Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3964 del 16/12/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 3964 Anno 2015
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: PELLEGRINO ANDREA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
SENE MODY N. IL 16/02/1973
avverso la sentenza n. 3724/2012 CORTE APPELLO di CATANIA, del
03/10/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA
PELLEGRINO;

(

Data Udienza: 16/12/2014

osserva

2. Propone ricorso per cassazione l’imputato, assistito da difensore, per
lamentare:
-erronea applicazione della legge penale; mancanza, contraddittorietà o
manifesta illogicità della motivazione (primo motivo);
– erronea applicazione della legge penale in ordine al mancato riconoscimento
della circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen. (secondo motivo);
– difetto di motivazione in relazione all’art. 53 della I. n. 689/1981 (terzo
motivo);
-difetto di motivazione in relazione all’art. 62 bis cod. pen. (quarto motivo).
In relazione al primo motivo, si censura la sentenza impugnata nella parte in
cui ha fatto esclusivo riferimento alle argomentazioni sviluppate nella decisione
di primo grado senza curarsi delle censure sviluppate con l’atto di appello; la
stessa, inoltre, non affronta compiutamente le tematiche sottese all’art. 474
cod. pen., limitandosi ad affermare sostanzialmente apodittiche.
In relazione al secondo motivo, si censura la sentenza impugnata nella parte in
cui, nel negare il riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 62
n. 4 cod. pen., ha fatto riferimento al rilevante numero di merce contraffatta
assumendo presunzioni di natura interpretativa che non trovano riscontro negli
atti processuali.
In relazione al terzo motivo, si evidenzia come, con riferimento al rigetto della
richiesta di sostituzione della pena detentiva con una pena pecuniaria o con la
libertà controllata, il giudice doveva scegliere la sanzione sostitutiva più idonea
al reinserimento del condannato indicando i motivi della scelta.
In relazione al quarto motivo, si censura come il diniego del riconoscimento
delle circostanze attenuanti generiche è risultato privo di esauriente risposta
alle deduzioni difensive, attese le condizioni socio-economiche del prevenuto
ed il riconoscimento del fatto di lieve entità.
3. Il ricorso è inammissibile per genericità e manifesta infondatezza.
Il gravame proposto appare del tutto generico non essendo stata mossa alcuna
concreta e specifica contestazione alla fondatezza fattuale dell’ampio apparato
argomentativo utilizzato dal giudice di secondo grado per addivenire alla
conferma del giudizio di penale responsabilità dell’imputato.
La mancanza di specificità del motivo, invero, dev’essere apprezzata non solo
per la sua genericità come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di
correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle
poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le
esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità
conducente, a mente dell’art. 591, comma 1 lett. c) cod. proc. pen.,
1

1. Con la sentenza impugnata la Corte d’Appello di Catania, seconda sezione
penale, confermava la sentenza di primo grado con la quale Sene Mody era
stato condannato alla pena di mesi tre di reclusione ed euro 400,00 di multa
per i reati, ritenuti avvinti dal vincolo della continuazione, di cui agli artt. 474
cod. pen. e 648, comma 2 cod. pen..

