avv. Pietro Venuti;
quest’ultimo, presente all’udienza del 19.06.2013 nella quale venne
pronunciata la sentenza di applicazione pena su richiesta delle parti,
era stato ritualmente avvisato della predetta udienza e

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precedentemente nominato dal proprio assistito quale procuratore
speciale per la proposizione dell’istanza ex art. 444 c.p.p..
Risulta altresì come all’udienza del 19.06.2013 avanti al giudice per
le indagini preliminari presso il Tribunale di Messina, il predetto avv.
Venuti nulla avesse eccepito in ordine alla dedotta mancata notifica
dell’avviso di fissazione udienza al codifensore avv. Raffaele Conte.
Fermo quanto precede, afferma la giurisprudenza di questa Suprema

Corte come l’omesso avviso (ovvero la mancata notifica dell’avviso)
della fissazione dell’udienza dibattimentale ad uno dei due difensori
dell’imputato determina non già l’ “assenza” della difesa, ma soltanto
l’inosservanza

delle

disposizioni

concernenti

l’assistenza

dell’imputato, a norma dell’art. 178 lett. c) cod. proc. pen., e quindi
dà causa ad una nullità a regime intermedio, che deve essere
eccepita immediatamente, stante la disciplina dell’art. 182 cod. proc.
pen., dall’altro difensore di fiducia ritualmente avvisato e presente
(Cass., Sez. 2, n. 3635 del 10/01/2006-dep. 30/01/2006, Raucci, rv.
233339).
5. Parimenti inammissibile, per difetto di rilevanza, è l’ultimo motivo di
doglianza.
Al ricorrente CONTE Stefano è stata applicata la pena richiesta di
anni due di reclusione con riferimento a sette distinti capi
d’imputazione:
-capo A): reato p. e p. dagli artt. 110, 81, 61 n. 9, 640, comma 2 n.
1 cod. pen. (in Messina dal 2009 al 28.03.2013)
– capo B): reato p. e p. dagli artt. 110, 81, 61 n. 9, 640 cod. pen. (in
Messina dal 2009 al 28.03.2013)
-capo C): reato p. e p. dagli artt. 110, 81, 61 n. 9, 640 cod. pen. (in
Messina dal 2009 con condotta perdurante)
– capo D): reato p. e p. dagli artt. 110, 81, 61 n. 2 e 9, 348 cod. pen.
(in Messina dal 2009 al 28.03.2013)
– capo E): reato p. e p. dagli artt. 110, 81, 61 n. 2 e 9, 479 cod. pen.
(in Messina dal 2009 al 28.03.2013)
– capo F): reato p. e p. dagli artt. 110, 81, 61 n. 2 e 9, 471 cod. pen.
(in Messina dal 2009 al 28.03.2013)
– capo G): reato p. e p. dagli artt. 110, 61 n. 2, 490 cod. pen. (in
Messina in novembre 2012).
In sede di formazione dell’accordo negoziale le parti determinavano

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la pena base in anni due di reclusione senza precisare il reato
considerato più grave ed aumentavano a norma dell’art. 81 cod. pen.
la pena di mesi due di reclusione per ciascuno dei sei ulteriori reati in
contestazione, arrivando ad una pena complessiva di anni tre di
reclusione, diminuita per il rito ad anni due di reclusione.
Nell’accordo tra accusa e difesa non era prevista la concessione delle
circostanze attenuanti generiche.

Il negozio giuridico, verificata la correttezza della qualificazione
giuridica dei fatti, l’inesistenza delle condizioni per pronunciare
sentenza di proscioglimento a norma dell’art. 129 cod. proc. pen.
nonchè la legalità e la congruità della pena complessivamente
determinata, veniva ratificato dal giudice negli stessi termini
concordati tra le parti.
Secondo l’ampiamente condivisibile giurisprudenza di questa
Suprema Corte, l’erronea indicazione del reato dal quale si determina
la pena-base sulla quale calcolare l’aumento per la continuazione
rileva, ai fini del sindacato di legittimità, solo nel caso in cui,
dall’errato recepimento dei termini dell’accordo sulla pena da
applicare ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., derivi l’impossibilità di
far coincidere la pena finale con quella concordata dalle parti e non,
invece, quando nessuna conseguenza vi sia rispetto alla pena finale
oggetto dell’accordo (Cass., Sez. 3, ord. 14.12.2012, n. 2207, rv.
251898; cfr., altresì, Cass., Sez. 6, n. 7401 del 31/01/2013-dep.
14/02/2013, P.G. in proc. Gjataj ed altri, rv. 254879, secondo la
quale in tema di patteggiamento, ai fini della verifica della congruità
della sanzione, con riguardo all’aumento di pena per la
continuazione, non vi è necessità di una esplicita motivazione in
ordine all’aumento della pena posta a base del calcolo, ma è
sufficiente la valutazione della pena finale, purché non illegale).
6. Alla pronuncia di inammissibilità consegue ex art. 616 cod. proc.
pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali
nonché, valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, la condanna
al pagamento della somma di Euro 1.500,00 a favore della Cassa
delle ammende

PQM

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Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di Euro 1.500,00 alla Cassa delle
ammende.

Così deliberato in Roma il 18.12.2013

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