Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3958 del 18/12/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 3958 Anno 2014
Presidente: DE CRESCIENZO UGO
Relatore: RAGO GEPPINO

SENTENZA
su ricorso proposto da:
OLIVERI GUIDO nato il 21/04/1956, avverso la sentenza del 20/02/2013 della
Corte di Appello di Milano;
Visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Geppino Rago;
udito il Procuratore Generale in persona del dott, Giuseppe Volpe che ha
concluso per il rigetto;
FATTO e DIRITTO
1. Con sentenza del 20/02/2013, la Corte di Appello di Milano confermava la
sentenza con la quale, in data 03/10/2008, il giudice monocratico del Tribunale
della medesima città aveva dichiarato OLIVERI Guido colpevole, nella sua qualità
di amministratore del condominio sito in Milano via Barelli n° 3,
dell’appropriazione indebita di somme di denaro e della documentazione
contabile ed amministrativa relativa al condominio, lo aveva condannato alla
pena di mesi sei di reclusione ed € 400,00 di multa ed aveva concesso il
beneficio della sospensione condizionale della pena subordinandolo

«alla

restituzione dei documenti e delle somme di cui all’imputazione nonchè al
risarcimento del danno».

2. Avverso la suddetta sentenza, l’imputato, a mezzo del proprio difensore,
ha proposto ricorso per cassazione deducendo VIOLAZIONE DELL’ART. 165 COD. PEN.
per avere la Corte confermato la sentenza nella parte in cui aveva subordinato la
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Data Udienza: 18/12/2013

sospensione condizionale della pena alla restituzione della documentazione ed al
risarcimento del danno, nonostante né il Condominio né alcun condomino si
fosse costituito parte civile, nè fosse stata documentata alcuna causa civile di
risarcimento.

3. Il ricorso è fondato.

4. Va premesso che, in punto di fatto, la doglianza del ricorrente trova
riscontro negli atti processuali in quanto, in effetti, non risulta che il Condominio

La Corte territoriale, avanti alla quale la medesima censura era stata
dedotta, l’ha respinta rilevando che l’imputato non aveva «versato al condominio
alcuna somma di denaro per ripianare l’ammanco da lui causato. Restituendo
parte della documentazione di pertinenza del condominio l’Oliveri non ha fatto
nemmeno la metà del suo dovere. In questa situazione la subordinazione della
sospensione condizionale della pena disposta nella sentenza impugnata merita di
essere condivisa e confermata, essendo l’unico strumento per verificare la
resipiscenza dell’appellante e formulare un definitivo giudizio prognostico
favorevole sulla sua condotta futura».
La suddetta motivazione, va disattesa per le ragioni di seguito indicate.

5. La questione che è stata posta dal ricorrente può essere enunciata nei
seguenti termini: «se il giudice, in mancanza della costituzione di parte civile,
possa d’ufficio subordinare la sospensione condizionale della pena al risarcimento
del danno e alle restituzioni».
La soluzione del quesito, richiede un preliminare chiarimento sulla
distinzione fra il cd. danno criminale ed il danno civilistico.
La perpetrazione di un reato determina due effetti: la violazione del bene
giuridico tutelato dalla norma violata; i danni (materiali e morali) che la persona
offesa subisce in quanto vittima del reato.
Per danno criminale s’intende quelle conseguenze che ineriscono alla lesione
o alla messa in pericolo del bene giuridico tutelato dalla norma penale violata:
Cass. 43188/2004 Rv. 230506; Cass. 2431/1997 Rv. 207312; Cass.
13171985Rv. 171868. Si tratta, quindi, di un danno che, a seguito della
violazione della norma penale, essendo arrecato alla società, ha natura
pubblicistica.
Diverso, invece, è il danno civilistico, ossia il danno che il reato arreca alle
singole persone offese e del quale può essere chiesto il risarcimento e/o la

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o singoli condomini, si siano mai costituiti parte civile.

restituzione, nel processo penale attraverso la costituzione della parte civile: art.
185 cod. pen., artt. 74 – 538 – 578 cod. proc. pen.
Il suddetto danno, con tutta evidenza, contrariamente al danno criminale,
ha natura esclusivamente privatistica e può essere fatto valere dalla persona
offesa anche in sede penale.
Questa Corte, proprio alla stregua della suddetta distinzione, ha così
ricostruito la disciplina dell’art. 165 cod. pen.:

«[…] Il testo originario dell’art.

165 cod. pen., comma 1 era così formulato: “La sospensione condizionale della

pagamento della somma liquidata a titolo di risarcimento del danno o
provvisoriamente assegnata sull’ammontare di esso e alla pubblicazione della
sentenza a titolo di riparazione del danno”. Con la L. 24 novembre 1981, n. 689,
art. 128, l’art. 165 cit. venne sostituito e il comma 1 così formulato: “La
sospensione condizionale della pena può essere subordinata all’adempimento
dell’obbligo delle restituzioni, al pagamento della somma liquidata a titolo di
risarcimento del danno o provvisoriamente assegnata sull’ammontare di esso e
alla pubblicazione della sentenza a titolo di riparazione del danno; può altresì
essere subordinata, salvo che la legge disponga altrimenti, all’eliminazione delle
conseguenze dannose o pericolose del reato, secondo le modalità indicate dal
giudice nella sentenza di condanna”. Infine, con la L. 11 giugno 2004, n. 145,
art. 2, comma 1, dopo le parole: “conseguenze dannose o pericolose del reato”
sono inserite le seguenti: “, ovvero, se il condannato non si oppone, alla
prestazione di attività non retribuita a favore della collettività per un tempo
determinato comunque non superiore alla durata della pena sospesa”. Risulta
evidente che il testo originario dell’art. 165, comma 1 riguardava proprio e
soltanto il “danno civilistico patrimonialmente inteso” e, in tal senso, la
giurisprudenza del tempo non aveva dubbi che la norma fosse dettata
nell’esclusivo interesse della parte civile, il quale, pertanto, poteva formulare la
richiesta di subordinazione della sospensione condizionale della pena
all’adempimento delle obbligazioni civilistiche (Sez. 4, n. 205 del 05/02/1974 13/01/1975, Bari, Rv. 128976; Sez. 2, n. 9464 del 30/03/1982, Giugliano, Rv.
155659). Le modifiche successive hanno aggiunto la possibilità di subordinare la
sospensione condizionale della pena, dapprima, “all’eliminazione delle
conseguenze dannose o pericolose del reato” e, successivamente, “alla
prestazione di attività non retribuita a favore della collettività”: si tratta,
appunto, di previsioni aggiuntive e non modificative di quella originaria ed è
evidente l’intento legislativo di tutelare non solo la persona che ha subito in
conseguenza del reato un pregiudizio economicamente apprezzabile e risarcibile,
ma anche – e la parola “altresì” lo evidenzia – il bene giuridico protetto dalla
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pena può essere subordinata all’adempimento dell’obbligo delle restituzioni, al

norma penale violata mediante la riparazione del “danno criminale”»:

Cass.

22342/2013 riv 255664.
Il suddetto principio è talmente pacifico che nessuno ha mai dubitato che la
sospensione condizionale della pena possa essere subordinata al risarcimento dei
danni nella sola ed esclusiva ipotesi che la parte offesa si costituisca parte civile.
Questa Corte, infatti, ha affermato che: «non è possibile subordinare la
sospensione condizionale della pena all’adempimento di un obbligo risarcitorio in
favore della parte offesa senza che quest’ultima abbia esercitato l’azione civile
nel processo penale, potendo in tal caso il giudice soltanto prendere in

lesivi riconnessi causalmente al fatto di reato, che ne caratterizzano il contenuto
offensivo. Ne consegue che va annullata la sentenza con la quale il giudice, in
relazione ad una condanna per il reato condanna di violazione degli obblighi di
assistenza familiare, subordini, in assenza della costituzione di parte civile, la
concessione del suddetto beneficio “al pagamento della somma non corrisposta a
titolo di mantenimento della figlia»: Cass. 933/2003 riv 227943 in motivazione,
precisò che

