Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 39511 del 07/05/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 39511 Anno 2015
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: SANDRINI ENRICO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SSADIK ZITUNI N. IL 03/04/1975
avverso la sentenza n. 465/2013 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
30/04/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 07/05/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ENRICO GIUSEPPE SANDRINI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. (r1l.)&e . K’ cokiksAgirt
che ha concluso per ea,
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Udito, per la parte civile, l’Avv
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Data Udienza: 07/05/2015

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza pronunciata il 30.04.2014 la Corte d’appello di Firenze ha
confermato la sentenza in data 2.11.2012 con cui il Tribunale di Pisa aveva
condannato Ssadik Zituni alla pena di anni 12 di reclusione, oltre pene e
statuizioni accessorie, per i reati, unificati in continuazione, di tentato omicidio di
Nasrallah Rahal, commesso il 26.05.2011 nella pineta di Migliarino Pisano
mediante l’esplosione in direzione della vittima di un colpo di revolver Smith &
Wesson 357 magnum, che la attingeva all’emitorace sinistro, nonchè di porto

perché avente matricola abrasa, assolvendo invece l’imputato dagli altri reati a
lui ascritti, di sequestro di persona e rapina di 1.800 euro in danno dello stesso
Nasrallah e di porto abusivo in luogo pubblico di (altre) armi da punta e taglio,
rispettivamente perché il fatto non sussiste e per non aver commesso il fatto.
Dalla ricostruzione dell’episodio delittuoso operata dai giudici di merito emergeva
che il fatto si era verificato all’interno della pineta della Bufalina nella notte tra il
25 e il 26 maggio 2011 e costituiva il verosimile epilogo di uno scontro tra due
gruppi rivali di nordafricani che si contendevano il controllo dello spaccio di
stupefacenti esercitato in loco e che si erano affrontati muniti di armi bianche,
rinvenute abbandonate nella pineta dagli inquirenti, nel corso del quale anche
l’imputato aveva riportato lesioni di natura traumatica alla testa e al tronco; in
particolare, la vittima Nasrallah Rahal era stata rinvenuta distesa a terra nella
pineta, ferita da un colpo d’arma da fuoco, da un equipaggio di volontari della
misericordia, verso i quali si era diretta una torma vociante di nordafricani che
spingevano una persona, identificata nell’imputato, con le mani legate da una
cintura e un vistoso sanguinamento alla testa, che il gruppo aveva consegnato ai
barellieri insieme al revolver Smith & Wesson col quale a loro dire l’uomo aveva
sparato alla vittima; l’imputato era quindi sceso, lungo il tragitto, dall’ambulanza
sulla quale era stato caricato.
Lo Zituni aveva riferito agii inquirenti di essere stato rapito, quella sera, da
alcuni soggetti che, attiratolo fuori dall’abitazione suonando il campanello, lo
avevano costretto a salire a bordo di un’autovettura e condotto nella pineta sotto
la minaccia di una pistola, dove era stato accusato di essere l’autore della
soffiata che aveva condotto all’arresto del fratello di uno dei rapitori; riuscito a
divincolarsi e a fuggire, aveva udito alle sue spalle l’esplosione di un colpo di
pistola, prima di essere raggiunto e picchiato.
Grini Mustapha, nipote della vittima, aveva invece riferito che mentre si trovava
nella pineta insieme allo zio, era sopraggiunto un gruppo di uomini di cui faceva
parte l’imputato, armato di pistola, che avevano accerchiato il Nasrallah
intimandogli di telefonare in Marocco per sollecitare i genitori a versare del ‘
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illegale nel medesimo contesto di tale revolver, costituente arma clandestina

denaro ai familiari dello Zituni; era quindi sopraggiunto il fratello della vittima
insieme a due amici, che avevano fronteggiato il gruppo antagonista innescando
lo scontro nel corso del quale l’imputato aveva sparato al Nasrallah da una
distanza di due metri, colpendolo al petto; Zituni era stato quindi disarmato dal
fratello della vittima e dai suoi amici e consegnato all’equipaggio dell’ambulanza.
La vittima aveva confermato in parte la versione del Grini, riferendo di essere
stata legata dai suoi assalitori, che gli avevano sottratto la somma di 1.800 euro,
confermando l’individuazione nell’imputato della persona che gli aveva sparato.

