Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 39537 del 02/10/2014
Penale Ord. Sez. 7 Num. 39537 Anno 2015
Presidente: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO
Relatore: MAGI RAFFAELLO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
GIGLIO SALVATORE N. IL 04/04/1944
avverso la sentenza n. 534/2010 CORTE APPELLO di CATANZARO,
del 03/12/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. RAFFAELLO MAGI;
Data Udienza: 02/10/2014
IN FATTO E IN DIRITTO
1. Con sentenza emessa in data 3 dicembre 2013 la Corte di Appello di
Catanzaro ha confermato la decisione emessa dal Tribunale di Catanzaro in data
15 dicembre 2009, nei confronti di Giglio Salvatore.
Con tali conformi decisioni di merito è stata affermata la penale responsabilità di
Giglio Salvatore per la detenzione illegale di un’ arma (una carabina ad aria
compressa clandestina) e di esplosivi (nonchè per ricettazione dell’arma
clandestina) per fatto avvenuto il 19.3.2005, con condanna alla pena di anni tre
generiche ritenute equivalenti alla recidiva.
La Corte, in particolare, confermava la disponibilità dell’arma e del residuo
materiale balistico in capo all’imputato, in virtù di circostanze di fatto reputate
univoche (il rinvenimento è avvenuto all’interno di una mansarda dell’immobile
occupato dal nucleo familiare, in un una stanza chiusa a chiave e aperta
dall’imputato all’atto del controllo) e tali da escludere ogni ipotesi alternativa.
2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione – con personale
sottoscrizione – Giglio Salvatore, articolando più motivi.
Con il primo si deduce vizio di motivazione ed erronea applicazione della
disciplina normativa regolatrice.
Il ricorrente rievoca una vicenda antecedente, già portata alla attenzione della
Corte d’Appello, al fine di dimostrare l’esistenza di un aspro conflitto familiare tra
lo stesso Giglio Salvatore ed il figlio Francesco. Da ciò la deduzione di una
possibile ipotesi alternativa rappresentata dalla riconducibilità del materiale
caduto in sequestro al figlio Francesco, da costui detenuto nella abitazione
all’insaputa del padre.
L’indizio rappresentato dalla disponibilità delle chiavi del locale non era dunque
univoco.
Con i restanti motivi si deduce vizio di motivazione in riferimento alla entità del
trattamento sanzionatoti°.
La richiesta di prevalenza delle riconosciute attenuanti generiche è stata
sostanzialmente ignorata senza esprimere alcun apprezzamento.
La recidiva era contestata nella forma semplice e la motivazione sulla entità della
pena appare del tutto inadeguata.
3. Il ricorso va dichiarato inammissibile per la manifesta infondatezza dei motivi
addotti, tesi peraltro a ridiscutere aspetti di merito, operazione non consentita in
sede di legittimità.
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e mesi otto di reclusione, previa concessione delle circostanze attenuanti
Ed invero, gli argomenti esposti dal ricorrente si sostanziano in censure di
mero fatto, la cui valutazione è preclusa in questa sede data la completezza e
logicità della motivazione espressa nel provvedimento impugnato . E’ costante,
infatti, l’ insegnamento di questa Corte per cui il sindacato sulla motivazione del
provvedimento impugnato va compiuto attraverso l’analisi dello sviluppo
motivazionale espresso nell’atto e della sua interna coerenza logico-giuridica,
non essendo possibile compiere in sede di legittimità «nuove» attribuzioni di
significato o realizzare una diversa lettura dei medesimi dati dimostrativi e ciò
esplicativa ( si veda, ex multis, Sez. VI n. 11194 del 8.3.2012, Lupo, Rv
252178). Così come va ribadito che l’illogicità della motivazione, come vizio
denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile
ictu °culi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di
macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e
considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente
confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché
siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento ( Sez. U.,
n. 24 del 24.11.1999 rv 214794; Sez. U., n. 47289 del 24/09/2003 Rv. 226074).
Nel caso in esame la valutazione operata in sede di merito non risulta
illogica, essendo state evidenziate specifiche circostanze di fatto idonee a
confermare l’assunto accusatorio ed in particolare la disponibilità delle chiavi del
locale ove era custodita l’arma.
La negativa valutazione della personalità dell’imputato, in virtù delle
precedenti condanne, ha sostenuto in modo adeguato anche le valutazioni
relative al trattamento sanzionatorio.
Infine, va precisato che la dichiarata inammissibilità del ricorso impone di
ritenere non rilevante il decorso del tempo successivo alla decisione impugnata,
in conformità agli orientamenti emersi nella presente sede di legittimità tesi a
riconoscere anche la manifesta infondatezza dei motivi come causa originaria di
inammissibilità, tale da impedire la valida instaurazione della ulteriore fase di
impugnazione ( Sez. U. 30.6.1999, Sez. U 22.11.2000, nonchè da ultimo Sez. U.
n. 23428 del 22.3.2005 sul tema della inammissibilità del ricorso per manifesta
infondatezza dei motivi).
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di
elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità, al versamento a favore della cassa delle ammende di una
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anche nei casi in cui si ritenga preferibile una diversa lettura, maggiormente
sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in euro mille, ai sensi dell’
art. 616 cod. proc. pen..
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento di euro 1.000,00 a favore della cassa delle
Così deciso il 2 ottobre 2014
ammende.