Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3961 del 16/12/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 3961 Anno 2015
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: PELLEGRINO ANDREA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
GIGLI PAOLO N. IL 30/11/1957
avverso la sentenza n. 5435/2013 CORTE APPELLO di MILANO, del
07/01/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA
PELLEGRINO;

Data Udienza: 16/12/2014

osserva

2. Propone ricorso per cassazione l’imputato lamentando, quale motivo unico,
la mancanza di motivazione in relazione all’art. 546 lett. e) cod. proc. pen.; in
particolare, si reiterano le medesime doglianze sollevate con l’atto di appello
ed in relazione alle quali la Corte territoriale ha fornito adeguata motivazione.
3. Il ricorso è inammissibile per genericità e manifesta infondatezza.
Per consolidata giurisprudenza di questa Corte, è inammissibile il ricorso per
cassazione fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di
quelli già dedotti in appello e motivatamente disattesi dal giudice di merito,
dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto
non assolvono la funzione tipica di critica puntuale avverso la sentenza oggetto
di ricorso (v., tra le tante, Sez. 5, sent. n. 25559 del 15/06/2012, Pierantoni;
Sez. 6, sent. n. 22445 del 08/05/2009, p.m. in proc. Candita, Rv. 244181;
Sez. 5, sent. n. 11933 del 27/01/2005, Giagnorio, Rv. 231708). In altri
termini, è del tutto evidente che a fronte di una sentenza di appello che ha
fornito una risposta ai motivi di gravame, la pedissequa riproduzione di essi
come motivi di ricorso per cassazione non può essere considerata come critica
argomentata rispetto a quanto affermato dalla Corte d’appello: in questa
ipotesi, pertanto, i motivi sono necessariamente privi dei requisiti di cui all’art.
581 cod. proc. pen., comma 1, lett. c), che impone la esposizione delle ragioni
di fatto e di diritto a sostegno di ogni richiesta (Sez. 6, sent. n. 20377 del
11/03/2009, Arnone, Rv. 243838).
Invero, i giudici d’appello, con motivazione congrua e priva di vizi logicogiuridici capace di superare gli odierni reiterati rilievi difensivi, hanno
riconosciuto come “sussiste la contestata recidiva; in particolare: la recidiva è
specifica essendo il precedente un reato contro il patrimonio (tentata
estorsione) come il reato considerato per la determinazione della pena base
(capo 2) nonché come i reati di cui ai capi 1, 4, 5 (assorbito nel capo 4); la
recidiva è infraquinquennale essendo stati commessi i reati per cui si procede
entro cinque anni dall’irrevocabilità della sentenza che costituisce il precedente
penale. La recidiva è stata correttamente computata al fine della
determinazione della pena; è infatti espressione di maggior pericolosità
considerata la non ampia distanza temporale tra i reati e valutato l’elaborato
disegno criminoso nel quale sono inseriti i reati per i quali qui si procede.
L’aumento operato per la recidiva è corretto perché pari alla metà della pena
base come disposto dall’art. 99, comma 3 cod. pen.. Non vi è ragione di
concedere le attenuanti generiche, considerata l’apprezzabile caratura

1. Con la sentenza impugnata, la Corte d’appello di Milano, quarta sezione
penale, confermava la pronuncia di primo grado che aveva condannato,
all’esito di giudizio abbreviato, Gigli Paolo alla pena di anni uno di reclusione ed
euro 1.000,00 di multa per i reati di cui ai capi 1), 2) e 4) ritenuto in esso
assorbito il capo 5), riqualificati i capi 1) e 4) ai sensi dell’art. 485 cod. pen.,
esclusa l’aggravante di cui all’art. 61 n. 2 cod. pen. in relazione al capo 2) e
riconosciuto il vincolo della continuazione.

4. Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della
Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di euro
1000,00 (mille/00) a titolo di sanzione pecuniaria.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di mille euro alla Cassa delle
Ammende.

Così deciso in Roma il 16 dicembre 2014
Il Consigliere estensore

Il Presidente

criminale dell’imputato quale si evince dal precedente penale e dalle modalità e
circostanze dei reati oggetto di questo processo. La pena non è certo
eccessiva, considerate la gravità dei reati, quale si evince particolarmente dal
danno provocato e dall’elaborato disegno criminoso ad essi preordinato,
nonché la pericolosità dell’imputato, già gravato da precedente penale specifico
e non remoto”.

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