Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3962 del 18/12/2013
Penale Sent. Sez. 2 Num. 3962 Anno 2014
Presidente: DE CRESCIENZO UGO
Relatore: RAGO GEPPINO
SENTENZA
su ricorso proposto da:
1. FRANCALOSSI CLAUDIO nato il 07/01/1951;
2. MARTINELLI CARLA nata il 17/04/1965;
avverso il decreto del giudice per le indagini preliminari del tribunale di
Brescia del 21/05/2013;
Visti gli atti, il decreto ed il ricorso;
udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Geppino Rago;
udito il Procuratore Generale in persona del dott. Eugenio Selvaggi che
ha concluso per il rigetto;
letta la memoria dei ricorrenti depositata in data 12/12/2013
FATTO e DIRITTO
1. Con decreto pronunciato de plano in data 21/05/2013, il giudice
per le indagini preliminari del tribunale di Brescia dichiarava
inammissibile l’opposizione proposta da Francalossi Claudio e Martinelli
Carla avverso la richiesta di archiviazione formulata dal Pubblico
Ministero e, per l’effetto, disponeva l’archiviazione del procedimento
Data Udienza: 18/12/2013
penale a carico di Comini Emanuele indagato per i reati di cui agli artt.
485-646 cod. pen. consumati sino al 31/12/2003.
Il giudice per le indagini preliminari motivava l’archiviazione
osservando che ogni indagine sarebbe stata superflua in quanto tutti i
2. Avverso il suddetto decreto Francalossi Claudio e Martinelli
Carla, a mezzo del proprio difensore, munito di apposita procura
speciale, hanno proposto ricorso per cassazione deducendo la VIOLAZIONE
DELL’ART. 410 COD. PROC. PEN. in quanto illegittimamente il giudice per le
indagini preliminari aveva compresso il diritto al contraddittorio senza
peraltro nulla motivare in ordine alle richieste indagini.
3. Il ricorso, nei termini in cui la doglianza è stata dedotta è
manifestamente infondato.
Infatti, i ricorrenti, indugiano sulla rilevanza delle prove dedotte,
sul mancato contraddittorio, ma non una sola parola hanno ritenuto di
spendere sulla motivazione addotta dal giudice per le indagini
preliminari e cioè che ogni indagine sarebbe stata superflua perché i
reati si erano prescritti.
I ricorrenti, infatti, avrebbero dovuto spiegare per quali ragioni i
reati non si erano prescritti perché solo in tale ipotesi, la decisione del
giudice avrebbe potuto essere soggetta a censura: ma, poiché nulla di
ciò risulta, non si comprende per quali motivi dovrebbe indagarsi su
reati ampiamente prescritti.
Alla declaratoria di inammissibilità, consegue, per il disposto
dell’art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese
processuali, nonché al versamento in favore della Cassa delle Ammende
di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal
ricorso, si determina equitativamente in C 1.000,00 ciascuno.
P.Q.M.
DICHIARA
inammissibile il ricorso e
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reati ipotizzati si erano comunque ampiamente prescritti.
CONDANNA
i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno al
versamento della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Roma 18/12/2013