Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3937 del 16/12/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 3937 Anno 2015
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: GRAZIOSI CHIARA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FIGINI SILVANO N. IL 14/05/1949
avverso la sentenza n. 1972/2009 CORTE APPELLO di MILANO, del
29/10/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/12/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. A.R.-5> ■e0QA.’cp–rk
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor

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Data Udienza: 16/12/2014

21976/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 29 ottobre 2013 la Corte d’appello di Milano, a seguito di rinvio disposto
da sentenza di questa Suprema Corte con sentenza del 18 marzo 2009 che aveva annullato la
sentenza d’appello del 22 settembre 2004 pronunciata da altra sezione della stessa corte
territoriale, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di Figini Silvano – imputato ex
articoli 41, 589, commi 1 e 2, c.p., in relazione all’articolo 7, comma 2, lettere a) e b), d.lgs.

1998 in Pieve Emanuele il decesso del lavoratore Ciaramidaro Salvatore -, essendosi il reato
estinto per intervenuta prescrizione e ha confermato le statuizioni civili, essendo stato
l’imputato condannato dalla sentenza di primo grado emessa il 9 aprile 2002 dal Tribunale di
Milano al risarcimento dei danni patrimoniale ed extrapatrimoniale alle costituite parti civili.
2. Ha presentato ricorso il difensore, sulla base di cinque motivi. Il primo motivo denuncia
mancanza di motivazione o comunque motivazione apparente in ordine all’assenza degli
elementi che avrebbero dovuto invece condurre alla assoluzione dell’imputato anziché alla
dichiarazione della prescrizione. Il secondo, il terzo e il quarto motivo denunciano omessa
motivazione in ordine ai motivi d’appello, con particolare riguardo nel quarto motivo alla
doglianza d’appello relativa alle condotte del lavoratore deceduto nell’infortunio. Il quinto
motivo denuncia contraddittorietà motivazionale in conseguenza dell’assoluzione del
coimputato Battelli Andreas.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. I motivi proposti dal ricorrente possono essere valutati in modo congiunto, dal momento
che tutti si imperniano su una pretesa carenza/insufficienza motivazionale della sentenza
impugnata, che avrebbe dovuto offrire una completa analisi del compendio probatorio, così
pervenendo alla assoluzione dell’imputato, la quale, ovviamente, avrebbe fatto venir meno
anche la sua conseguente responsabilità risarcitoria nei confronti delle parti civili.
Nel caso di specie, peraltro, come lo stesso ricorrente non contesta, il reato, nelle more del
processo, era pervenuto alla estinzione per maturata prescrizione. In tal caso, l’articolo 129,
secondo comma, c.p.p. stabilisce che l’assoluzione nel merito deve essere pronunciata quando
“dagli atti risulta evidente” la ricorrenza di una delle sue possibili forme, cioè che il fatto non
sussiste o che l’imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o non è
previsto dalla legge come reato. Qualora, dunque, tale evidenza non risulti, il giudice deve
dichiarare l’estinzione del reato.

624/1994 e 11 d.p.r. 164/1956 per avere quale responsabile di cantiere causato il 27 luglio

La prevalenza della estinzione su ogni altro profilo – tanto di nullità processuale quanto di
vizio motivazionale – che in tal caso si verifica comporta l’inammissibilità del ricorso per
cassazione che sia fondato sul vizio motivazionale, in quanto, qualora potesseAttuato un
conseguente controllo motivazionale da parte del giudice di legittimità e la doglianza risultasse
fondata, ciò condurrebbe a un rinvio che, da un lato, ex articolo 129 c.p.p., determinerebbe
comunque l’obbligo per il giudice ad quem di dichiarare immediatamente la prescrizione, e
dall’altro sarebbe incompatibile con l’obbligo – che investe anche il giudice di legittimità – della
immediata declaratoria di proscioglimento (v. Cass. sez. V, 4 ottobre 2013-9 gennaio 2014 n.

marzo 2009 n. 14450; Cass. sez. III, 4 maggio 2004 n. 24327).
Se, dunque, per quanto concerne il profilo penale della regiudicanda i motivi addotti dal
ricorrente risultano inammissibili, essendosi conformati come vizio motivazionale e non come
violazione dell’articolo 129, secondo comma, c.p.p. (peraltro, la violazione dell’articolo 129,
secondo comma, non emerge nella sentenza impugnata, la quale ha valutato la sussistenza dei
presupposti per la declaratoria della estinzione, non incorrendo d’altronde in quella radicale
carenza di motivazione al riguardo che rileverebbe in quanto impediente al giudice di
legittimità di verificare la sussistenza da parte del giudice di merito dei suddetti
presupposti:cfr. da ultimo Cass. sez. V, 14 febbraio 2013 n. 13316; e v. pure Cass. sez. III, 21
ottobre 2008 n. 42519), altro è il discorso per quanto concerne le statuizioni civili. Insegna
invero consolidata giurisprudenza di legittimità che, pure in ipotesi di estinzione del reato, per
le statuizioni civili i motivi di impugnazione devono essere dal giudice d’appello esaminati
compiutamente, non potendosi confermare la condanna risarcitoria in ragione della mancanza
di prova dell’innocenza dell’imputato ex articolo 129 secondo comma, onde la sentenza
d’appello che non compie un esaustivo apprezzamento sulla responsabilità dell’imputato esaustivo apprezzamento che è dunque soggetto al controllo del giudice di legittimità pure
sotto il profilo di vizio motivazionale – deve essere annullata con rinvio limitatamente alle
statuizioni civili (da ultimo v. Cass. sez. VI, 20 marzo 2013 n. 16155; Cass. sez. V, 6 giugno
2013 n. 28289). E perciò, nel caso in cui il giudice di appello dichiari non doversi procedere per
intervenuta prescrizione del reato senza motivare adeguatamente in ordine alla responsabilità
dell’imputato ai fini delle statuizioni civili, l’accoglimento del ricorso per cassazione proposto
dall’imputato impone l’annullamento della sentenza con rinvio al giudice civile competente per
valore in grado di appello, ex articolo 622 c.p.p. (ancora da ultimo, in tal senso Cass. sez. VI,
21 gennaio 2014 n. 5888; Cass. sez. I, 14 gennaio 2014 n. 42039).
L’impugnata sentenza, in effetti, ha limitato il vaglio delle difese prospettate nell’atto
d’appello alla constatazione della insussistenza agli atti di evidenti elementi idonei a supportare
la tesi della non colpevolezza dell’imputato, senza dispiegare, peraltro, nell’apparato
motivazionale un apprezzamento completo della prospettazione difensiva ai fini della
responsabilità civile dell’imputato stesso. Ciò comporta, quindi, per quanto sopra fino

588; Cass. sez. VI, 19 marzo 2013 n. 23594; S.U. 28 maggio 2009 n. 35490; Cass. sez. IV, 19

osservato, l’annullamento della sentenza impugnata riguardo alle statuizione civili, con
conseguente rinvio al giudice civile competente per valore in grado d’appello.

P.Q.M.

Così deciso in Roma il 16 dicembre 2014

Il Consigliere Estensore

Il Presidente

Annulla la sentenza impugnata con rinvio al giudice civile competente per valore.

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