alla vittima, ma allegava che la pistola era in possesso del Nasrallah, il quale,
dopo averlo inseguito e raggiunto, lo aveva afferrato per il collo come se volesse
strozzarlo dopo aver riposto l’arma nella cinta dei pantaloni; nel frangente, lo
Zituni, pur avendo le mani legate, era riuscito a sottrarre al suo aggressore la
pistola, dalla quale era partito accidentalmente il colpo che aveva attinto il
Nasrallah, secondo una circostanza riscontrata dall’esito dello stub, che aveva
rilevato la presenza di tracce dello sparo sulle mani dello Zituni; dalla consulenza
balistica era peraltro emerso che il revolver sequestrato aveva esploso tutte le
sei cartucce contenute nei tamburo.
La perizia disposta dalla Corte territoriale aveva confermato che la vittima era
stata attinta da un solo colpo d’arma da fuoco, che ne aveva messo
concretamente in pericolo la vita, rendendo necessari due interventi chirurgici,
all’esito dei quali erano residuate al Nasrallah gravi lesioni invalidanti.
La sentenza d’appello riteneva utilizzabili le dichiarazioni rese dalla vittima e dal
Grini durante le indagini, acquisite ex art. 512 cod.proc.pen. a seguito della
sopravvenuta irreperibilità, che riteneva non prevedibile, dei testi; escludeva che
le ricerche dei due soggetti dovessero essere estese all’estero e in particolare in
Marocco, loro paese di origine; riteneva inverosimile e privo di riscontri il
racconto del rapimento subito dall’imputato; giudicava incredibili anche le
modalità del ferimento della vittima descritte dall’imputato e ricostruiva
l’episodio come uno scontro tra bande contrapposte, nel corso del quale lo Zituni
aveva a sua volta riportato lesioni compatibili con le armi bianche rinvenute nella
Pineta, verosimilmente appartenenti alla fazione antagonista; rilevava altresì che
lo sparo non era avvenuto da distanza ravvicinatissima, come allegato
dall’imputato, e che sulle mani della persona offesa non erano stati rinvenuti
residui di sparo della stessa classe di quelli repertati sullo Zituni, così da
escludere la dinamica di uno sparo accidentale con l’arma sottratta alla vittima, e
da convalidare invece la riconducibilità del fatto al reato di cui agli artt. 56 e 575
cod. pen. ritenuto dalla sentenza di primo grado, che confermava anche per
quanto riguardava la misura della pena inflitta.
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Nel corso di un successivo interrogatorio, l’imputato ammetteva di aver sparato

2. Avverso la sentenza d’appello l’imputato Ssadik Zitunì ha proposto due distinti
ricorsi per cassazione, a mezzo rispettivamente dell’avvocato Massimo Parenti e
dell’avvocato Gianni Bertuccini.
2.1. Il ricorso dell’avv. Parenti deduce due motivi di censura.
Col primo motivo, il ricorrente lamenta violazione di legge in relazione agli artt.
512, 512 bis e 526 comma 1 bis del codice di rito, con riguardo alla lettura
eseguita in dibattimento delle dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria in assenza
di contraddittorio dai testi Nasrallah Rahal e Grini Mustapha, censurando le

