Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3950 del 17/12/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 3950 Anno 2015
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: RAMACCI LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CONSOLI DANIELA N. IL 15/11/1974
avverso la sentenza n. 2922/2012 CORTE APPELLO di CATANIA, del
04/06/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/12/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUCA RAMACCI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. \), p
.eLtk
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, PAvv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 17/12/2014

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Catania, con sentenza del 4/6/2013, ha parzialmente
riformato, riconoscendo le circostanze attenuanti generiche equivalenti
all’aggravante contestata e riducendo la pena originariamente inflitta, la
decisione con la quale, in data 3/10/2011, il Tribunale di quella città aveva

legge 47\85; 2, commi 1, 2, 4, 13 e 14 legge 1086\71; 17 e 20 legge 64\1974
unitamente a plurime violazioni di sigilli, fatti contestati nell’ambito di diversi
procedimenti penali poi riuniti.
Avverso tale pronuncia la predetta propone ricorso per cassazione.

2. Con un primo motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art. 546 cod.
proc. pen., rilevando che la Corte territoriale avrebbe erroneamente escluso la
nullità della sentenza di primo grado dedotta con l’atto di appello quale
conseguenza della omessa indicazione, nell’intestazione della sentenza, di tutti i
capi di imputazione relativi ai diversi procedimenti riuniti.

3. Con un secondo motivo di ricorso lamenta la violazione dell’art. 157 cod.
pen., osservando che la Corte territoriale avrebbe omesso di dichiarare la
prescrizione dei reati contestati, da tempo maturata.
Insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile, perché basato su motivi manifestamente
infondati.
Osserva il Collegio, riguardo al primo motivo di ricorso, che secondo quanto
già affermato in precedenti occasioni, occorre porre in rilevo che l’art. 546,
comma 3 cod. proc. pen. non contempla il capo di imputazione tra gli elementi
essenziali la cui mancanza o incompletezza determina la nullità della sentenza,
stabilendo come, oltre che nel caso previsto dall’articolo 125 comma 3
(mancanza di motivazione), la sentenza è nulla se manca o è incompleto nei suoi
elementi essenziali il dispositivo ovvero se manca la sottoscrizione del giudice
1

riconosciuto Daniela CONSOLI responsabile dei reati di cui agli artt. 20, lett. b)

(cfr. Sez. 2, n. 5500 del 9/10/2013 (dep. 2014), Cinel, Rv. 258197).
La previsione della disposizione codicistica appena ricordata è, peraltro,
tassativa (Sez. 4, n. 4098 del 5/11/2008 (dep. 2009), Bodelmonte Cosuccia, Rv.
242828) e si è inoltre osservato che l’enunciazione dei fatti e delle circostanze
ascritte all’imputato ben possono desumersi dal complessivo contenuto della
decisione (Sez. 5, n. 1137 del 17/12/2008 (dep. 2009), Vianello, Rv. 242548; Sez.
2, n. 937 del 3/2/1997, Strazzullo, Rv. 208462; Sez. 3, n. 2059 del 22/1/1997, De
Luca Rv. 207103) o dal contenuto del decreto di citazione (Sez. 6, n. 6978 del

2.

Nel caso di specie, che riguarda, come detto in premessa, più

procedimenti riuniti, la sentenza di primo grado mancava, come rilevato dai
giudici del gravame, di alcuni tra i capi di imputazione, relativi ad episodi di
violazioni di sigilli.
La contestazione dei fatti era tuttavia riportata nei decreti di citazione a
giudizio e, nella sentenza di primo grado, i fatti contestati vengono tutti
compiutamente presi in considerazione, analizzandoli singolarmente,
premettendo il riferimento al numero del procedimento riunito ed alla lettera
della rubrica.
Alla luce di quanto appena osservato, dunque, nessuna censura può essere
mossa, sul punto, alla decisione impugnata.

3. Analoghe conclusioni devono essere tratte per ciò che concerne il secondo
motivo di ricorso.
La censura viene formulata con estrema genericità, limitandosi la ricorrente
ad affermare che il giudice dell’appello avrebbe dovuto rilevare la prescrizione
ormai maturata.
Il motivo di ricorso, però, prescinde del tutto dalle considerazioni formulate
dai giudici del gravame, i quali hanno affrontato, come aveva fatto anche il
Tribunale, la questione della prescrizione dei reati.
Tale evenienza determina, dunque, la mancanza di specificità dei motivi la
quale, come è noto, può essere desunta anche dalla mancanza di correlazione
tra le argomentazioni poste a sostegno della decisione impugnata e quelle sulle
quali si fonda l’impugnazione.
Il motivo di ricorso è conseguentemente, per ciò solo, inammissibile.

4. In ogni caso, i giudici del gravame hanno evidenziato che, considerato il
lungo periodo di sospensione dei termini, la prescrizione maturerà, per le
contravvenzioni, il 3/10/2016 e, per i delitti, il 3/10/2017 e, nel far ciò, hanno

2

26/4/2000, Vezio, Rv. 220630).

richiamato quanto già affermato dal primo giudice il quale, dando atto che i rinvi
del dibattimento erano stati disposti su richiesta o per impedimento del
difensore, avuto riguardo al fatto che le opere non risultavano ancora ultimate il
29/7/2013, la prescrizione sarebbe maturata non prima di quelle date (cfr. pag.
10 della decisione di primo grado).

5. Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile e alla
declaratoria di inammissibilità – non potendosi escludere che essa sia ascrivibile

delle spese del procedimento, nonché quello del versamento, in favore della
Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di euro 1.000,00.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento e della somma di euro 1.000,00 (mille) in favore della
Cassa delle ammende.
Così deciso in data 17.12.2014

a colpa del ricorrente (Corte Cost. 7-13 giugno 2000, n. 186) – consegue l’onere

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