Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3952 del 29/01/2014
Penale Sent. Sez. 3 Num. 3952 Anno 2015
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: SAVINO MARIAPIA GAETANA
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MANCUSO BENIGNO GIACOMO N. IL 07/04/1928
avverso l’ordinanza n. 100/2013 TRIB. LIBERTA’ di CATANZARO,
del 13/06/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARIAPIA GAETANA
SAVINO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.
‘ W-Q:T <:4'-1-Q Uditi difensor Avv.; S Data Udienza: 29/01/2014 Ritenuto in fatto
Mancuso Benigno Giacomo veniva indagato per il reato di cui all'art. 44 lett. B DPR 380/01.
Con provvedimento emesso in data 17.8.2011 il Gip di Catanzaro disponeva il sequestro preventivo
dell'immobile di sua proprietà sito in Catanzaro, località S. Antonio.
Con ordinanza del 22 settembre 2011i1 Tribunale del riesame di Catanzaro rigettava l'istanza,
ritenendo sussistente il reato in contestazione per due motivi da cui poteva desumersi il fumus
commissi delicti. salvaguardia di cui alla legge 517/1966, dall'altro versante perchè realizzato in virtù di permesso di
costruire illegittimo in quanto rilasciato in violazione dell'all'epoca vigente art. 73 delle Norme
Tecniche di Attuazione del Piano Regolatore Generale del Comune di Catanzaro e delimitante la
modifica della destinazione d'uso solo agli edifici ultimati e dotati di certificato di agibilità.
Ad avviso del Tribunale, difatti, l'applicazione nella fattispecie della norma di cui all'art. 61 delle
NTA del PRG, secondo cui il cambio di uso in questione poteva essere concesso a condizione che
venisse dimostrato il soddisfo degli standard urbanistici, non avrebbe escluso la congiunta
operatività del succitato art. 73 e, quindi, l'ulteriore necessità del presupposto della ultimazione
dell'edificio e della sua dotazione di certificato di agibilità.
Con sentenza di annullamento con rinvio, emessa in data 19.9.2012, a seguito di ricorso per
Cassazione, la Suprema Corte, condividendo le ragioni difensive, escludeva l'applicazione
contestuale dell'art. 73 N.T.A. PRG.
Il Tribunale del Riesame di Catanzaro, in sede di rinvio, riteneva comunque l'istanza proposta
infondata ed in particolare rappresentava che residuava la prima delle due ragioni poste alla base
della precedente decisione.
Il complesso immobiliare in vinculis infatti risultava comunque essere stato realizzato in contrasto
con le misure di salvaguardia di cui alla legge 517/1966, atteso che in data 2.8.2001 veniva
rilasciata concessione edilizia n. 12004 ignorando che l'adozione del PRG del 27.7.2001 avrebbe
dovuto tenere conto proprio di dette misure. Infatti, ai sensi della legge n. 517/66, con l'adozione del
nuovo PRG,avrebbe dovuto essere sospesa ogni determinazione su domande di concessione non
conformi al piano in itinere.
Avverso la seconda ordinanza di rigetto emessa dal Tribunale di Catanzaro in data 13.6.2013, il
difensore del Mancuso ricorreva per Cassazione, deducendo i seguenti motivi di impugnazione.
1) Violazione dell'art. 623 c.p.p.
La difesa evidenzia il fatto che, in sede di rinvio, il procedimento è stato trattato dal Tribunale di
Catanzaro nella medesima composizionecon cui lo stesso aveva emesso l'ordinanza del 22.9.2011,
1 Da un lato, il complesso immobiliare in sequestro risultava eseguito in contrasto con le misure di »annullata dalla sentenza n. 1707 del 2013 della Suprema Corte, e, ancora più specificamente, il
relatore ed estensore delle due ordinanze è stato il medesimo giudice.
A tale riguardo propone istanza affinchè la Corte voglia riconoscere e dichiarare non
manifestamente infondata la questione di costituzionalità dell'art. 623 c.p.p. in riferimento all'art. 34
c.p.p. ed agli artt. 3, 111 e 117, comma 1, della Carta Fondamentale.
2) Violazione dell'art. 44 DPR 380/2001, della normativa in materia di misure di salvaguardia,
violazione degli artt. 4 e 5 1. 2248/1865. Mancanza e manifesta illogicità della motivazione. tutela di uno strumento urbanistico in itinere adottato, ma non ancora approvato, non è sufficiente la
astratta considerazione della esistenza di una nuova normativa, ma è necessario individuare delle
disposizioni o previsioni che siano in condizioni di incompatibilità con la domanda di concessione
edificatoria. Infatti, così come spiegato dalla relazione del 10.10.2012 dei dirigenti del settore
urbanistica del comune di Catanzaro interpellati dal Procuratore in ordine alla fattispecie dedotta in
giudizio, il disposto normativo relativo alla c.d. salvaguardia degli strumenti urbanistici in itinere
prevede che le istanze di autorizzazione vengano verificate con il criterio della conformità al piano
urbanistico al momento vigente e con il criterio del non contrasto con quello adottato.
La difesa fa leva sulla differenza terminologica tra conformità e non contrasto, smentendo che sia
ipotizzabile la c.d. doppia conformità come sostenuto dal consulente del PM.