avevano ritenuto utilizzabili tali dichiarazioni, e lamentando gli errori di natura
travisante in cui era incorsa la Corte d’appello laddove, da un lato, aveva riferito
alla persona offesa Nasrallah Rahal il sequestro di una rilevante somma di
denaro (180.000 euro), il cui possesso era stato ritenuto idoneo a giustificarne
l’interesse a trattenersi sul territorio italiano, denaro che era stato invece
rinvenuto a bordo della vettura condotta da altro soggetto (Nasrallah Bouaza), e,
dall’altro, non aveva correttamente accertato la data delle dimissioni della parte
offesa dall’ospedale in cui era stata ricoverata dopo il ferimento; deduce la
prevedibilità della sottrazione dei due testimoni all’esame dibattimentale,
trattandosi di stranieri irregolari, privi di lecite fonti di reddito e di riferimenti
sociali e familiari in Italia, dediti al traffico di droga che la sentenza impugnata
aveva invece illogicamente valorizzato a sostegno di un’assenza di interesse a
lasciare il territorio italiano; contesta la ritenuta imprevedibilità delle dimissioni
ospedaliere del Nasrallah, note al locale presidio di polizia, e lamenta l’omessa
diligente attivazione di incidente probatorio (per acquisirne le dichiarazioni) da
parte del pubblico ministero; rileva l’ascrivibilità a una libera determinazione
degli interessati della scelta di rendersi irreperibili, rendendo impossibile la loro
escussione testimoniale al dibattimento; deduce che l’assenza di una stabile
dimora in Italia dei testi e la conoscenza del paese in cui si erano trasferiti
(Marocco) ne rendeva doverose le ricerche all’estero, lamentando l’utilizzo solo
parziale, in chiave accusatoria, delle loro dichiarazioni, nonostante la loro natura
contraddittoria e inattendibile, animata da intenti vendicativi verso l’imputato.
Col secondo motivo, il ricorrente deduce vizio di motivazione della sentenza
gravata con riguardo alla valutazione delle perizie, di natura tecnica e medicolegale, espletate nel giudizio d’appello, nonché all’inverosimiglianza attribuita al
racconto dell’imputato sul rapimento da lui subito, sulla scorta di considerazioni
illogiche e della svalutazione delle deposizioni testimoniali acquisite sul punto;
censura l’erronea ricostruzione operata dalla Corte territoriale delle modalità e
circostanze di quanto avvenuto all’interno della pineta, contraddetta da una serie
di elementi che escludevano la partecipazione dello Zituni a una rissa tra bande

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motivazioni in forza delle quali i giudici di merito, di primo e di secondo grado,

rivali; contesta le conclusioni della perizia tecnica laddove aveva escluso che la
parte offesa avesse sparato con la pistola poi impugnata dall’imputato,
nonostante la riscontrata presenza di una particella di residui di sparo sul
tampone eseguito sulla persona del Nasrallah, e lamenta che la sentenza
impugnata non avesse valorizzato nella sua ricostruzione dell’episodio la
traiettoria del proiettile individuata dalla perizia medico-legale.
2.2. Il ricorso dell’avv. Bertuccini deduce tre motivi di gravame.
Col primo motivo il ricorrente lamenta violazione di legge, in relazione agli artt.

probatoria dei verbali di sommarie informazioni rese dai testi Nasrallah e Grini, in
termini conformi alle doglianze dedotte sul punto nel ricorso dell’avv. Parenti (e
che non necessita perciò qui ripetere), contestando la ritenuta imprevedibilità
(da valutarsi ex ante, e non ex post) della sottrazione dei dichiaranti all’esame
dibattimentale, lamentando l’omesso esperimento dell’incidente probatorio
richiesto dalla difesa durante le indagini, e censurando l’assenza di una rogatoria
internazionale verso lo Stato estero di residenza dei testi.
Col secondo motivo, il ricorrente deduce violazione di legge, in relazione all’art.
52 cod. pen., e vizio della motivazione, con riguardo all’omessa applicazione
all’imputato dell’esimente della legittima difesa, lamentando il travisamento degli
elementi di prova sulla dinamica dell’episodio delittuoso, sui suoi antefatti e su
quanto accertato dalle perizie balistica e medico-legale (in termini analoghi a
quelli del ricorso dell’avv. Parenti), erroneamente interpretati e valutati dalla
Corte territoriale in palese contrasto con la traiettoria dello sparo, con le lesioni
riportate dallo Zituni (confermative del pestaggio da lui subito, la cui realtà
prescindeva dalla credibilità o meno del suo precedente rapimento) e con la
presenza della particella costituente residuo di sparo repertata sul Nasrallah.
Col terzo motivo, il ricorrente deduce violazione di legge, in relazione all’art. 133
cod. pen., e vizio della motivazione, con riguardo alla quantificazione della pena
e all’aumento applicato per la continuazione, rilevando l’idoneità delle medesime
circostanze dedotte a sostegno della sussistenza della scriminante di cui all’art.
52 cod. pen. a supportare, in subordine, una congrua riduzione del trattamento
sanzionatorio inflitto all’imputato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi proposti nell’interesse dell’imputato sono complessivamente infondati
e devono essere rigettati.
2. Infondato è il primo motivo di gravame comune ai ricorsi degli avvocati
Parenti e Bertuccini, per le ragioni e con le precisazioni che seguono.
2.1. La Corte territoriale ha escluso che fosse prevedibile la irreperibilità
sopravvenuta della persona offesa Nasrallah Rahal e del teste Grini Mustapha,
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512 e 526 cod.proc.pen., e vizio della motivazione, con riguardo all’utilizzazione

