Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3954 del 18/12/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 2 Num. 3954 Anno 2014
Presidente: DE CRESCIENZO UGO
Relatore: RAGO GEPPINO

SENTENZA
su ricorso proposto da:
ARMENISE ROBERTO nato il 11/01/1982, avverso la sentenza del
08/06/2012 della Corte di Appello di Bari;
Visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Geppino Rago;
udito il Procuratore Generale in persona del dott. Giuseppe Volpe che ha
concluso per l’inammissibilità;
FATTO
1. Con sentenza del 08/06/2012, la Corte di Appello di Bari
confermava la sentenza con la quale, in data 09/04/2002, il giudice
dell’udienza preliminare del Tribunale della medesima città, aveva
ritenuto ARMENISE Roberto colpevole dei reati di tentata rapina
aggravata e rapina aggravata.

2. Avverso la suddetta sentenza, l’imputato, a mezzo del proprio
difensore, ha proposto ricorso per cassazione deducendo i seguenti
motivi:

1

Data Udienza: 18/12/2013

2.1.

VIOLAZIONE DELL’ART.

171/1

LETT. E) COD. PROC. PEN.

per essere

stato il decreto di citazione a giudizio in grado di appello notificato non
presso il domicilio dell’imputato, bensì presso lo studio del difensore ai
sensi dell’art. 161 cod. proc. pen.
2.2.

MOTIVAZIONE OMESSA:

il ricorrente sostiene che la Corte non

e che la dichiarazione resa dal fratello del ricorrente – il quale aveva
affermato che la sua autovettura Fiat Uno era, il giorno della rapina,
nella materiale disponibilità dell’odierno imputato – poteva avere diverse
spiegazioni non ultima quella di aver voluto sviare da sé le indagini. La
motivazione, quindi, sarebbe carente perché, a fronte dei molteplici
punti oscuri della vicenda, la Corte avrebbe quanto meno dovuto
escludere tutte le ipotesi alternative all’unica che era stata invece
considerata.
DIRITTO
1. VIOLAZIONE DELL’ART.

171/1

LETT. E) COD. PROC. PEN.: la

doglianza è

manifestamente infondata. Da un controllo degli atti processuali è
risultato che la notifica fu tentata presso il domicilio dichiarato (in Bari,
Lungomare IX Maggio 32/A) e che, non essendo riuscita, fu eseguita ex
art. 161/4 cod. proc. pen. Corretta, quindi, deve ritenersi la reiezione
della medesima eccezione proposta davanti alla Corte territoriale la
quale, in modo ineccepibile, rilevò che «alla data di omessa notifica
presso il domicilio dichiarato, non avendo l’ufficio cognizione di altro
preciso ed effettivo recapito dell’imputato, disponeva correttamente la
notifica del decreto presso lo studio del difensore ex art. 161»:

sul

punto il ricorrente nulla ha eccepito essendosi limitato a dedurre una
generica censura.

2. MOTIVAZIONE OMESSA:

la censura è manifestamente infondata.

La Corte territoriale ha ritenuto che il terzo rapinatore che era
riuscito a fuggire e, quindi, a sottrarsi all’arresto, era il ricorrente, sulla
base di due riscontri probatori: a) la dichiarazione resa dal fratello del

2

avrebbe adeguatamente ricostruito la «intricata e controversa vicenda»

ricorrente; b) la dichiarazione resa dal «coimputato Tanzi Vito che aveva
riconosciuto in sede di convalida di arresto “l’amico scappato perché
stava senza patente” era, appunto, Armenise Roberto».
Su quest’ultima circostanza, l’imputato non ha ritenuto di
spendere una sola parola, concentrando le sue critiche sulle

e concludendo, quindi, che quella incertezza processuale avrebbe
dovuto determinare l’assoluzione non essendovi la prova oltre il
ragionevole dubbio.
Su quest’ultimo punto, va osservato che questa Corte, da tempo,
ha ormai chiarito che