«soltanto in presenza dell’esercizio dell’azione civile per il

risarcimento e/o le restituzioni, la scelta può ricadere sugli obblighi nei confronti
del soggetto passivo del reato o del danneggiato, mentre, in mancanza di tale
iniziativa, si possono eventualmente prevedere adempimenti incidenti sulle
conseguenze del reato. Risarcimento del danno da reato e restituzioni implicano
necessariamente che il giudizio inerente al fatto, conclusosi con la sentenza
penale di condanna che applica la sospensione, abbia esteso la propria
valutazione anche alle istanze risarcitorie del danneggiato da reato, il che,
ovviamente, può accadere soltanto nel caso in cui nel processo penale sia stata
esercitata l’azione civile. Trattandosi di una pronunzia sulle conseguenze civili del
reato, infatti, soltanto una precisa domanda della persona legittimata attribuisce
al giudice il potere di pronunciare sulla domanda medesima. Al di là dell’indubbia
ispirazione pubblicistica che anima l’art. 165 c.p., non è consentito imporre un
obbligo risarcitorio, geneticamente riconducibile a rapporti privatistici, senza
istanza della parte interessata. La possibilità per il giudice di subordinare la
sospensione condizionale della pena all’eliminazione delle conseguenze dannose
e pericolose del reato non presuppone, invece, l’esercizio dell’azione civile in
sede penale. L’ordinamento rivendica, in tale caso, il diritto d’imporre al soggetto
che goda della sospensione condizionale l’obbligo di incidere, secondo modalità
definite dal giudice, sui contenuti lesivi del reato commesso».

Negli stessi

termini, ha deciso Cass. 18450/2006 riv 236416.
Pertanto, alla stregua della suddetta giurisprudenza, sicuramente errata è la
conclusione alla quale sono pervenuti entrambi i giudici di merito in ordine alla
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considerazione, al fine di individuare gli adempimenti imponibili, gli accadimenti

sospensione condizionale subordinata, pur in assenza della costituzione di parte
civile, al risarcimento del danno.

6. Entrambi i giudici di merito, però, hanno subordinato la sospensione
condizionale della pena anche alla restituzione della documentazione
amministrativa e contabile che l’imputato aveva trattenuto ritenendo, in pratica,
che il suddetto obbligo – finalizzato all’eliminazione delle conseguenze dannose
del reato – fosse consentito dalla stessa norma prevista nell’art. 165/1 seconda

La decisione alla quale sono pervenuti entrambi i giudici di merito, pone,
quindi, il problema di verificare quale siano i rapporti che intercorrono fra
l’obbligo restitutorio di cui all’art. 165/1 prima parte cod. pen. (che può essere
imposto sono se vi si sia costituzione di parte civile che chieda la condanna
dell’imputato al risarcimento o alle restituzioni) e l’obbligo di eliminare le
conseguenze dannose o pericolose di cui all’art. 165/1 seconda parte cod. pen.
che, invece, può essere imposto d’ufficio dal giudice anche in assenza di
costituzione di parte civile.

7. La possibilità per il giudice di imporre d’ufficio, anche in assenza di
costituzione di parte civile, le restituzioni, trova un riscontro in alcune sentenze
di questa stessa Corte di legittimità che, riconducendo la restituzione nell’ambito
della locuzione “eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato”
(art. 165/1 seconda parte cod. pen.), ha statuito che «rientra nella nozione di
condotte di eliminazione delle conseguenze dannose del reato di circonvenzione
di persona incapace, a cui può essere subordinata la sospensione condizionale
della pena irrogata anche in assenza di una richiesta in tal senso conseguente
alla mancata costituzione di parte civile, la restituzione delle somme di denaro
illegittimamente percepite in relazione al fatto criminoso»: Cass. 41376/2010 riv
248924 la quale, in motivazione, ha precisato che: «[..] l’applicabilità dell’art.
165 c.p. presuppone la costituzione di parte civile nel solo caso in cui il giudice
intenda subordinare la sospensione condizionale della pena al pagamento della
somma liquidata a titolo di risarcimento del danno o provvisoriamente assegnata
sull’ammontare di esso e non, invece, nei caso in cui tale subordinazione inerisca
all’adempimento dell’obbligo delle restituzioni o alla eliminazione delle
conseguenze dannose del reato, in quanto le restituzioni non sono più finalizzate
alla tutela degli interessi civili del danneggiato, bensì al reinserimento sociale del
reo, motivandolo a comportamenti sintomatici di una maggiore socialità. Infatti
la sospensione condizionale della pena subordinata ad obblighi del condannato si
ispira ai principi di legalità e tassatività e per questo la subordinazione può
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parte cod. pen.

