Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 39616 del 03/04/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 39616 Anno 2014
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: BONI MONICA

Data Udienza: 03/04/2014

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
TAMBURIELLO ROCCO N. IL 14/09/1946
avverso l’ordinanza n. 6688/2013 GIUD. SORVEGLIANZA di
MILANO, del 18/04/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere’ Dott. MONICA BONI;

(4-

Ritenuto in fatto
1.Con ordinanza resa il 18 aprile 2013 il Magistrato di Sorveglianza di Milano
respingeva l’istanza proposta da Rocco Tamburiello, diretta ad ottenere la
remissione del debito dell’ammontare di euro 71.407,77, maturato per spese di
mantenimento in carcere in relazione all’espiazione della pena detentiva dal
27/4/2009 al 30/7/2012, inflittagli con sentenza del G.U.P. del Tribunale di Busto

appartenenza in capo all’istante di due autoveicoli e di immobili, tali da superare il
dato formale dell’assenza di redditi, perché attestanti il possesso di mezzi finanziari
che gli consentivano di far fronte al debito di entità non particolarmente elevata.
2.Avverso detto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione
l’interessato a mezzo del difensore, il quale ha lamentato erronea applicazione della
legge penale: il ricorrente aveva acquistato i veicoli uno nel 1992 per destinarlo
all’attività di autista per il trasporto di merci, poi ceduto, e l’altro aveva valore
modico, era stato acquistato per una spesa molto contenuta e per le esigenze della
moglie invalida civile; per contro, l’edificio era stato realizzato abusivamente ed
acquistato nel 2006 con un finanziamento bancario e poi sequestrato, sicchè ad
oggi è un rudere abbandonato, sicchè erroneamente era stata esclusa la situazione
di grave difficoltà economica del ricorrente, tale da non consentirgli di far front alle
proprie esigenze di vita.

Considerato in diritto

Il ricorso è inammissibile perché basato su motivi non consentiti nel giudizio di
legittimità.
1. Va premesso che, secondo le previsioni dell’art. 56 ord. pen.,
l’accoglimento dell’istanza di remissione del debito presuppone la dimostrazione di
due requisiti distinti, ma entrambi necessari, da un lato lo stato di disagio
economico che non consenta al condannato di assolvere alle obbligazioni nascenti
dalla condanna, dall’altro il mantenimento di una condotta regolare. Quanto al
primo dei due presupposti, che è l’unico d’interesse per la soluzione del caso,
l’analisi del giudice deve riguardare le condizioni economiche e finanziarie
dell’istante, rapportate all’entità del debito e la remissione può essere accordata
quando, nonostante il debitore non versi in stato di assoluta indigenza,
l’adempimento dell’obbligo verso l’Erario lo esponga al rischio di uno squilibrio nel
bilancio personale, tale da cagionare l’impossibilità di provvedere alle insopprimibili
esigenze di vita e da compromettere le possibilità di recupero e di reinserimento
sociale dell’interessato (Cass., Sez. 1, nr. 2932 del 3/06/1997, Akriche, rv. 207774;
1

Arsizio del 15/6/2010, irrevocabile il 25/5/2011, ritenendo ostativo il rilievo circa la

sez. 1, nr. 14541 del 24/04/2006, Mangione, rv. 233939; sez 1., nr. 5621 del
16/01/2009, Guarino, rv. 242445; sez. 1, nr. 3737 del 15/01/2009, Loiacono, rv.
242534).
2. Posta tale premessa di ordine generale, che è frutto della lettura testuale
ed incontroversa della norma di riferimento, la decisione del Magistrato di
Sorveglianza è stata motivata con riferimento alla disponibilità in capo al ricorrente
di beni mobili registrati e di immobili, un edificio ed un terreno, considerati indice
univoco della disponibilità di risorse finanziarie tali da avergli consentito, a dispetto

loro acquisto, manutenzione e funzionalità.
2.1 A fronte di una disamina compiuta e del tutto logica, ben giustificata, il
ricorso oppone circostanze atte a spiegare le modalità di acquisto, le relative finalità
e la destinazione dei beni, di cui non può negare la titolarità, che, oltre ad essere
meramente allegate e non dimostrate, implicano una considerazione di profili
fattuali estranei all’ambito di cognizione proprio del giudizio di legittimità, destinato
a riscontrare il provvedimento giudiziale, la sua conformità alle norme di legge
sostanziali e processuali ed ai principi di logica e non contraddizione della relativa
motivazione.
Per le considerazioni svolte il ricorso va dichiarato inammissibile con la
conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in
relazione ai profili di colpa insiti nella proposizione di siffatta impugnazione, al
versamento a favore della Cassa delle Ammende di una somma di denaro, che
reputasi equo determinare in euro 1.000,00.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 3 aprile 2014.

della formale mancata percezione di redditi, di sostenere spese considerevoli per il

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