«la regola dell’oltre il ragionevole dubbio”

formalizzata nell’art. 533 c.p.p., comma 1, come sostituito dalla L. n. 46
del 2006, art. 5, impone di pronunciare condanna, quando il dato
probatorio acquisito lascia fuori solo eventualità remote, pur
astrattamente formulabili e prospettabili come possibili in rerum natura,
ma la cui concreta realizzazione nella fattispecie concreta non trova il
benché minimo riscontro nelle emergenze processuali, ponendosi al di
fuori dell’ordine naturale delle cose e della normale razionalità umana. Il
procedimento logico, invero non dissimile dalla sequenza del
ragionamento inferenziale dettato in tema di prova indiziaria dall’art.
192 c.p.p., comma 2, – il cui nucleo essenziale è già racchiuso, peraltro,
nella regola stabilita per la valutazione della prova in generale dal
comma 1 della medesima disposizione, nonché in quella della doverosa
ponderazione delle ipotesi antagoniste prescritta dall’art. 546 c.p.p.,
comma 1, lett. e), – deve condurre alla conclusione caratterizzata da un
alto grado di credibilità razionale, quindi alla “certezza processuale” che,
esclusa l’interferenza di percorsi alternativi, la condotta sia attribuibile
all’agente come fatto proprio. Il concetto, espresso in alcune recenti
sentenze delle Sezioni Unite di questa Corte (Cass., Sez. Un. 21 aprile
1995, n. 11, rv. 202001; Cass., Sez. Un. 10 luglio 2002, n. 30328, rv.
222139; Cass., Sez. Un. 30 ottobre 2003, n. 45276, rv. 226094), cui si
è uniformata la giurisprudenza successiva (Cass., Sez. 1^, 21 maggio
2008, n. 31456, rv. 240763; Cass., Sez. 1^, 11 maggio 2006, n.
20371, rv. 234111), ancor prima della modifica dell’art. 533 c.p.p., era

3

dichiarazioni rese dal fratello, ipotizzando una serie di ipotesi alternative

già stato chiaramente delineato dalla giurisprudenza di legittimità. Si
era, in proposito, argomentato, che la prova indiziarla è quella che
consente la ricostruzione del fatto in termini di certezza tali da escludere
la prospettabilità di ogni altra ragionevole soluzione, ma non anche di
escludere la più astratta e remota delle possibilità che, in contrasto con

inusitato combinarsi di imprevisti e imprevedibili fattori, la realtà delle
cose sia stata diversa da quella ricostruita in base agli indizi disponibili
(Cass. 2 marzo, 1992, n. 3424, rv. 189682; Cass. Sez. 6^, 8 aprile
1997, n. 1518, rv. 208144; Cass. Sez. 2^, 10 settembre 1995, n. 3777,
rv. 203118)»: Cass. 23/13/2009 riv 243801; Cass. 41110/2011 riv
251507; Cass. 7035/2013 riv 254025.
In altri termini, non appena si leggano le ipotesi alternative
prospettate dal ricorrente (pag. 3 ricorso) è facile avvedersi che si tratta
di ipotesi del tutto congetturali e perplesse che, in quanto tali,
avrebbero potuto essere anche molto di più: si tratta, cioè, di ipotesi
prive del minimo riscontro processuale.
Quello che, invece, è certo è che la dichiarazione del fratello
dell’imputato – che aveva riferito la telefonata che aveva ricevuto dal
ricorrente in cui costui gli aveva confidato circostanze che solo
l’imputato poteva sapere – è non solo del tutto lineare e conforme ai
fatti così come si svolsero ma ha trovato anche un riscontro nella
dichiarazione del coimputato Tanzi Vito.
Di conseguenza, le censure, riproposte con il presente ricorso,
vanno ritenute null’altro che un modo surrettizio di introdurre, in questa
sede di legittimità, una nuova valutazione di quegli elementi fattuali già
ampiamente presi in esame dalla Corte di merito la quale, con
motivazione logica, priva di aporie e del tutto coerente con gli indicati
elementi probatori, ha puntualmente disatteso la tesi difensiva.
Pertanto, non essendo evidenziabile alcuna delle pretese
incongruità, carenze o contraddittorietà motivazionali dedotte dal
ricorrente, la censura, essendo incentrata tutta su una nuova
rivalutazione di elementi fattuali e, quindi, di mero merito, va dichiarata
inammissibile.

4

ogni e qualsivoglia verosimiglianza ed in conseguenza di un ipotetico,

3. In conclusione, l’impugnazione deve ritenersi inammissibile a
norma dell’art. 606/3 c.p.p, per manifesta infondatezza: alla relativa
declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al
versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che,

equitativamente in C 1.000,00.
P.Q.M.
DICHIARA
inammissibile il ricorso e
CONDANNA
il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C
1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Roma 18/12/2013
IL PRES
(Dott. Ugo D
IL CONSIGLIERE EST.
(Dott. G.

enzo)

ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA