Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3962 del 16/12/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 3962 Anno 2015
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: PELLEGRINO ANDREA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BERTOLO DOMENICO N. IL 18/01/1976
avverso la sentenza n. 3698/2012 CORTE APPELLO di CATANIA, del
27/09/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA
PELLEGRINO;

Iv

Data Udienza: 16/12/2014

I.

osserva
1. Con la sentenza impugnata, la Corte d’appello di Catania, prima sezione
penale, confermava la pronuncia di primo grado che aveva condannato Bertolo
Domenico alla pena di anni uno di reclusione ed euro 600,00 di multa per i
reati di cui agli artt. 81 cpv., 640, 61 n. 2, 494 cod. pen..

3. Il ricorso è inammissibile per genericità e manifesta infondatezza.
Il ricorrente, non senza evocare in larga misura censure in fatto non proponibili
in questa sede, si è per lo più limitato a riprodurre le stesse questioni già
devolute in appello e da quei giudici puntualmente esaminate e disattese, con
motivazione del tutto coerente e adeguata che non è stata in alcun modo
sottoposta ad autonoma e argomentata confutazione. È ormai pacifica
acquisizione della giurisprudenza di questa Suprema Corte come debba essere
ritenuto inammissibile il ricorso per Cassazione fondato su motivi che
riproducono le medesime ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice
del
gravame,
dovendosi
gli
stessi
considerare
non
specifici.
La mancanza di specificità del motivo, infatti, va valutata e ritenuta non solo
per la sua genericità, intesa come indeterminatezza, ma anche per la
mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata
e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, dal momento che quest’ultima
non può ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio
di aspecificità che conduce, a norma dell’art. 591 cod. proc. pen., comma 1,
lett. c), alla inammissibilità della impugnazione (in tal senso, Sez. 2, sent. n.
29108 del 15/07/2011, Cannavacciuolo non mass.; conf. Sez. 5, sent. n.
28011 del 15/02/2013, Sammarco, rv. 255568; Sez. 4, sent. n. 18826 de
09/02/2012, Pezzo, rv. 253849; Sez. 2, sent. n. 19951 del 15/05/2008, Lo
Piccolo, rv. 240109; Sez. 4, sent. n. 34270 del 03/07/2007, Scicchitano, rv.
236945; Sez. 1, sent. n. 39598 del 30/09/2004, Burzotta, rv. 230634; Sez. 4,
sent. n. 15497 del 22/02/2002, Palma, rv. 221693).
Invero, i giudici d’appello, con motivazione congrua e priva di vizi logicogiuridici capace di superare gli odierni reiterati rilievi difensivi, hanno
riconosciuto come “… la responsabilità dell’imputato possa desumersi dalle
seguenti circostanze: risulta dalle lettere di vettura in atti … una consegna ad
Alferii Fabio … in Aci San Filippo e altra a Trigilio Giancarlo … in Acicatena
entrambi residenti in altre città, hanno negato di aver ricevuto i decoder;
risulta dalla deposizione dell’Indorato che altri pacchi, inviati ad altri indirizzi
sono stati da lui consegnati all’imputato, il quale gli aveva detto che, anche se
non era destinatario del pacco, in qualità di responsabile di zona Sky avrebbe
provveduto allo smistamento; i falsi indirizzi si riferiscono allo stesso paese ove
il Bertoli risiede (Acicatena) o al vicino centro di Aci San Filippo. Può pertanto
ragionevolmente escludersi che altra persona possa aver perpetrato la truffa,
avendo l’Indorato precisato che, quando non trovava una persona all’indirizzo
indicato nella bolla, si recava dal Bertoli, il quale gli aveva detto che era il

2. Propone ricorso per cassazione l’imputato lamentando, quale motivo unico,
la mancanza, la contraddittorietà o la manifesta illogicità della motivazione.

rappresentante di zona della Sky, che era in corso una promozione e che se
non trovava il cliente avrebbe provveduto lui alla consegna. Quest’ultimo
consultava una lista e riceveva il pacco. Orbene, se si considera che entrambe
le consegne sono state fatte dall’Indorato e che l’indirizzo indicato per l’Alferii e
per il Trigilio non era quello di loro residenza, dimora o domicilio, non si ha
ragione di dubitare che esse siano state fatte al Bertolo”.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di mille euro alla Cassa delle
Ammende.

Così deciso in Roma il 16 dicembre 2014
Il Consigliere estensore

Il Presidente

4. Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della
Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di euro
1000,00 (mille/00) a titolo di sanzione pecuniaria.

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