con conseguente impossibilità di esaminare i due soggetti al dibattimento,
correttamente valutata con giudizio ex ante secondo il criterio della prognosi
postuma (che deve aver riguardo non a mere possibilità o evenienze astratte e
ipotetiche, ma a conoscenze concrete di cui la parte interessata a escutere il
teste poteva disporre fino alla scadenza del termine entro il quale avrebbe potuto
chiedere l’incidente probatorio: Sez. 2 n. 49007 del 16/09/2014, Rv. 261427),
con motivazioni non manifestamente illogiche e munite di sufficiente congruità,
che resistono perciò allo scrutinio di legittimità, valorizzando in particolare, da un
lato, il conseguimento da parte del Grini del permesso di soggiorno per motivi di

giustizia e la regolare residenza dallo stesso acquisita in Italia (in Vecchiano, via
dei Pini), e dall’altro le gravissime lesioni, puntualmente accertate dalla perizia
medico-legale, riportate dal Nasrallah nell’episodio delittuoso, tali da renderlo
sostanzialmente paraplegico e necessariamente dipendente, per il futuro, da
cure prolungate e complesse, così da escludere ragionevolmente ex ante la
prevedibilità di un suo successivo allontanamento dalla struttura ospedaliera e
dai luoghi in cui tali cure potevano essergli utilmente prestate.
L’autonoma congruenza logica che deve riconoscersi alle argomentazioni
suddette le rende autosufficienti a legittimare il provvedimento di acquisizione
per la lettura dei verbali di sommarie informazioni rese dai medesimi soggetti nel
corso delle indagini preliminari – adottato dai giudici di merito ai sensi dell’art.
512 cod.proc.pen. – a seguito della loro sopravvenuta irreperibilità, anche a
prescindere dall’oggettiva ambivalenza, censurata dai difensori del ricorrente,
dell’ulteriore argomento speso sul punto dalla sentenza impugnata, relativo
all’interesse che i testi, e in particolare il Nasrallah, avrebbero avuto a non
lasciare il territorio italiano in ragione dei lucrosi profitti loro assicurati dal
traffico degli stupefacenti nel quale erano coinvolti (secondo quanto emerso, tra
l’altro, dal sequestro di un’ingente somma di denaro contante, unitamente a un
quantitativo di cocaina, in precedenza eseguito nei confronti del fratello della
persona offesa): la sostanziale tenuta logica, così verificata, della motivazione
della sentenza gravata sulla sussistenza nel caso concreto dei presupposti
richiesti dall’art. 512 del codice di rito, che costituisce oggetto di un tipico
giudizio di fatto riservato alla valutazione del giudice di merito, non consente di
attribuire alcuna valenza decisiva ai cali di tensione argomentativa evidenziati
dalla difesa nel motivo di ricorso, alla luce del contenuto del sindacato di
legittimità demandato – sul punto – a questa Corte, che è normativamente
deputato a censurare (soltanto) la “manifesta illogicità”, nel suo complesso, del
percorso motivazionale seguito dal giudice di merito, restando ininfluenti le
eventuali incoerenze di natura marginale o secondaria che non ne intacchino
l’idoneità a giustificare la decisione presa.

