Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3945 del 19/12/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 3945 Anno 2014
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: PEZZELLA VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BAID ABDERRAHMAN N. IL 01/01/1967
avverso la sentenza n. 742/2012 GIP TRIBUNALE di PAVIA, del
03/04/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. VINCENZO
PEZZELLA;
lette/settfite le conclusioni del PG Dott. GeqftLeeizqZ, peoloec

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Data Udienza: 19/12/2013

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 3.4.2013 il G.I.P del Tribunale di Pavia applicava ex art.
444 cod. proc. pen. all’imputato Baid Abderrahman, per il reato di cui all’art. 81 cpv.,
110 cod. pen., 73 co. 1 D.P.R. 309/90, concessegli le circostanze attenuanti generiche
ed operata la riduzione per il rito, la pena di anni due e mesi nove di reclusione ed euro 14.000,00 di multa, con condanna alle spese processuali e quelle di custodia in carcere, con ordine di confisca e distruzione dello stupefacente in sequestro.

fensore, proponeva ricorso deducendo la violazione di cui all’art. 606 lett. e) cod. proc.
pen. in relazione agli artt. 444 e 129 cod. proc. pen. e la mancanza o manifesta illoglcita della motivazione sul punto.
Il ricorrente proponeva una articolata ricostruzione del fatto e delle risultanze
delle indagini e lamentava che la motivazione addotta a sostegno dell’impugnata sentenza atterrebbe solo all’entità della pena irrogata e al trattamento sanzionatorio, ma
nulla riporterebbe in merito all’insussistenza di cause di non punibilità, sicché la motivazione risulterebbe essere stata omessa. Il che risulterebbe censurabile ancor più
laddove si consideri la diversità delle condotte riferite a ciascuno dei ricorrenti. Altro,
invero, sarebbe attivarsi per il trasporto di persone coinvolte in illecita attività, altro
invece attivarsi, con condotte diverse, per la materiale cessione o consegna di sostanza stupefacente.
Chiedeva pertanto annullarsi la sentenza impugnata con ogni conseguenza di
legge.
Il Procuratore Generale presso questa Suprema Corte faceva pervenire conclusioni scritte ex art. 611 cod. proc. pen. ricordando la giurisprudenza di legittimità in
materia di declaratoria di proscioglimento ai sensi dell’articolo 129 cod. proc. pen. in
caso di patteggiamento e chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso, con condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali, oltre ad una somma in favore della cassa delle ammende.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è manifestamente infondato e pertanto va dichiarato inammissibile.

2. E’ ormai principio consolidato di questa Corte di legittimità, anche a sezioni
unite, quello secondo cui, nell’ipotesi di impugnazione di una decisione assunta in
conformità alla richiesta formulata dalla parte secondo lo schema procedimentale
previsto dall’art. 444 c.p.p., l’esigenza di specificità delle censure deve ritenersi
addirittura “rafforzata” rispetto ad ipotesi di diversa conclusione del giudizio, dato che la
critica al provvedimento che abbia accolto la domanda dell’imputato deve impegnarsi a
2

2. Avverso detto provvedimento, Baid Abderrahman, con l’ausilio del proprio di-

demolire, prima di tutto, proprio quanto dalla stessa parte richiesto (Sez. U, sent. n.
35738 del 27.05.2010 rv. 247839; Sez. U., 24.6.1998, Verga, rv 211468).
Con particolare riferimento all’onere di verifica dell’insussistenza delle cause di
proscioglimento immediato, questa Corte ha altresì precisato che la sentenza del giudice
di merito che applichi la pena su richiesta delle parti, escludendo che ricorra una delle
ipotesi proscioglimento previste dall’art. 129 c.p.p., può essere oggetto di controllo di
legittimità, sotto il profilo del vizio di motivazione, soltanto se dal testo della sentenza
impugnata appaia invece evidente la sussistenza di una causa di non punibilità (Sez. 1,

E’ altrettanto pacifico, poi, che in caso di patteggiamento ai sensi dell’art. 444
c.p.p., “l’accordo intervenuto tra le parti esonera l’accusa dall’onere della prova e