essere disposta,come è avvenuto nel caso di specie, solo con riferimento a
prestazioni certe e determinate in modo da assicurare l’esatta corrispondenza tra
obbligo imposto e suo corretto adempimento (…] Esattamente dunque, nel caso
di specie, la Corte di merito ha ritenuto che fosse possibile disporre la
eliminazione delle conseguenze dannose del reato, anche in assenza di una
richiesta in tal senso conseguente alla mancata costituzione di parte civile,
disponendo fa restituzione delle somme come quantificate, in quanto deve
ritenersi rientrare tra le disposizioni atte ad eliminare le conseguenze dannose

connesse all’azione delittuosa dell’imputato che illegittimamente ha ricevuto tali
somme, a nulla rilevando, evidentemente, la diversità materiale del denaro
consegnato, essendo lo stesso bene fungibile per definizione».

Negli stessi

termini Cass. 16629/2007 riv 236655; Cass. 2684/1999 riv 215713 secondo la
quale

«agli effetti di quanto previsto dall’art.165 cod. pen., in tema di

sospensione condizionale della pena subordinata alla eliminazione delle
conseguenze del reato, rientra tra le disposizioni atte ad eliminare le
conseguenze dannose del reato di truffa avente ad oggetto titoli di credito, quella
di ordinare all’imputato di sollevare la parte offesa dall’obbligo cartolare. Tale
disposizione può essere impartita dal giudice anche in mancanza di una richiesta
in tal senso della parte civile».

8. Questa Corte ritiene di non condividere il suddetto principio per le ragioni
di seguito indicate.
Innanzitutto, sotto un profilo strettamente formale, deve rilevarsi che la
locuzione “risarcimento danni e obbligo di restituzioni” si trova ivariabilmente
abbinata alle pretese della parte civile (artt. 74 – 538 – 578 coci. proc. pen.):
non vi è motivo, quindi, per ritenere che la frase “adempimento dell’obbligo delle
restituzioni, pagamento della somma liquidata a titolo di risarcimento del danno”
di cui all’art. 165/1 prima parte cod. pen. non si riferisca alle restituzioni a favore
della costituita parte civile.

del reato di circonvenzione di incapace la restituzione delle somme di denaro

D’altra parte, se la suddetta locuzione venisse fatta coincidere con quella di
cui all’art. 165/1 seconda parte (“eliminazione delle conseguenze dannose o
pericolose del reato”) ci si troverebbe di fronte ad una inutile duplicazione della
norma: il che si porrebbe in contrasto con il canone interpretativo del cd.
“principio economico” o regola della non ridondanza che inibisce all’interprete di
attribuire a due disposizioni appartenenti al medesimo ambito normativo
significati identici. La suddetta regola, infatti, stabilisce che al testo deve
attribuirsi un significato tale che non risulti superfluo.

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A

Non resta, quindi, che dare alla locuzione in esame un significato diverso da
quello dell’obbligo di restituzione a favore della parte civile.
Sul punto, innanzitutto, si deve rammentare quanto già osservato da questa
Corte e cioè che l’espressione “eliminazione delle conseguenze dannose o
pericolose del reato” costituisce una novità introdotta dalla modifica introdotta
con la L. 689/1981 con la quale il legislatore ha inteso tutelare il bene giuridico
protetto dalla norma penale violata mediante la riparazione del “danno
criminale”: Cass. 22342/2013 cit.
Resta, quindi, confermato che, una cosa è l’obbligo di restituzione a favore

l’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato (cd danno
criminale): il che comporta che anche la condanna alla restituzione così come
quella al risarcimento del danno, in tanto può essere pronunciata in quanto vi sia
una parte civile che, costituitasi in giudizio, abbia chiesto espressamente la
condanna dell’imputato alla restituzione.

9. La questione, però, merita di essere ulteriormente approfondita, al fine di
verificare quali siano gli indici giuridici e fattuali che consentano di differenziare
le due ipotesi.
La differenza fra danno criminale e danno civilistico, per alcune tipologie di
reati è immediata e non si presta ad alcun equivoco: ad es., nell’omicidio il
danno criminale è costituito dalla distruzione del bene vita che non costituisce di
certo oggetto del danno civilistico che viene risarcito agli eredi ove si
costituiscano parti civili.
Al contrario, per i reati contro il patrimonio (come quello per cui è processo),
il contenuto delle due nozioni può coincidere in quanto, normalmente, il bene
giuridico violato consiste nel diritto di proprietà ossia nel danno che l’agente, con
il commettere il reato, ha arrecato alla persona offesa privandolo del bene di sua
proprietà: da qui il rischio di una confusione fra i due concetti nel senso che la
restituzione del bene potrebbe essere fatta coincidere con l’eliminazione delle
conseguenze dannose del reato e, quindi, indurre il giudice (come nel caso di
specie) ad ordinare la restituzione del bene pur in assenza della costituzione
della parte civile.
Al fine di evitare la suddetta confusione, occorre, innanzitutto, porre mente
al testo della norma che, facendo riferimento “all’eliminazione delle conseguenze
dannose o pericolose del reato” e, quindi, al danno criminale, ha, evidentemente
riguardo agli effetti del reato ancora in essere e che il reo ha la possibilità di far
cessare perché, altrimenti, la norma non avrebbe ragion d’essere ove
interpretata nel senso che stabilisce l’eliminazione delle conseguenze dannose o
7

della parte civile (che rientra nel danno civilistico), altra e diversa cosa è

pericolose degli effetti di un reato già consumato i cui effetti sono ormai
impossibili da eliminare.
La suddetta considerazione porta alle conclusioni di seguito illustrate.
L’obbligo di eliminare le conseguenze dannose o pericolose del reato non si
applica né ai reati istantanei (in quanto il danno criminale si esaurisce
contemporaneamente alla consumazione istantanea del reato, sicchè

quod

factum est infectum fieri nequit) né ai reati permanenti i cui effetti siano cessati
al momento del giudizio (ad es. un’invasione di terreno).

Si ipotizzi un reato di furto: si tratta di un reato pacificamente istantaneo, a
seguito del quale l’agente s’impossessa della cosa mobile altrui.
Perpetrando il suddetto reato, e, quindi, violando il bene protetto dalla
norma e cioè il diritto di proprietà, l’agente, da una parte, provoca un danno
criminale e, dall’altra, un danno civilistico (sottrazione della cosa mobile ad un
terzo).
Ora, è chiaro che, nel furto, il danno criminale (violazione del diritto di
proprietà), verificandosi ed esaurendosi nel momento in cui l’agente ha violato il
diritto di proprietà con l’impossessamento della cosa mobile altrui, non può
essere più riparato.
Al contrario, il danno civilistico (e cioè la sottrazione del bene oggetto del
furto) permane fino a che l’agente non risarcisca il danno o non restituisca il
bene rubato.
Ma, la restituzione del bene rubato – ossia la riparazione del danno civilistico
– in tanto può essere ordinata dal giudice in quanto vi sia costituzione della parte
civile che chieda la condanna dell’imputato alla restituzione del bene: se non vi è
costituzione di parte civile, il giudice non può d’ufficio, concedere la sospensione
subordinandola “all’eliminazione delle conseguenze dannose del reato” e, quindi,
alla restituzione del bene, sia perché il bene giuridico è stato definitivamente
violato e non è più riparabile, sia perché entrerebbe in una controversia di natura
strettamente privatistica che non gli compete: ed infatti, la restituzione del bene
è soltanto un post factum che può incidere sul trattamento sanzionatorio (art. 62
n° 6 cod. pen.) ma che, di certo, non è idonea ad eliminare il danno criminale
che l’agente ha provocato con la violazione del diritto di proprietà.
L’obbligo di eliminare le conseguenze dannose o pericolose del reato, per
converso, si applica ai reati permanenti ancora

in fieri al momento della

decisione o a quei reati che, benché cessati, abbiano provocato un danno
criminale che continua a perpetuarsi anche dopo la consumazione e che
l’imputato ha la possibilità di eliminare. A tal ultimo proposito si possono
rammentare le ipotesi dei reati edilizi e di inquinamento.
8

Un esempio chiarirà quanto si appena detto.