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Cs»

Giuridicamente corretta, e coerente alle risultanze di fatto esplicitate nella
motivazione della sentenza, è anche l’argomentazione della Corte territoriale
secondo cui la stabile dimora in Italia dei dichiaranti (alla quale si aggiungeva,
quanto al Grini, anche la residenza anagrafica) era idonea a escludere
l’applicazione alla fattispecie dell’art. 512 bis del codice di rito (che non riguarda
gli stranieri che, pur conservando la residenza formale all’estero, di fatto abbiano
dimorato in Italia per un periodo di tempo apprezzabile, senza limitarsi a una
breve permanenza sul territorio nazionale: Sez. 6 n. 12374 dell’11/02/2013, Rv.

dichiarazioni predibattimentali – di estendere le loro ricerche anche all’estero,
tramite rogatoria internazionale, in particolare nel paese di origine (Marocco), in
assenza (tra l’altro) di indicazioni precise sull’effettivo allontanamento dall’Italia
dei due soggetti e sulla località estera in cui essi si sarebbero diretti.
2.2. Costituisce, peraltro, principio acquisito nella giurisprudenza di questa Corte
che le dichiarazioni di natura testimoniale rese prima del dibattimento in assenza
di contraddittorio, ancorché legittimamente acquisite ai sensi dell’art. 512 del
codice di rito, non possono fondare in modo esclusivo o determinante
l’affermazione della responsabilità penale dell’imputato, in conformità ai principi
affermati dalla giurisprudenza europea in applicazione dell’art. 6 della CEDU
(Sez. Un. n. 27918 del 25/11/2010, Rv. 250199; Sez. 1 n. 14807 del 4/04/2012,
Rv. 252269), ma devono trovare conforto in altri elementi individuati dal giudice
nelle risultanze processuali, che non possono essere costituiti da altre
dichiarazioni acquisite con le stesse modalità (Sez. 3 n. 28988 del 20/06/2012,
Rv. 253206) e che devono concorrere ab externo alla valutazione di attendibilità
dei relativi contenuti dichiarativi (Sez. 2 n. 13387 del 14/03/2012, Rv. 252708).
E’ stato in particolare precisato, da un più recente indirizzo della giurisprudenza
di legittimità, che la sentenza di condanna, che si basi su una testimonianza resa
in fase di indagini da un soggetto che l’imputato non sia stato in grado di
controesaminare nel corso del dibattimento, non integra una violazione dell’art. 6
della CEDU allorchè il pregiudizio così arrecato ai diritti di difesa sia stato
controbilanciato da elementi sufficienti ovvero da solide garanzie procedurali in
grado di assicurare l’equità del processo nel suo insieme, come sì verifica quando
le suddette dichiarazioni, acquisite ex art. 512 cod.proc.pen., non siano da
considerarsi indispensabili per sostenere la fondatezza dell’accusa, essendo
quest’ultima risultata provata alla luce di ulteriori emergenze processuali (nel
qual caso la violazione dell’art. 6 CEDU, così come interpretato dalla sentenza
della Corte EDU del 15 dicembre 2011, Al Khawaja e Tahery c/ Regno Unito,
deve essere esclusa: Sez. 6 n. 2296 del 13/11/2013, Rv. 257771).
Nel caso di specie, dalla lettura della motivazione della sentenza impugnata (ri
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255389), e dunque la necessità – prima di procedere all’acquisizione delle loro

