Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3952 del 08/11/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 3952 Anno 2014
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: DIOTALLEVI GIOVANNI

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
Piantone Vito Salvatore, n. Castellaneta il 29 settembre 1974 ;
Muraglia Giorgio, nato a Castellaneta il 19 maggio 1978;
avverso la sentenza, in data 24 febbraio 2011, della Corte d’appello di Lecce, sez. distaccata di
Taranto, con cui è stata parzialmente confermata la loro condanna rispettivamente per il
Piantone in ordine al reato di furto continuato e il Muraglia per il reato di cui all’art. 648 cpv.
cod. pen.,
sentita la relazione svolta dal consigliere dott. Giovanni Diotallevi;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Aurelio Galasso, che ha
concluso la declaratoria d’inammissibilità del ricorso;
sentito l’avv.to Giuliano Dominici del foro di roma, in sostituzioOne dell’avv.to Raffaele Errico di
Castellaneta, per il Miraglia, di fiducia, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Piantone Vito e Salvatore Muraglia Giorgio ricorrono avverso la sentenza, in data 24
febbraio 2011, della Corte d’appello di Lecce, sez. distaccata di Taranto, con cui è stata
confermata la loro condanna rispettivamente per il Piantone in ordine al reato di furto
continuato e il Muraglia per il reato di di cui all’art. 648 cpv. cod. pen., e chiedendone
l’annullamento, lamentano il primo la carenza di motivazione in ordine alla qualificazione
giuridica dei fatti addebitatigli e il Muraglia in ordine alla sussistenza degli elementi essenziali
del reato, in particolare con riferimento alla consapevolezza della provenienza delittuosa del
telefonino;

Data Udienza: 08/11/2013


CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso di Piantone Vito è manifestamente infondato.
Osserva la Corte che il ricorso del Piantone è assolutamente generico. Lo stesso infatti è
privo della specificità, prescritta dall’art. 581, lett. c), in relazione all’art 591 lett. c) c.p.p., a
fronte delle motivazioni svolte dal giudice d’appello, che non risultano viziate da illogicità
manifeste;
Questa corte ha stabilito che “La mancanza nell’atto di impugnazione dei requisiti
prescritti dall’art. 581 cod. proc. pen. – compreso quello della specificità dei motivi- rende

quegli effetti cui si ricollega la possibilità di emettere una pronuncia diversa dalla
dichiarazione di inammissibilità”. (Cass. pen., sez 1, 22.4.97, Pace, 207648);
va dichiarata, pertanto l’inammissibilità del ricorso cui consegue, per il disposto dell’art.
616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al
versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di
colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1000.
Per quanto riguarda il Muraglia osserva la Corte che con il ricorso, si sono dedotti vizi
della motivazione in particolare concernenti l’elemento psicologico, circostanza che rende
possibile la qualificazione del fatto ai sensi dell’art. 712 c.p.
Sul punto va applicato il seguente principio di diritto secondo il quale “per quanto
riguarda la sussistenza dell’elemento soggettivo ai fini della configurabilità della
contravvenzione di acquisto di cose di sospetta provenienza non occorre che sia accertata la
provenienza delle cose da reato, perché è richiesta solo la prova dell’acquisto o della ricezione,
senza gli opportuni accertamenti, di cose rispetto alle quali l’agente abbia motivi di sospetto
circa la loro provenienza, come indicati nell’art. 712 c.p. (Cass., sez. U, 26 novembre 2009, n.
12433, CED 246325), come deve ritenersi essere avvenuto nel caso di specie av•ettuteri-ret
Gaserdi-sper+e’.
In realtà la Corte , per affermare anche la sussistenza del mero dolo eventuale,
valorizza una serie di elementi in ordine ai quali appare preminente una interpretazione
soggettiva di carattere indiziario, non supportata da valutazioni, anche d’insieme, di carattere
oggettivo, al fine di configurare il dolo specifico che comunque deve essere presente nel reato
di ricettazione. Ciò che si vuole sottolineare è che comunque, a parere della Corte non è stata
raggiunta la prova che , se anche il Muraglia avesse avuto consapevolezza del rischio della
provenienza delittuosa del bene, lo avrebbe comunque acquistato. Il ragionamento logico della
Corte non appare impeccabile in particolare quando deduce la falsità delle dichiarazioni del
Muraglia, confrontandole con le affermazioni del Piantone, che potrebbero ben essere state
dettate dalla volontà comunque di alleggerire la sua posizione, né sulla entità del prezzo
riferito dallo stesso Muraglia, essendo un fatto storico notorio i deprezzamenti dei telefoni
cellulari anche dopo solo un anno dalla loro commercializzazione. Anche l’assenza del
caricabatterie e la presunta assenza di consapevolezza in ordine alla possibilità di rintracciare i

l’atto medesimo inidoneo ad introdurre il nuovo grado di giudizio ed a produrre, quindi,

v.

telefonini rubati abbinando ad essi il codice IMEI delle schede con cui venivano utilizzati,
appare affermazione non garantita da un coerente supporto logico – probatorio.
Alla luce delle su esposte considerazioni appare più corretto che la condotta del
Muraglia venga inquadrata all’interno della fattispecie di cui all’art. 712 cod. pen. , con la
conseguente declaratoria di estinzione del fatto reato essendosi lo stesso estinto per
intervenuta prescrizione,
PQM
dichiara inammissibile il ricorso di Piantone Vito Salvatore che condanna al pagamento delle

ammende.
Diversamente qualificato il fatto ai sensi dell’art. 712 cod. pen. annulla senza rinvio la sentenzA
impugnata nei confronti di Muraglia Giorgio, perché il reato è estinto prer intervenuta
prescrizione.
Roma, 8 novembre 2013

spese processuali nonché al versamento della somma di Euro 1000 in favore della Cassa delle

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