Quanto ai reati edilizi, si è ritenuto legittimo subordinare la sospensione
condizionale della pena all’obbligo di demolizione della costruzione abusiva in
quanto idoneo ad eliminare le conseguenze del danno criminale, individuabile
non soltanto nella realizzazione della costruzione nel rispetto della concessione,
ma anche quello della tutela sostanziale del territorio, il cui sviluppo deve
avvenire in conformità alle previsioni urbanistiche (Cass. 6671/1998 riv
210977): ex plurimis Cass. 28356/2013 Rv. 255466; Cass. 32834/2013 Rv.
255874.
Quanto ai reati ambientali, si è ritenuto legittimo subordinare la sospensione

ambientale dell’area inquinata, in quanto idoneo ad eliminare le conseguenze del
danno criminale rappresentato dall’interesse pubblico alla salubrità dell’ambiente
(Cass. 769/2010 riv 249167): Cass. 13456/2006 riv 236328; Cass. 20681/2007
riv 236776.
Ovviamente, quanto si è appena detto in ordine alla natura dei reati è del
tutto irrilevante ai fini dell’adempimento del diverso obbligo delle restituzioni (o
del pagamento del risarcimento del danno) di cui all’art. 165/1 prima parte cod.
pen., in quanto se un reato (qualsiasi natura giuridica essa abbia) ha provocato
un danno civilistico, la persona offesa, ove si costituisca parte civile, ha diritto a
chiederne la riparazione: questa è un’ulteriore differenza fra le due tipologie di
obblighi previste nell’art. 165/1 cod. pen. rispettivamente nella prima e seconda
parte.

10. Tutto quanto si è appena illustrato, può trovare applicazione, mutatis
mutandis, al caso di specie che riguarda un’appropriazione indebita di libri
contabili ed amministrativi e che costituisce un esempio paradigmatico di quanto
si è detto.
Ed infatti, ove si consideri che il reato di appropriazione indebita è un reato
istantaneo e che il bene giuridico protetto dalla norma è rinvenuto dalla dottrina
maggioritaria nella tutela del diritto di proprietà o, comunque, nel rispetto del
vincolo di disposizione sulla cosa, allora ne consegue che il danno criminale fu
realizzato e si esaurì nel momento in cui l’imputato effettuò l’interversione del
possesso della res di proprietà del condominio che egli deteneva per ragioni del
suo ufficio, sicchè alla suddetta violazione non può più essere posto rimedio.
La restituzione della res riguarda invece il danno civilistico sicchè solo ove
fosse stata chiesta dalla parte interessata (condominio) il giudice avrebbe potuto
ordinarne la restituzione – se ancora possibile – e ad essa subordinare la
sospensione condizionale della pena: siccome il condominio si è completamente
disinteressato del processo, non poteva il giudice provvedere d’ufficio.
9

condizionale della pena all’obbligo della messa in sicurezza, bonifica e ripristino

11. In conclusione, il ricorso dev’essere accolto e la sentenza impugnata
annullata senza rinvio alla stregua del seguente principio di diritto:

«le locuzioni

“obbligo di restituzioni” e “risarcimento del danno” di cui all’art. 165/1 prima
parte cod. pen., si riferiscono al solo danno civilistico, sicché, indipendentemente
dalla natura giuridica del reato commesso, la sospensione condizionale della
pena può essere subordinata all’adempimento dei suddetti obblighi, solo ed
esclusivamente nelle ipotesi in cui vi sia stata costituzione di parte civile e questa
abbia espressamente richiesto la condanna dell’imputato al risarcimento del

Al contrario, la locuzione “eliminazione delle conseguenze dannose o
pericolose del reato” di cui all’art. 165/1 seconda parte cod. pen., si riferisce al
danno criminale sicchè, la sospensione condizionale della pena può essere
subordinata all’adempimento del suddetto obbligo anche ove non vi si
costituzione di parte civile, e sempre che si tratti di reati permanenti ancora in
fieri al momento della decisione o di reati che, benché cessati, abbiano provocato
un danno criminale che continua a perpetuarsi anche dopo la consumazione e
che l’imputato ha la possibilità di eliminare»

P.Q. M.
ANNULLA
senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla parte in cui ha
subordinato la concessione della sospensione condizionale della pena all’obbligo
del risarcimento dei danni e alle restituzioni, obbligo che elimina.
Roma 18/12/2013
IL/IdR
(Dott. U

scienzo)

danno o alle restituzioni.

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