2

all’inammissibilità (cfr., ex multis, Sez. 4, sent. n. 5191 del 29/03/2000, dep.
03/05/2000, Barone, Rv. 216473).
Nella fattispecie, lo sviluppo argomentativo della motivazione della sentenza
impugnata, da integrarsi con quella di primo grado, risulta fondato su una
coerente analisi critica degli elementi di prova e sulla loro coordinazione in un
organico quadro interpretativo, alla luce del quale appare dotata di adeguata
plausibilità logica e giuridica l’attribuzione a detti elementi del requisito della
sufficienza, rispetto al tema di indagine concernente la responsabilità del
ricorrente in ordine al reato a lui contestato. La motivazione della sentenza
impugnata supera quindi il vaglio di legittimità demandato a questa Corte, alla
quale non è tuttora consentito di procedere ad una rinnovata valutazione dei
fatti magari finalizzata, nella prospettiva del ricorrente, ad una ricostruzione
dei medesimi in termini diversi da quelli fatti propri dal giudice del merito.
Fermo quanto precede, in relazione al primo motivo, rileva il Collegio come i
giudici d’appello, con motivazione congrua e priva di vizi logico-giuridici capace
di superare gli odierni reiterati rilievi difensivi, dopo aver affermato che il Sene
venne sorpreso dai carabinieri mentre esponeva, al fine di venderle,
unitamente ad altra merce, n. 23 borse di noti marchi palesemente
contraffatti, ha riconosciuto la sussistenza di entrambi i reati contestati,
precisando, con riferimento al primo oggetto di specifica censura: “… invero,
come da orientamento consolidato della Suprema Corte, detta norma (ndr.,
l’art. 474 cod. pen.) tutela, in via principale e diretta, non l’acquirente, bensì la
pubblica fede intesa come affidamento dei cittadini nei marchi e nei segni
distintivi che individuano le opere di ingegno e i prodotti industriali e ne
garantiscono la circolazione. Pertanto, appare evidente che tutti i detti prodotti
fossero destinati al commercio e che l’imputato detenesse per la vendita i beni
contraffatti in questione nella necessaria consapevolezza della loro non
provenienza dalle case produttrici legittime titolari dei marchi medesimi …
omissis … Sicuramente sussistente è … il reato di cui all’art. 474 cod. pen.
(in presenza di) un reato di pericolo per la cui sussistenza è necessaria soltanto
l’attitudine della falsificazione a ingenerare confusione, con riferimento non
solo al momento dell’acquisto, bensì alla loro successiva utilizzazione …omissis
… Nella specie, le borse di cui trattasi, riportavano alcune i loghi, alcune le
stampe di borse griffate di note case produttrici … cosicchè sussisteva
l’attitudine a ingenerare confusione”.
Pari manifesta inammissibilità involge il secondo motivo di censura. Sul punto
la Corte territoriale, con ampia ed esaustiva motivazione, in ordine all’invocata
circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen. precisa che “… in tema di
delitto di ricettazione, la stessa è compatibile con la forma attenuata del delitto
nel solo caso in cui la valutazione del danno patrimoniale sia rimasta estranea
al giudizio sulla particolare tenuità del fatto … Pertanto la detta attenuante non
può essere ritenuta applicabile nel caso in esame in cui il primo giudice ha
ritenuto la sussistenza dell’ipotesi attenuata di cui al capoverso dell’art. 648
cod. pen. facendo riferimento proprio al danno cagionato. Infatti, il valore
modesto del danno è stato già posto alla base dell’ipotesi lieve ritenuta dal
primo giudice e non può essere computato due volte. In ogni caso, detta
attenuante ricorre solo quando il danno patrimoniale subito dalla parte offesa
come conseguenza diretta e immediata del reato sia di valore economico

4. Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento e al pagamento a favore della
Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di euro
1000,00 (mille/00) a titolo di sanzione pecuniaria.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di mille euro alla Cassa delle
Ammende.

Così deciso in Roma il 16 dicembre 2014
Il Consigliere estensore

Il Presidente

pressoché irrilevante, mentre nel caso in esame, l’ipotesi del danno
patrimoniale di particolare tenuità resta esclusa in considerazione della natura
dei beni e de/loro numero”.
Medesime conclusioni di manifesta infondatezza per la stessa causale testè
esposta vanno tratte con riferimento al terzo e al quarto motivo di doglianza.
La Corte territoriale riconosce sul punto che “non sussistono i presupposti per
la concessione delle circostanze attenuanti generiche, in considerazione non
solo del rilevante numero dei prodotti contraffatti ma anche in considerazione
dei precedenti specifici dell’imputato che ostano, altresì, alla conversione della
pena detentiva in libertà vigilata o in pena pecuniaria”.

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