Atteso che il piano approvato nel 2001 conteneva solo delle varianti per opere di completamento,
non riguardanti assolutamente la superficie, il volume e la destinazione d'uso, non poteva
configurarsi alcun contrasto tra le opere accessorie di cui al progetto e le nuove prescrizioni del
PRG
Ulteriore profilo degno di nota concerne il problema della disapplicazione della concessione edilizia
ritenuta illegittima per non applicazione della salvaguardia:la problematica in ordine alla possibilità
giuridica della disapplicazione dei provvedimenti amministrativi appare nel caso di specie incisiva
per il fatto che è stata posta l'indagine non in ordine alle costruzioni, ma in ordine all'accertamento
della legittimità degli atti amministrativi. E la valutazione in via principale e determinante della
legittimità dell'atto è posta specialmente in relazione al permesso di costruire del 2001 per cui si
prospetta una sorta di disapplicazione a catena per cui l'ultima concessione sarebbe disapplicabile in
via derivata e consequenziale alla disapplicazione di un precedente permesso di costruire. Ritenuto in diritto Il ricorso è infondato e pertanto deve essere rigettato.
2 In primo luogo, il ricorrente rappresenta che per ritenere applicabili le misure di salvaguardia a Quanto al primo motivo, si richiama il consolidato orientamento di questa Corte, secondo cui,
nell'ipotesi di annullamento con rinvio di un'ordinanza pronunciata dal Tribunale del riesame, non
sussiste alcuna incompatibilità dei magistrati che abbiano adottato la precedente decisione a
comporre il collegio chiamato a deliberare in sede di rinvio, poichè l'art. 623, lett. a), cod. proc.
pen., non detta specifiche indicazioni al riguardo limitandosi a prevedere, in tal caso, il rinvio allo
stesso giudice che ha emesso il provvedimento, senza richiedere che i componenti siano diversi,
ciò anche in considerazione della natura incidentale del procedimento "de libertate". Rv. 261076, Sez. 2, n. 15305 del 29/01/2013 Cc. dep. 03/04/2013,rv. 255783, sez. 5,
n. 16875 del 24/03/2011 Cc. dep. 02/05/2011 Rv. 250173).
Discende dalla considerazioni che precedono la manifesta infondatezza della questione di
incostituzionalità dell'art. 623 c.p.p. (in riferimento all'art. 34 c.p.p. ed agli artt. 3, 111 e 117, comma
1, Costituzione) sollevata dal ricorrente.
Difatti, fermo restando il rilievo della mancanza di una previsione, nell'art. 623 lett a) c.p.p., in
ordine alla diversa composizione del collegio chiamato a pronunciarsi a seguito della sentenza di
annullamento con rinvio dell'ordinanza emessa dal tribunale del riesame, si deve anche considerare
che, come ripetutamente affermato da questa Suprema Corte, il procedimento incidentale "de
libertate" non comporta per sua natura un accertamento di merito della contestazione, tale da
giustificare la necessità di una diversa composizione (Sez. 6, n. 33883 del 26/03/2014 Cc. (dep. 31/07/2014) Rv. 261076, Cass. Sez VI n. 3884/2009, rv
246135).
Quanto alle restanti censure, questa Corte condivide l'apparato motivazionale dell'ordinanza
impugnata, che pone a fondamento della sua decisione il mancato rispetto delle norme di
salvaguardia, ritenendo inidoneo ad escludere la contestata violazione, quanto asserito e dedotto
dal ricorrente.
Invero questa Corte condivide il ragionamento spiegato nell'ordinanza gravata e secondo il quale il
complesso immobiliare sottoposto a misura cautelare reale risulta essere stato realizzato in contrasto
con le misure di salvaguardia di cui alla legge 5.7.1966 n. 517; del resto veniva rilasciata la
concessione edilizia n. 12004 in data 2.8.2011, senza tener conto che in seguito all'adozione nel
nuovo P.R.G. del 27.7.2001 si sarebbe dovuto ottemperare a dette misure, con sospensione di ogni
determinazione su domande di concessione non conformi al piano in itinere.
A tal riguardo, rileva infine questa Corte, che quanto asserito e dedotto dal ricorrente in merito al
fatto che il piano approvato nel 2001 conteneva solo delle varianti per opere di completamento, non
riguardanti assolutamente la superficie, il volume e la destinazione d'uso, non potendosi pertanto
3 (Sez. 6, n. 33883 del 26/03/2014 Cc. dep. 31/07/2014, configurare alcun contrasto tra le opere accessorie di cui al progetto e le nuove prescrizioni del
PRG, si risolve in una serie di censure di merito ed in punto di fatto, che, come noto, sono precluse
al vaglio del giudice di legittimità.
La Corte di merito ha adempiuto correttamente al suo onere motivazionale, ritenendo la sussistenza
del fumus commissi delicti, alla luce degli elementi raccolti dalla Pubblica Accusa da reputarsi più
che sufficienti a fondare la misura cautelare in atto.
Appare infine doveroso rammentare che secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza
di questa Corte "in tema di riesame delle misure cautelari, il ricorso per cassazione per violazione di legge, a norma dell'art. 325, comma primo, cod. proc. pen., può essere proposto solo per
mancanza fisica della motivazione o per la presenza di motivazione apparente, ma non per vizio
logico della stessa" (Cfr. sentenza Cass. Sez. V n. 35532 del 25.6.2010).
Tutto ciò premesso, la Corte P.Q.M.
Rigetta il ricorso proposto e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il giorno 29.1.2014 •