emerge chiaramente che la condanna dello Zituni non è stata, in concreto,
fondata unicamente e in modo determinante sulle dichiarazioni predibattimentali
del Nasrallah e del Grini (di cui la Corte territoriale ha anzi puntualmente
evidenziato i margini di parziale inattendibilità, assolvendo il prevenuto dalle
originarie imputazioni di rapina e sequestro di persona), che l’imputato non è
stato in grado di interrogare a causa della loro irreperibilità, ma che
all’affermazione di colpevolezza hanno invece contribuito, in modo decisivo, le
stesse dichiarazioni dell’imputato, che in sede di interrogatorio ha ammesso di

allegandone una dinamica accidentale che la Corte territoriale ha ritenuto
implausibile sulla base di elementi diversi dal racconto della persona offesa
avallato dal Grini – nonché la testimonianza dei volontari della misericordia
intervenuti nella pineta e le risultanze oggettive della prova dello stub,
riscontranti la presenza di residui di sparo sulla persona dello Zituni.
In tali termini, comprensivi delle osservazioni tecnico-giuridiche che questa Corte
è legittimata ad apportare ex art. 619 cod.proc.pen. – in funzione di mera
rettifica integrativa, in punto di diritto, di una motivazione di per sé
autosufficiente (ciò che rientra nella funzione istituzionale del giudice di
legittimità: Sez. 1 n. 9707 del 10/08/1995, Rv. 202302) – e che lasciano
inalterata l’essenza del contesto decisorio assunto con la sentenza impugnata,
risulta pertanto legittimo l’utilizzo ai fini della decisione da parte dei giudici di
merito (anche) dei verbali di sommarie informazioni rilasciate alla p.g. dalla
persona offesa e dal teste Grini, e il motivo che ripropone l’eccezione di
inutilizzabilità sollevata sul punto dalla difesa deve essere rigettato.
3. Il secondo motivo del ricorso dell’avv. Parenti è infondato fino a rasentare
l’inammissibilità.
Dalla lettura delle argomentazioni sviluppate a sostegno del motivo di gravame
emerge in modo immediato che le doglianze del ricorrente sono dirette
essenzialmente a sollecitare, sotto la veste di una censura rivolta alla
congruenza logica della motivazione della sentenza impugnata, una diversa
valutazione delle risultanze probatorie, alternativa a quella operata dalla Corte
territoriale, con riguardo alla ricostruzione della dinamica dell’episodio delittuoso
in termini di tentato omicidio, contestando l’inattendibilità attribuita dai giudici di
merito alla versione dell’imputato sul suo prelievo coatto dall’abitazione e sul
contesto del ferimento del Nasrallah, nonché la valutazione, operata dalla
sentenza d’appello, dei risultati dello stub e degli accertamenti peritali svolti in
sede di rinnovazione istruttoria.
Entrambe le sentenze di merito, con motivazioni adeguate e coerenti che si
saldano e completano tra loro concorrendo a formare un unico corpo
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aver sparato il colpo di pistola che aveva attinto il Nasrallah – sia pure

argomentativo (Sez. 3 n. 44418 del 16/07/2013, Rv. 257595), hanno ritenuto
del tutto inverosimili le modalità e circostanze del “rapimento” allegato dallo
Zituni, considerate intrinsecamente incredibili nella loro stessa dinamica – posto
che l’imputato, secondo il suo racconto, sarebbe stato prelevato a forza dalla sua
abitazione, che condivideva coi fratelli e altri congiunti, da un gruppo di persone
alle quali aveva aperto di propria iniziativa la porta d’ingresso dopo che queste
avevano suonato il campanello (così da escludere qualunque “effetto sorpresa”),
legandolo, incappucciandolo e caricandolo su un’autovettura con la quale

