Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 39547 del 02/10/2014
Penale Ord. Sez. 7 Num. 39547 Anno 2015
Presidente: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO
Relatore: MAGI RAFFAELLO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
MARCHI GIACOMO N. IL 29/11/1978
avverso l’ordinanza n. 100/2013 TRIBUNALE di MASSA, del
30/12/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. RAFFAELLO MAGI;
Data Udienza: 02/10/2014
IN FATTO E IN DIRITTO
1. Con ordinanza emessa in data 30 dicembre 2013 il Tribunale di Massa – quale
giudice della esecuzione – ha accolto solo in parte l’istanza tesa al riconoscimento
della continuazione in sede esecutiva proposta da Marchi Giacomo e relativa ai
fatti oggetto di più decisioni irrevocabili.
L’accoglimento parziale, pur in presenza di condizione di tossicodipendenza, è
correlato alla valutazione del lasso temporale intercorso tra alcune delle
2. Avverso detta ordinanza, nella sua parte reitettiva, ha proposto ricorso per
cassazione – a mezzo del difensore – Marchi Giacomo deducendo erronea
applicazione di legge e vizio di motivazione.
Il ricorrente contesta, in particolare, il rilievo attributo agli intervalli temporali tra
le violazioni dovuto, almeno in parte, ad interruzione della condotta
programmata in virtù di carcerazione con conseguente periodo di affidamento in
prova (poi revocato).
3. Il ricorso va dichiarato inammissibile per la manifesta infondatezza dei
motivi addotti.
Va premesso che, in via generale, nella applicazione della disciplina del
reato continuato ai sensi dell’art. 81 comma 2 cod. pen. è necessario che il
giudice di merito – attraverso un concreto esame delle modalità di realizzazione
delle diverse violazioni commesse – individui precisi indici rivelatori tali da
sostenere la conclusione, cui eventualmente perviene, della sostanziale unicità
del disegno criminoso. Per tale va intesa la rappresentazione unitaria sin dal
momento ideativo delle diverse condotte violatrici – almeno nelle loro linee
essenziali – da parte del soggetto agente, sì da potersi escludere una successione
di autonome risoluzioni criminose ed in tal modo giustificandosi la valutazione di
ridotta pericolosità sociale che giustifica il trattamento sanzionatorio più mite
rispetto al cumulo materiale (ex multis Sez. I n. 40123 del 22.10.2010, rv
248862) .
Ciò perchè la ricaduta nel reato e l’abitualità a delinquere non integrano di
per sé il caratteristico elemento intellettivo (unità di ideazione che abbraccia i
diversi reati commessi) che caratterizza il reato continuato
(Sez. 2, Sentenza n. 40123 del 22/10/2010 rv. 248862).
Nel caso in esame la valutazione operata non appare inficiata da evidenti
vizi logici, dato che il consistente intervallo temporale tra le violazioni escluse dal
riconoscimento della continuazione risulta significativo della mancanza di una
2
violazioni e dalle differenti modalità della condotta.
concreta ideazione della sequenza di episodi delittuoso già all’atto della
realizzazione del primo.
In tal senso l’ordinanza rappresenta una adeguata elaborazione di profili in
fatto, non sindacabile nella presente sede di legittimità.
Lì dove il programma criminoso risulti ampio e generico non è illogico
sostenere che ci si trova in presenza di una ‘abitualità delittuosa’ che richiede, di
volta in volta, una selezione degli obiettivi e pertanto una rinnovata ideazione.
Va inoltre ricordato che in tema di reato continuato, l’art. 671, comma
giudice dell’esecuzione debba considerare anche lo stato di tossicodipendenza.
L’innovazione legislativa deve essere interpretata alla luce della volontà del
legislatore che ha inteso attenuare le conseguenze penali della condotta
sanzionatoria nel caso di tossicodipendenti, con la conseguenza che tale “status”
può essere preso in esame per giustificare la unicità del disegno criminoso con
riguardo ai reati che siano collegati e dipendenti dallo stato di tossicodipendenza,
sempre che sussistano anche le altre condizioni individuate dalla giurisprudenza
per la sussistenza della continuazione (
Sez. I n.
7190 de/ 14/02/2007 rv. 235686).
Nessun vizio logico o di interpretazione giuridica è dunque rinvenibile nel
provvedimento impugnato.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di
elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità, al versamento a favore della cassa delle ammende di una
sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in euro mille, ai sensi dell’
art. 616 cod. proc. pen..
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento di euro 1.000,00 a favore della cassa delle
ammende.
Così deciso il 2 ottobre 2014
Il Consigliere estensore
Il Presidente
primo, come modificato dalla legge n. 49 del 21 febbraio 2006, prevede che il