Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 395 del 29/09/2017
Penale Ord. Sez. 7 Num. 395 Anno 2018
Presidente: TARDIO ANGELA
Relatore: ESPOSITO ALDO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
GENNARO SALVATORE nato il 01/01/1960 a SAN PANCRAZIO SALENTINO
avverso la sentenza del 26/04/2016 del TRIBUNALE di BRINDISI
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere ALDO ESPOSITO;
Data Udienza: 29/09/2017
RILEVATO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe il Tribunale di Brindisi ha condannato Gennaro
.. Salvatore alla pena di euro trecento di ammenda in ordine al reato di cui all’art.
660 cod. pen., per essersi recato presso l’abitazione di Maggiore Cosimo e aver
suonato il citofono, presentandosi come ufficiale giudiziario per poi allontanarsi
rapidamente.
Avverso questa sentenza il Gennaro, a mezzo del suo difensore, propone
pen., deducendo la mancata rigorosa valutazione dell’attendibilità della persona
offesa, occorrendo nella fattispecie acquisire un riscontro delle sue dichiarazioni.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato.
Il controllo affidato al giudice di legittimità è esteso, oltre che
all’inosservanza di disposizioni di legge sostanziale e processuale, alla mancanza
di motivazione, dovendo in tale vizio essere ricondotti tutti i casi nei quali la
motivazione stessa risulti del tutto priva dei requisiti minimi di coerenza,
completezza e di logicità, al punto da risultare meramente apparente o
assolutamente inidonea a rendere comprensibile il filo logico seguito dal giudice
di merito, ovvero quando le linee argomentative del provvedimento siano
talmente scoordinate e carenti dei necessari passaggi logici da fare rimanere
oscure le ragioni che hanno giustificato la decisione (Sez. U, n. 25080 del
28/05/2003, Pellegrino, Rv. 224611).
Nel caso di specie, il ricorrente, pur denunziando formalmente violazione di
legge, non critica in realtà la violazione di specifiche regole inferenziali preposte
alla formazione del convincimento del giudice, ma, postulando generiche carenze
motivazionali della sentenza impugnata, chiede la rilettura del quadro probatorio
e il riesame nel merito della vicenda processuale. Tuttavia, tale riesame è
inammissibile in sede d’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della
decisione, quando la struttura razionale della sentenza impugnata abbia – come
nel caso in esame – una sua chiara e puntuale coerenza argomentativa e sia
saldamente ancorata, nel rispetto delle regole della logica, alle risultanze del
quadro probatorio.
In particolare, le dichiarazioni della vittima sono state ritenute precise e
coerenti, prive di difetti di memoria su elementi essenziali del fatto e prive di
intenti calunniatori.
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appello, convertito in ricorso per Cassazione ex art. 568, comma 5, cod. proc.
La sentenza ha fatto corretto uso del principio secondo cui le regole dettate
dall’art. 192, comma 3, cod. proc. pen. non si applicano alle dichiarazioni della
persona offesa, le quali possono essere legittimamente poste da sole a
fondamento dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, previa
verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del
dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo racconto, che peraltro deve in
tal caso essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello cui vengono
sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone (Sez. 2, n. 5 del 15/11/2016,
massimata; Sez. 2, n. 43278 del 24/09/2015, Manzini, Rv. 265104).
Risultano specificate in dettaglio, peraltro, le ragioni della credibilità del
dichiarante e dell’attendibilità del racconto (v. pag. 2 e ss. della sentenza
impugnata).
La difesa si è limitata ad effettuare una ricostruzione alternativa delle
vicende fattuali, secondo lo schema di un’impugnazione di merito, operazione
non consentita in sede di legittimità.
Per queste ragioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la
conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e,
non sussistendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle
ammende, determinabile in 2.000,00 euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen..
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di duemila euro alla Cassa delle
ammende.
Cosi deciso in Roma il 29 settembre 2017.
Il Consigliere estensore
Aldo sposi
,
Il Presidente
Angela Tardio
77.2…,-.4\.).
dep. 2017, B., non massimata; Sez. 3, n. 6880 del 26/10/2016, dep. 2017, non