di droga – e altresì contraddette, e comunque non confermate, dai testi sentiti
sul punto, tutti familiari o conoscenti del prevenuto, che hanno variamente
descritto l’allontanamento dell’imputato in termini privi di connotazioni allarmanti
o tali da destare in loro preoccupazione; e hanno giudicato altresì incredibili,
anche perché apertamente smentite da una serie di dati obiettivi, le dichiarazioni
dello Zituni sulle modalità con cui egli si sarebbe impossessato, pur avendo i
polsi legati, della pistola che il Nasrallah (in base alla sua versione) teneva
infilata nella cinta dei pantaloni, mentre quest’ultimo cercava di strozzarlo con le
mani (anziché servirsi dell’arma da fuoco di cui – in tesi – disponeva, come
sarebbe stato logico se avesse avuto intenzione di ucciderlo), esplodendo in
modo accidentale nel corso della colluttazione un colpo di pistola che aveva
attinto il Nasrallah contro la volontà dello Zituni, secondo una condotta che il
ricorso dell’avv. Bertuccini ha ricondotto al paradigma della legittima difesa.
La Corte territoriale ha in particolare valorizzato, a supporto della ricostruzione
accusatoria secondo cui lo Zituni aveva sparato volontariamente al Nasrallah in
occasione della lite violenta scoppiata all’interno della pineta tra due bande
contrapposte di nordafricani, alle quali appartenevano rispettivamente l’imputato
e la vittima, che sì contendevano il controllo dello spaccio di stupefacenti
esercitato nella zona, e nel corso della quale lo Zituni aveva riportato a sua volta
le lesioni di natura contusiva refertate a suo carico (verosimilmente provocate
dalle armi bianche maneggiate dal gruppo rivale, rinvenute abbandonate in
loco), le risultanze peritali che avevano consentito di escludere, da un lato, che il
proiettile che aveva attinto il Nasrallah fosse stato esploso da una distanza
ravvicinatissima (contraddicendo, così, la versione difensiva del colpo partito
accidentalmente durante la colluttazione corpo a corpo che sarebbe seguita
all’impossessamento dell’arma da parte del prevenuto), e avevano consentito di
accertare, dall’altro, l’appartenenza della particella costituente residuo di sparo
repertata sulla mano destra della vittima a una classe diversa e incompatibile
rispetto ai residui di sparo presenti nel tampone eseguito sulle mani dello Zituni
e riferibili al revolver Smith & Wesson con cui era stato esploso il colpo che
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l’avevano condotto nella pineta della Bufalina per un chiarimento legato ai traffici

aveva colpito il Nasrallah, incompatibilità attestata dalla presenza nella particella
repertata sulla persona offesa – e solo in essa – di una componente metallica
aggiuntiva (stagno), tipica di munizioni di non recente fabbricazione prodotte
nell’est europeo, rispetto alla comune composizione trinaria (costituita da
piombo, bario e antimonio), invece, dei campioni relativi allo stub eseguito
sull’imputato, così da rimandare a un contatto del Nasrallah con un’arma da
fuoco diversa dalla Smith & Wesson e da contraddire, anche sotto questo profilo,
la tesi difensiva secondo cui la vittima avrebbe in precedenza impugnato la