comporta che la sentenza che recepisce l’accordo fra le parti sia da considerare
sufficientemente motivata con una succinta descrizione del fatto (deducibile dal capo
d’imputazione), con l’affermazione della correttezza della qualificazione giuridica di
esso, con il richiamo all’art. 129 c.p.p. per escludere la ricorrenza di alcuna delle ipotesi
ivi previste, con la verifica della congruità della pena patteggiata ai fini e nei limiti di cui
all’art. 27 Cost.”. (Sez. 4, 13.7.2006, n. 34494, P.G. in proc. Koumya, rv. 234824;
vedasi anche, Sez. 1, 27.9.1994, n. 3980, rv. 199479).
Con particolare riferimento all’onere di verifica dell’insussistenza delle cause di
proscioglimento immediato, questa Corte ha altresì precisato che la sentenza del
giudice di merito che applichi la pena su richiesta delle parti, escludendo che ricorra una
delle ipotesi proscioglimento previste dall’art. 129 c.p.p., può essere oggetto di
controllo di legittimità, sotto il profilo del vizio di motivazione, soltanto se dal testo della
sentenza impugnata appaia invece evidente la sussistenza di una causa di non punibilità
(Sez. I, 10.1. 2007, n. 4688, rv. 236622).
E ancora, di recente, si è precisato che nella motivazione della sentenza di
patteggiamento il richiamo all’art. 129 c.p.p. è sufficiente a far ritenere il giudice abbia
verificato ed escluso la presenza di cause di proscioglimento, non occorrendo ulteriori e
più analitiche disamine al riguardo (Sez. 2, 17.11.2011 2011, n. 6455, rv. 252085). In

n. 4688 del 10.1.2007, Brendolin, rv. 236622.

tale pronuncia è stato chiarito in motivazione che il semplice testuale rinvio al
medesimo articolo, il cui contenuto entra in tal modo a far parte per relationem del
ragionamento decisorio, esprime l’avvenuta verifica, da parte del giudice,
dell’inesistenza di motivi di non punibilità, senza che occorra una ulteriore e più analitica
disanima, purché dal testo della sentenza medesima non emergano in modo positivo
elementi di segno contrario.
Del resto, già agli albori del vigente codice di rito era stato affermato che la
motivazione della sentenza in ordine alla mancanza dei presupposti per l’applicazione
dell’art. 129 c.p.p. potesse essere meramente enunciativa (Sez. U., 27.3.1992, Di
Benedetto; Sez. 1, 12.1.1994, Di Modugno).

3

4

Né può ritenersi in contrasto con tale orientamento l’annullamento senza rinvio disposto
in una pronuncia di questa Corte (Sez. 4, 21.4.2010, n. 31392, rv. 248198) in base al principio
secondo il quale “il giudice del patteggiamento deve, nei limiti di una motivazione semplificata

della sentenza, indicare le ragioni dell’accoglimento dell’accordo e dare canto dell’accertamento
sull’assenza di cause di non punibilità, sull’esatta qualificazione del fatto, sulla correttezza della
valutazione delle circostanze e sull’adeguatezza della pena’.

Nel caso-limite in concreto

esaminato nella pronuncia 31392/2010 si era, infatti, di fronte ad una sentenza la cui
motivazione era affidata a tre righe di un modulo prestampato, in cui non vi era neanche un

La proposta doglianza nel caso di specie è manifestamente infondata in quanto
l’esigenza minima di motivazione della sentenza a seguito di “patteggiamento” della pena può
ritenersi adempiuta, in relazione all’assenza di cause di proscioglimento di cui all’art. 129
c.p.p., dal semplice testuale rinvio al medesimo articolo, il cui contenuto entra in tal modo a
far parte per relationem del ragionamento decisorio ed esprime l’avvenuta verifica, da parte
del giudice, dell’inesistenza di motivi di non punibilità, senza che occorra una ulteriore e più
analitica disanima, purché dal testo della sentenza medesima non emergano in modo positivo
elementi di segno contrario.
Nel caso in esame, la sentenza del giudice di merito, previa una succinta descrizione dei
fatti (deducibile dal capo d’imputazione), e previa la disamina delle richieste operate per ciascun imputato, richiamak,fE5 l’assenza di elementi idonei a dar fondamento ad una pronuncia di proscioglimento fra quelle previste dall’art. 129 cod. proc. pen. , afferma la
correttezza della qualificazione giuridica dei fatti nonché di avere operato la verifica della
congruità della pena patteggiata, quindi recepisce integralmente le statuizioni concordate
applicando la pena stabilita.
Come si vede, secondo i principi di diritto sopra richiamati, il giudice di merito con
motivazione del tutto esauriente ha dato conto in maniera più che sufficiente della
insussistenza delle cause di non punibilità ex art. 129 cpp e quindi la sentenza impugnata si
sottrae certamente alla censura mossa, non emergendo da essa in modo positivo alcun
elemento di segno contrario, ma anzi l’esistenza di elementi indiziari di responsabilità.
Il ricorso appare tendere solo a rimettere in discussione i termini dell’accordo finalizzato
all’applicazione della pena oggetto del patteggiamento, il che non è consentito.

3. Non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità
(Corte Cost. sentenza 13.6.2000 n. 186), alla condanna della parte ricorrente al pagamento
delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria ai sensi
dell’art. 616 cpp nella misura indicata in dispositivo.

4

riferimento all’art. 129 c.p.p.

P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di C. 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 19 dicembre 2013.

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