La sentenza d’appello ha argomentato in modo esauriente e adeguato le ragioni
dell’esclusione di possibili spiegazioni alternative dell’assenza di coincidenza tra i
residuati dello sparo presenti sulla vittima e sull’imputato, ipotizzati dalla difesa
in relazione al tempo trascorso rispetto all’esecuzione del tampone, ad eventuali
fenomeni di detersione delle mani degli interessati ovvero di possibile
“reinquinamento”, nonché le ragioni dell’impossibilità di ricostruire (anche
all’esito degli accertamenti peritali) l’esatta traiettoria extracorporea del proiettile
che aveva colpito il Nasrallah, così rispondendo puntualmente alle obiezioni
difensive, che sono state riproposte nel ricorso in termini in larga misura
perplessi e ipotetici che non superano, perciò, la soglia dell’ammissibilità.
Sul punto, va ribadito l’orientamento giurisprudenziale consolidato secondo cui,
in presenza di una lettura argomentata in modo logico delle risultanze istruttorie,
operata dalla sentenza impugnata all’esito di una congrua disamina delle
acquisizioni probatorie, è normativamente precluso alla Corte di cassazione di
procedere a una rinnovata valutazione degli elementi che il giudice di merito ha
posto a fondamento della decisione, o all’autonoma adozione di nuovi e diversi
parametri di ricostruzione e lettura dei fatti, preferiti a quelli adottati dal giudice
d’appello perché ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore
capacità esplicativa, che trasformerebbe la Corte di legittimità nell’ennesimo
giudice del fatto (ex multis, Sez. 2 n. 22362 del 19/04/2013, imputato Di
Domenica; Sez. 6 n. 5907 del 29/11/2011, imputato Borella; Sez. 5 n. 17905 del
23/03/2006, Rv. 234109; Sez. Un. n. 47289 del 24/09/2003, Rv. 226074,
Petrella); la funzione dell’indagine di legittimità sulla motivazione della sentenza
non è, infatti, quella di sindacare l’intrinseca attendibilità dei risultati
dell’interpretazione delle prove e di attingere il merito dell’analisi ricostruttiva dei
fatti, ma soltanto quella di verificare che – come avvenuto nel caso di specie – gli
elementi probatori posti a base della decisione siano stati valutati seguendo le
regole della logica giuridica e secondo linee argomentative adeguate, che
rendano giustificate in termini di consequenzialità le conclusioni tratte sulla
natura volontaria del colpo sparato dall’imputato alla vittima e sulla corretta

medesima arma con cui lo Zituni le aveva sparato.

qualificazione della condotta in termini di tentato omicidio.
4. Le considerazioni che precedono valgono a rendere palese l’infondatezza
anche del secondo motivo di ricorso dell’avv. Bertuccini.
La partecipazione volontaria dell’imputato allo scontro violento col gruppo rivale
di cui faceva parte la vittima esclude in radice la configurabilità dell’esimente
della legittima difesa (anche nella sua forma putativa) con riguardo al reato
contro la persona commesso nel corso e in occasione della rissa, essendo i
presupposti di applicazione dell’art. 52 cod. pen., e in particolare la necessità

l’azione dei contendenti e che comporta l’accettazione della situazione di pericolo
nella quale essi si sono volontariamente posti (Sez. 5 n. 4402 del 9/10/2008, Rv.
242596; Sez. 5 n. 7635 del 16/11/2006, Rv. 236513), e ciò a maggior ragione in
una situazione nella quale lo Zituni ha affrontato i rivali munito di un’arma da
sparo, dotata di una capacità lesiva incomparabilmente superiore a quella delle
armi bianche di cui disponeva il gruppo antagonista.
5. Anche il terzo motivo di doglianza dell’avv. Bertuccini è infondato, non
essendo censurabile in sede di legittimità la congruità della motivazione con cui
la Corte d’appello ha ritenuto adeguata la pena inflitta dal giudice di primo grado
in misura superiore al minimo (ma comunque inferiore – anni 10 mesi 6 di
reclusione – alla media edittale) della pena base prevista per il tentato omicidio,
applicando un congruo aumento ex art. 81 capoverso cod. pen. (anni 1 mesi 6)
per la pluralità di violazioni satellite riguardanti la disciplina delle armi,
valorizzando nell’esercizio della discrezionalità consentita dall’art. 133 cod. pen.
(bile non impone al giudice, per costante insegnamento di questa Corte, di
motivare in ordine a tutti i parametri indicati dalla norma, bastando richiamare
quelli ritenuti in concreto preminenti) gli specifici elementi negativi di giudizio
individuati nella particolare gravità del fatto e delle conseguenze lesive arrecate
alla vittima, resa paraplegica e portatrice di una serie di deficit funzionali che
realizzano un’offesa assai rilevante del bene protetto, nonché nello spessore
delinquenziale dell’imputato rivelato dal retroterra di traffici illeciti che ha dato
causa alla condotta delittuosa.
6. Al rigetto dei ricorsi consegue la condanna di Ssadik Zituni al pagamento delle
spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 7 maggio 2015

Il Consigliere estensore

DEPOSITATA

Il Presidente

della difesa, incompatibili con l’intento di reciproca offesa che ha animato

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